Esistono anche l’economia naturale (ecosystem reproductive capacity), l’economia del dono e dello scambio reciproco, l’economia familiare domestica, l’economia informale e l’economia solidale.
L’economia solidale non si riferisce alle attività caritatevoli e assistenziali svolte dal volontariato e finanziate dalla filantropia; esiste una idea forte di economia eco-solidale come alternativa trasformativa e post-capitalista.
La denominazione ufficiale, assunta nei documenti internazionali è SSE (Social Solidarity Economics, ESS in italiano).
Non c’è settore della produzione, della distribuzione e dello scambio che non possa essere esercitato secondo principi etici e modalità morali dell’ESS: sostenibilità, mutualità, cooperazione, democrazia.
Altre forme di economia si aggirano per il mondo e se, per un momento, smettessimo di intendere per economia solo ciò che passa per il mercato, scopriremmo un’enorme galassia di esperienze umane.
L’economia è prima di tutto prendersi cura di sé, degli altri e del pianeta.
Economiche sono tutte le forme di produzione, di scambio e di fruizione di qualsiasi bene o servizio utile al buon vivere in comune.
Allo stesso modo il lavoro non è solo prestazione subordinata, individualizzata, retribuita a compenso, ma realizzazione personale e messa a disposizione del proprio talento.
La riduzione del concetto di economia alle sole iniziative capaci di generare un valore monetario è l’errore dell’economicismo oggi imperante.
Se prestiamo attenzione solo all’ ‘economia dei soldi’ perdiamo di vista tutto ciò che sta sotto la punta dell'iceberg; alla base di tutto sta la Ecosystem Reproductive Capacity: la base biologica di ogni attività umana, le materie che i cicli biologici naturali rigenerano continuamente.
L’economia umana è un sottosistema dipendente dall’ecosfera.
Gli stock e i flussi che ci vengono forniti gratuitamente e generosamente dalla natura sono catturati e finanziarizzati nelle borse valori.
L’ ‘accumulazione originaria’ capitalistica è in realtà un processo permanente che si realizza attraverso l’estrazione, l’appropriazione, l’accaparramento e la mercificazione delle risorse naturali.
È stato detto innumerevoli volte: economia ed ecologia hanno la stessa radice: ‘oikos’, dimora; così come ‘homo’ e ‘humus’.
Umano e Terra, natura e cultura, corpo e spirito dovrebbero finalmente ricomporsi in una visione “ecologica integrale”, secondo l’espressione usata da Bergoglio nella Laudato si’.
Accanto alla natura, il secondo basamento su cui si regge l’edificio sociale è il lavoro di cura familiare e/o domestico: l’accudimento, l’educazione, la preparazione del cibo, la manutenzione degli ambienti di vita, la pulizia; tutto ciò che un tempo veniva chiamato "lavoro di riproduzione" e che i rapporti di potere patriarcali hanno da millenni scaricato sulle spalle e nei cuori delle donne.
Tra il lavoro di riproduzione e l’economia solidale si trova il lavoro di sussistenza, l’autoproduzione e le ‘economie informali’, di prossimità, in cui le forme prevalenti di scambio sono il dono e il baratto.
Il terzo basamento è quindi l’economia ‘in solido’, cioè solidale: si tratta di quell’enorme ed eterogeneo intreccio di relazioni collaborative che non hanno finalità lucrative, ma di mutuo aiuto, di cooperazione disinteressata; si colloca qui l’Economia sociale e solidale.
L’economia formalizzata, regolamentata, pianificata dalle autorità statali e di mercato, riconosciuta e tutelata giuridicamente e che genera Pil, è solo una parte minore dello sforzo complessivo che l’umanità quotidianamente compie per tentare di vivere con dignità: in realtà, è solo la strato superficiale.
La prima operazione da compiere per avviare una conversione sostenibile del sistema socioeconomico è quindi di tipo cognitivo, cioè culturale.
Bisognerebbe tornare a percepire il fatto che le economie della natura, familiare, di comunità, solidale, non sono ‘settori’ di pari rango dell’economia di mercato: vengono "prima" e ne costituiscono le precondizioni.
In quest’ottica prende consistenza l’idea che sia possibile soddisfare meglio le esigenze delle persone in un ambiente economico non dominato da logiche produttivistiche e mercantili.
Cosa si intende per Economia sociale solidaleNel position paper delle Nazioni unite (UN-TFSSE 2014) si dà questa definizione dell’economia sociale e solidale (ESS): “ESS si riferisce alla produzione di beni e servizi da parte di organizzazioni e imprese che si sono date espliciti obiettivi sociali e spesso anche ambientali; sono guidate da principi e pratiche di autogestione cooperativi, solidali, etici e democratici”.
Stiamo parlando del lavoro di contadini che praticano agricoltura biologica, organica, biodinamica, sinergica, permacoltura, di professioni legate alla produzione ed alla trasformazione di cibi e all’alimentazione in generale; di lavori legati alla piccola distribuzione organizzata per conto dei gruppi di acquisto solidali.
