Le foreste tropicali accumulano sette volte più carbonio di quanto l’umanità emetta ogni anno; questi biomi coevolvono insieme alle popolazioni indigene che li abitano da millenni.
Collegare i driver e le risposte
Il modo in cui sono collegate tra loro le diverse cause di deforestazione e gli effetti che hanno sulle foreste varia da regione a regione.
A livello globale, sono stati implementati una moltitudine di approcci per fermare la deforestazione e il degrado forestale.
Sebbene ci siano stati dei progressi nell’arrestare la perdita ed il degrado delle foreste, entrambi continuano a ritmi allarmanti.
Questo rapporto è un’analisi completa della deforestazione che collega i driver e le risposte a livello globale.Ai tropici e nelle zone sub-tropicali si concentrano almeno due terzi della perdita di copertura forestale globale dal 2000 al 2018.
La deforestazione è un fenomeno altalenante e le tendenze recenti indicano che continuerà ad aumentare a meno che non ci siano azioni collettive, approcci più integrati e calibrati su misura.INFRASTRUTTURE DRIVER
L’espansione dell’agricoltura commerciale (sia su grande che su piccola scala) e le colture arboree sono di gran lunga le maggiori cause di deforestazione, con la speculazione fondiaria che gioca sempre di più un ruolo determinante.
Infrastrutture e attività estrattive, in particolare l’espansione di quelle del settore minerario, sono tra le cause di deforestazione più impattanti.
Queste cause assumono forme diverse a seconda dei luoghi e mutano nel tempo.
Molteplici risposte per contrastare la deforestazione sono state proposte dalle istituzioni e da settori non governativi, ma tutti questi approcci hanno dimostrato dei limiti.
Le risposte territoriali, come le aree protette e responsabilmente gestite, il riconoscimento dei diritti di proprietà dei popoli indigeni e le moratorie sulla conversione dei terreni forestali, possono essere efficaci nel prevenire la perdita di specifiche foreste minacciate, ma non impediscono di fermare la deforestazione ai margini delle terre indigene.
È necessaria un’azione più ambiziosa che permetta un' estesa applicazione delle soluzioni più efficaci per fermare la deforestazione e il degrado delle foreste, tenendo in ampia considerazione equità e inclusione.
Alla fine, però, il vero impatto verrà dalla trasformazione dei nostri sistemi finanziari ed economici (compreso in particolare il sistema alimentare) e dei paradigmi di sviluppo che devono collocare al loro centro la natura e le persone.
FRONTI DI DEFORESTAZIONE
I 24 fronti di deforestazione oggetto di questo studio, coprono un’area di 710 milioni di ettari, il 50% di quest’ area è occupata da ecosistemi forestali (377 milioni ettari o circa un quinto della superficie forestale totale del mondo), con foreste primarie o intatte che ne costituiscono circa i due terzi (256 milioni di ettari).
Oltre il 10% della superficie forestale nei fronti di deforestazione, circa 43 milioni di ettari, è andata persa all’interno dei confini di questi fronti tra il 2004 e il 2017.
Quasi la metà della foresta esistente in questi fronti – circa il 45% – ha subito qualche tipo di frammentazione.
Le aree frammentate e i margini della foresta sono più inclini agli incendi e sono più suscettibili all’intervento umano a causa della maggiore accessibilità.
I DRIVER DELLA DEFORESTAZIONE VECCHIE E NUOVE TENDENZE
Conosciamo già molto sui driver di deforestazione, dall’agricoltura, alle piantagioni, ai pascoli, allo sviluppo delle infrastrutture e delle attività estrattive.
Tuttavia le minacce tendono a variare nelle diverse regioni seguendo cambiamenti politici e di mercato.
Un filo conduttore è il costante sviluppo di infrastrutture stradali, associato all’espansione delle attività di estrazione e al taglio di foreste, che è spesso seguito dall’arrivo dell'agricoltura commerciale capitalista orientata al mercato.
La conversione all’agricoltura è anche legata alle condizioni climatiche e topografiche, all’organizzazione e sviluppo della logistica e alla speculazione fondiaria che tende a persistere nelle aree individuate come “fronti di deforestazione”.
Caratteristiche determinanti della deforestazione sono: in America Latina l’allevamento di bovini (Amazzonia) e la produzione di soia (Cherrado e Chaco); in Madagascar l’estrazione di legname e la coltivazione della palma da olio.
La deforestazione si espande anche in luoghi dove c’è una pressione dovuta a operazioni minerarie non regolamentate e all’espansione degli insediamenti umani.
Il taglio illegale su larga scala degli alberi, spesso per rifornire il mercato internazionale di legname, provoca il degrado dell’ecosistema ed è il preludio alla completa deforestazione, spesso seguita dall'espulsione delle popolazioni indigene.
Il prelievo del legname viene utilizzato anche per finanziare ulteriori operazioni di disboscamento negli stessi Fronti di Deforestazione.
La crescita economica e demografica, a livello globale, ha comportato l’aumento del consumo di cibo e la conseguente espansione dell’agricoltura commerciale.La crescente domanda di mercato alimenta la speculazione fondiaria e l’accaparramento di terreni sul suolo pubblico come su quello comunitario, fomentando attività che tendono a favorire élite locali e interessi aziendali.
Non va inoltre sottovalutato il fatto che i governi tendono a stimolare gli investimenti nell’agricoltura industriale e nelle industrie estrattive, collegandoli alla crescita economica, spesso dimenticando le esigenze delle popolazioni rurali che vivono in povertà, comprese le popolazioni indigene e le comunità locali che si affidano alle foreste come vera rete di sicurezza.
Le risposte alla deforestazione e ai suoi driver devono essere inclusive e adattate ai contesti locali e regionali, non universalistiche né calate dall'alto.
Devono essere accompagnate da condizioni che possano garantirne una durata di lungo periodo (ad esempio, un sostegno politico continuo), aumentare la loro diffusione, espanderne la portata nel tempo (ad es. abbassando i costi, migliorando la condivisione dei benefici o ridefinendo l’accesso al mercato).
Inoltre, dei buoni sistemi di monitoraggio sono fondamentali per affrontare l’illegalità, l’attuazione inadeguata o il rispetto solo parziale delle norme.
Approcci territoriali, incluse le aree protette e la conservazione, sono spesso efficaci nel ridurre la perdita di foreste; tuttavia mancano di capacità gestionali e risorse finanziarie, necessarie per renderli veramente efficaci.
Il riconoscimento dei diritti di proprietà e d'uso delle popolazioni indigene e delle comunità locali, insieme alle loro pratiche e forme di gestione, hanno spesso contribuito a proteggere le foreste per effetto di un efficace controllo locale.
Le moratorie per evitare la deforestazione all’interno di interi biomi hanno funzionato quando sono state accompagnate da provvedimenti legislativi attuativi.
Questi approcci, tuttavia, non possono evitare la deforestazione in altre aree.
Sebbene gli impegni per la “deforestazione zero” da parte delle aziende siano un passaggio chiave, la maggior parte delle imprese commerciali fatica a portare avanti un programma di conservazione, specialmente in assenza di leggi nazionali che le obblighino o di politiche fiscali che le favoriscano.
Sono invece ormai urgenti e improrogabili: un mutato rapporto con la natura, la riduzione del consumo insostenibile di risorse, e la centralità di salute ed equità piuttosto che la soverchiante enfasi posta sulla crescita economica e sui profitti finanziari.
Commenti
Posta un commento