L'oceano supporta una vasta varietà di habitat, interconnessi al sistema climatico del nostro pianeta attraverso lo scambio di acqua, energia ed elementi chimici come il carbonio.

tratto da "Rapporto Speciale su Oceano e Criosfera in un clima che cambia"; di IPCC.

https://ipccitalia.cmcc.it/i-punti-essenziali-di-ocean-and-criosphere-in-a-changing-climate-il-rapporto-speciale-ipcc

Innalzamento del livello del mare

Il livello del mare è cresciuto a un ritmo di 3,6 mm all’anno nel periodo 2005-2015. 

Questo aumento è senza precedenti nel corso dell’ultimo secolo e sta accelerando a causa della fusione dei ghiacci della Groenlandia e della calotta polare dell’Antartide, e dell’espansione termica dell’oceano causata dal suo riscaldamento.

L’aumento del livello del mare, il riscaldamento e l’acidificazione dell’oceano, aumentano i rischi per le popolazioni che vivono nelle zone costiere (incluse le città), nelle piccole isole, presso le foci dei fiumi e nelle regioni artiche. 

Alcune comunità molto vulnerabili, soprattutto nelle aree a ridosso della barriera corallina e nelle regioni polari, dovranno adottare misure di adattamento molto prima della fine di questo secolo, anche in scenari con contenute concentrazioni di gas serra e basse emissioni.

Gli scenari futuri indicano che, poiché il livello del mare continuerà ad aumentare e gli eventi estremi diventeranno più frequenti, senza l’adozione di strategie e misure di adattamento, assisteremo ad un aumento dei rischi di inondazione per le comunità costiere.

L’oceano e il mare si stanno scaldando

L'oceano, che assorbe oltre il 90% del calore in eccesso nel sistema climatico, si sta riscaldando senza sosta dal 1970; questo riscaldamento è dovuto alle attività umane ed avviene a tutte le profondità. 

Il tasso di riscaldamento degli oceani è più che raddoppiato dal 1993 (nello strato tra la superficie e 2000 m di profondità).

Le osservazioni fornite dai satelliti mostrano che le ondate di calore marine sono diventate più lunghe, più intense e più estese.

Gli scenari mostrano un oceano sottoposto a riscaldamento per tutto il XXI secolo, con perdita di ghiaccio marino artico, perdita di ossigeno, maggiore acidificazione, ondate di calore marine sempre più frequenti e un indebolimento della circolazione meridionale dell’Atlantico. 

In assenza di politiche e azioni per la riduzione delle emissioni di gas serra, si prevede che, rispetto al periodo 1850-1900, la frequenza delle ondate di calore marine aumenti di circa 50 volte entro il 2081-2100, con aumenti maggiori per l’oceano artico e l’oceano tropicale. 

Criosfera: Impatti osservati e scenari futuri per le regioni polari

Con il termine criosfera si indicano tutte le regioni e aree del pianeta in cui l’acqua ha forma solida, comprende ghiacciai, calotte polari e il suolo ghiacciato, chiamato permafrost. 

I cambiamenti nella criosfera includono il ritiro dei ghiacciai, la perdita di massa dalle calotte glaciali in Groenlandia e in Antartide, la diminuzione del ghiaccio marino e della copertura nevosa.

Un cambiamento particolarmente rapido nella criosfera terrestre è stata la diminuzione dell’estensione del ghiaccio marino artico, visibile in tutte le stagioni, con trend più forte a settembre (circa 13% in meno per decennio rispetto alla media 1981-2010). 

Circa la metà della perdita estiva di ghiaccio è attribuita all’aumento di concentrazione di gas serra in atmosfera, mentre la parte restante è attribuibile alla variabilità interna climatica.

Non sono mai stati registrati valori simili negli ultimi 1000 anni. 

La possibilità di un Oceano Artico libero da ghiaccio marino nel mese di settembre, potrebbe verificarsi nella seconda metà del secolo e dipenderà fortemente da quanto si riuscirà a contenere il riscaldamento climatico in atto.  

La rapida riduzione della calotta glaciale in Groenlandia e in Antartide si è amplificata dall’inizio del XXI secolo ad oggi, contribuendo all’aumento del livello del mare su scala globale. 

In Groenlandia, la perdita di ghiaccio riscontrata tra il 2006 e il 2015 è stata di circa 278 Gt l’anno, che equivalgono a circa 0,77 mm l’anno di innalzamento del livello del mare. 

Per l’Antartide, la perdita di massa nel periodo 2006-2015 è stata di circa 155 Gt l’anno.

Negli ultimi decenni, i ghiacciai, il permafrost e la copertura nevosa hanno subito un declino generale in risposta ai cambiamenti climatici, alterando l’intensità, la posizione e la frequenza di calamità naturali. 

In tutti gli scenari lo spessore della neve diminuisce ed è atteso un incremento dello scongelamento e del degrado del permafrost.