ESS fa riferimento a modelli di welfare di prossimità che promuovono l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, l’assistenza e l’accompagnamento di migranti, l’istruzione e la formazione nelle scuole libertarie e parentali, le medicine naturali e le palestre popolari.
Dello stesso circuito fanno parte i lavori nell’economia carceraria, quelli legati al recupero, al riutilizzo e riciclo delle merci a fine vita; i laboratori di rigenerazione di computer e di promozione di software libero, i lavori legati alla bioedilizia e all’energia da fonti rinnovabili e sostenibili, i lavori che prevedono il recupero di beni culturali, di infrastrutture o immobili abbandonati e anche i lavori che offrono servizi per un turismo responsabile.
E ancora: lavori legati a sistemi di scambio non monetari, al microcredito, alla finanza e alle assicurazioni etiche; lavori di consulenza, informazione, cura e molti altri.
In ambito internazionale un’organizzazione coordina e rappresenta l’economia solidale, si chiama RIPESS, Rete Intercontinentale di Promozione dell’ESS, nata da meno di vent' anni in America latina.
Nel suo Manifesto (RIPESS 2015) si legge: “l’economia solidale non è la terza gamba del capitalismo, tra il servizio pubblico e quello privato, ma un’alternativa al capitalismo e ad altri sistemi economici autoritari, che mira a trasformare il sistema capitalista in un altro che ponga al centro le persone ed il pianeta”.
I valori fondativi sono: la democrazia partecipativa, la solidarietà, l’inclusione, la sussidiarietà, la diversità, la creatività, lo sviluppo sostenibile, l’eguaglianza e la giustizia, il rispetto per l’integrità delle nazioni e dei popoli, la pluralità e la sobrietà economica.
Lo schema rompe l’immagine convenzionale del mercato come suddiviso in tre spicchi: l’area orientata al profitto privato, quella dell’economia pubblica, quella del Terzo settore; mette invece al centro di tutto il sistema l’economia solidale in senso ampio, comprendendo le attività di sussistenza, di cura, di cooperazione disinteressata, gli scambi non monetari, il welfare di prossimità, la mutualità autonoma, la cura dei beni comuni.
In Italia la Legge per la riforma del Terzo settore (n. 106 del 6 Giugno 2016) stabilisce che le imprese solidali dovranno perseguire il bene comune, elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorire la partecipazione e l’inclusione per il pieno sviluppo della persona, il tutto attraverso attività svolte secondo principi di gratuità, democraticità, partecipazione.
In una recente ricerca svolta nell’ambito del progetto SSEDAS (Social & solidarity economy as development approach for sustainability), sostenuto dall’Unione Europea, ottanta ricercatori hanno analizzato oltre mille realtà di base e selezionato 55 esperienze significative in 32 Paesi.
I settori dove si concentrano le iniziative dell’ESS sono risultati: la filiera agricola, il commercio equo e solidale, il consumo critico, la finanza etica, il turismo responsabile, il riuso e riciclo, le energie rinnovabili, l’artigianato ecocompatibile, i servizi di welfare locale, i sistemi di scambio non monetari, i servizi di comunicazione alternativa, il software libero.
In prevalenza i soggetti promotori sono cooperative, Ong e Fondazioni, imprese sociali e private.
È possibile intravedere l’ embrione di un modello sociale alternativo e generalizzato, con alcune costanti: auto-organizzazione collettiva per sostenere la vita (umana e non umana), coordinamento democratico delle imprese economiche e sociali, autonomia delle imprese, lavoro e proprietà collettiva e/o partecipata all’interno di soggetti e reti.
Un’azione civica e sociale partecipata all’esterno attraverso formazione e apprendimento permanenti: una trasformazione sociale incentrata sui bisogni dell’essere umano e sull’ambiente.
Sono punti di incontro, snodi logistici e di idee tra produttori (non solo contadini, ma artigiani, operatori sociali, prestatori di servizi vari), e una cittadinanza che desidera essere sempre più responsabile delle proprie scelte di vita.
In conclusione, esistono molte forme di coordinamento settoriali, ma serve altro per preparare un’alternativa di sistema; l’infinito repertorio di microstorie di vita quotidiana collaborativa a difesa e cura dello spazio vitale, deve riuscire a generare relazioni e legami sovra-distrettuali e sovra-comunitari.
Un più largo riconoscimento sociale
È fondamentale che lo ‘sviluppo’ venga misurato attraverso indicatori più evoluti del Pil, così come necessario è un ruolo maggiormente attivo delle istituzioni pubbliche.
È importante che l’assunzione di responsabilità delle imprese venga allargata a tutta la filiera delle subforniture.
Vanno introdotte clausole sociali e ambientali negli scambi internazionali; c'è bisogno di recuperare una cultura del lavoro concreto come produttore di valori d’uso e di impegno socialmente utile.
C’è bisogno di alzare il tasso di democrazia nell’organizzazione delle imprese, per costruire un’economia eticamente orientata e gestita con moralità.
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