Rischi e conseguenze per società e vite umane

Dalla metà del XX secolo, i cambiamenti nella criosfera terrestre in Artico e nelle regioni di alta montagna hanno avuto impatti, per lo più negativi, sull’approvvigionamento di acqua dolce, energia idroelettrica, infrastrutture, trasporti, sicurezza alimentare, turismo, salute e benessere. 

Questi impatti sono distribuiti in modo diseguale tra le popolazioni.

In futuro, ulteriori cambiamenti nella criosfera terrestre potranno influenzare la disponibilità di risorse idriche e il loro uso, la qualità delle acque nelle aree di alta montagna e nelle regioni a valle, la sicurezza alimentare e i mezzi di sostentamento nella regione artica. 

Le conseguenti calamità naturali, come inondazioni, valanghe, frane e destabilizzazione del suolo, contribuiranno a incidere negativamente su infrastrutture, beni culturali, turistici e ricreativi. 

In particolare, la qualità dell’acqua potrà essere minacciata dalla mobilizzazione di contaminanti (soprattutto mercurio) rilasciati dalla fusione dei ghiacciai e dalla degradazione del permafrost.

Il turismo in alta montagna potrebbe essere seriamente compromesso in caso di riscaldamento superiore ai 2°C, rendendo vana anche l’adozione di tecnologie per l’innevamento artificiale,  con ripercussioni economiche per le comunità montane.

Impatti più rilevanti dei cambiamenti climatici su ecosistemi marini e costieri

Gli impatti dei cambiamenti climatici, diretti (come il riscaldamento e l’acidificazione dell’oceano) e indiretti, causano alterazioni importanti che incidono sui benefici che questi ecosistemi forniscono alla vita umana, come beni alimentari (pesca, acquacoltura, ecc), benefici per la salute, ma anche mitigazione dei cambiamenti climatici stessi, assorbendo CO2 dell’oceano, ecc.

Il riscaldamento del mare e la riduzione dei ghiacci contribuiscono alla migrazione di specie animali verso latitudini e altitudini più elevate, in condizioni che, a causa di limiti e barriere ambientali, possono aumentare la probabilità di estinzione.

Gli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici causano una riduzione del potenziale di pesca a livello globale del 15% nello scenario ad elevate emissioni, con un effetto maggiore nelle zone tropicali ed effetti più incerti verso i poli.

La combinazione del riscaldamento globale con l’aumento dei carichi dei fiumi con materie organiche e nutrienti prodotte dalle attività umane (es. uso eccessivo di fertilizzanti in agricoltura, acque reflue da abitazioni e da attività industriali, ecc. ) causa l’espansione di zone di anossia e ipossia (deficienze di ossigeno nell’organismo).

La vegetazione costiera protegge la costa dall’erosione, contribuisce all’assorbimento del carbonio e costituisce l’habitat naturale per la fauna locale. 

Nel corso del XX secolo, il 50% delle zone umide costiere è andato perso a causa degli effetti combinati prodotti dalla pressione antropica, dai cambiamenti climatici, dall'innalzamento del livello del mare e dall'aumento degli eventi meteorologici estremi. 

Nello scenario ad elevate emissioni si prefigura, al 2100, un’ulteriore perdita di queste aree umide compresa tra il 20 e il 90% rispetto allo stato attuale. 

Rischi e conseguenze degli impatti su ecosistemi marini e costieri per le società e le vite umane

I cambiamenti nella distribuzione delle specie marine, la riduzione della biomassa oceanica e la riduzione del potenziale di pesca influenzano i redditi, il sostentamento e la sicurezza alimentare, in modo particolare nei paesi che dipendono fortemente dalla pesca e dalle risorse marine per il proprio sostentamento. 

Questa situazione aumenta i potenziali conflitti, ponendo sfide rilevanti per la gestione della pesca a livello nazionale ed internazionale.

Gli impatti combinati che interessano il mare – come riscaldamento, acidificazione, perdita di ossigeno, abbondanza di nitrati e fosfati (eutrofizzazione), inquinamento, degrado degli ecosistemi marini – causano un aumento dei rischi relativi ad eventi dannosi connessi ai cambiamenti climatici, con conseguenze negative per la sicurezza alimentare, il turismo, l’economia e la salute.

La distruzione degli habitat costieri, quali praterie marine e barriere coralline, aumenta il rischio legato all’innalzamento del livello del mare.

Possibili soluzioni per contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini e costieri

Gli impatti dei cambiamenti climatici sull’oceano e sulla criosfera producono cambiamenti che, in alcuni casi, sono ormai irreversibili e inevitabili, e la cui intensità aumenterà nello scenario ad elevate emissioni. 

Le strategie di adattamento, per essere efficaci, dovrebbero essere integrate in un approccio multidisciplinare capace di superare le frammentazioni settoriali, geografiche e amministrative.

Le opzioni a disposizione per sostenere e promuovere funzionalità integrate degli ecosistemi marini e costieri e gli ampi servizi da essi forniti, riguardano la protezione di questi ecosistemi, il ripristino, la gestione delle risorse naturali rinnovabili, la riduzione dell’inquinamento nonché di tutti gli altri fattori di pressione antropica. 

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