Non siamo tutti sulla stessa barca: il 99% delle vittime di catastrofi metereologiche abita in paesi in via di sviluppo ed il 75% di esse sono donne.
tratto da "Anthropocene" (cap XI); di Ian Angus.
Sono rari gli ambientalisti liberal che non abbiano mai affermato che siamo tutti "passeggeri della stessa astronave terra".
Che condividiamo tutti lo stesso destino e la stessa responsabilità, che viviamo tutti sullo stesso pianeta e affrontiamo tutti gli stessi pericoli, che possiamo tutti afferrare le stesse occasioni e determinare il corso che prenderà il nostro futuro.
In realtà, solo un pugno di passeggeri su questa astronave viaggia in prima classe, in lussuose cabine climatizzate e dotate di tutti i dispositivi di sicurezza immaginabili, compresi i posti riservati nelle migliori scialuppe di salvataggio.
La maggior parte deve accontentarsi di panche di legno in terza classe, esposte agli elementi, senza accesso a nessuna scialuppa.
Il capitalismo fossile del XXI secolo non si distingue per la disuguaglianza, che ha sempre caratterizzato le società di classe.
Si caratterizza piuttosto per una disuguaglianza estrema, per un'accumulazione senza precedenti di ricchezza da parte di una piccolissima minoranza e una povertà di massa imposta dal notevole peso economico, politico e militare degli ultraricchi.
Questa oscena disuguaglianza è evidente, non solo nel consumo da parte degli ultraricchi di una percentuale elevata di risorse del pianeta, ma anche in una concentrazione di potere politico ed economico che si fa beffe delle pretese democratiche del capitalismo.
Le vittime del cambiamento climatico
I cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi non colpiscono a caso gli esseri umani di qualunque condizione sociale.
Nel Sud del mondo sono i paesi più poveri, nella maggior parte situati nell'africa subsahariana, ad essere colpiti più duramente; in ciascuno di essi, le persone più povere, donne, bambini e anziani, sono esposte più delle altre al rischio di perdere la casa, i mezzi di sostentamento e persino le loro vite a causa del cambiamento climatico.
La malnutrizione cronica sarà resa più grave dal riscaldamento globale, e le regioni del mondo più insicure dal punto di vista alimentare saranno le più duramente colpite.
Oggi, una persona su 8 va a dormire affamata; nel 2050 il numero di persone a rischio fame potrebbe essere dal 10% al 20% più elevato che in assenza di cambiamenti climatici.
Se nulla cambia, il riscaldamento globale condannerà i paesi più poveri del mondo e i loro abitanti più svantaggiati a una spirale infernale, lasciando centinaia di milioni di persone a rischio di malnutrizione e mancanza d'acqua, catastrofi ecologiche e perdita dei mezzi di sostentamento; i bambini saranno tra le principali vittime, con effetti permanenti.
Esclusione e "sterminismo"
Il risultato del cambiamento climatico è in realtà determinato da politiche razziste e discriminatorie inerenti alla "logica illogica" del capitalismo fossile.
Ad esempio, nei giorni successivi all'uragano Katrina, centinaia di persone, compresi bambini su passeggini e adulti su sedie a rotelle, cercarono di fuggire da New Orleans attraversando il ponte che conduce a Gretna, sull'altra riva del fiume Mississippi.
Agenti di polizia di Gretna, armati, bloccarono loro la strada sparando colpi in aria e intimando che la riva occidentale non sarebbe diventata come New Orleans, e che "non volevano un altro Superdome nella loro città".
Parole in codice per dire: se sei povero e nero, non puoi attraversare il fiume Mississippi e lasciare New Orleans.
Le persone che avevano i mezzi, invece, hanno potuto lasciare la città non appena saputo che l'uragano si stava avvicinando; disponevano di auto proprie o potevano permettersi un biglietto aereo o ferroviario, avevano soldi per alloggi temporanei o addirittura una seconda casa.
Nel 1980, lo storico Thompson ha introdotto il termine sterminismo per designare le "caratteristiche di una società, espresse a vari livelli dall'economia, alla politica e all'ideologia, che la spingono in una direzione il cui risultato è lo sterminio di moltitudini".
Oggi vediamo lo sterminismo in azione quando migliaia di persone, partite dal medioriente e dall'Africa, vengono lasciate annegare mentre tentano di raggiungere l'Europa.
Queste persone partecipano a un esodo di massa causato dal capitalismo fossile, cioè dalle peggiori siccità e dalle temperature più alte mai registrate, nonché da guerre sanguinose, che hanno la loro origine negli sforzi dispiegati da Stati Uniti e paesi dell'Europa occidentale, per garantirsi l'accesso al petrolio di queste regioni.
Militarismo ambientale
Le potenze militari del Nord del mondo, che si aspettano un'esasperazione dei conflitti in un mondo ridefinito dal cambiamento climatico, hanno optato per un adattamento militarizzato.
È quello che potremmo chiamare "militarismo ambientale", emerso negli anni successivi alla caduta dell'Unione Sovietica, quando l'esercito degli Stati Uniti era alla ricerca di "validi" motivi per mantenere il più ampio budget possibile:
"Un rapido sconvolgimento del clima potrebbe destabilizzare l'ambiente geopolitico provocando schermaglie, battaglie e persino guerre".
Il governo americano decise così di considerare, a partire dal 2003, anche l'ambiente come una "potenza ostile":
"In tutti gli Stati Uniti saranno rafforzati i confini per arginare il flusso indesiderato di migranti affamati provenienti dalle isole dei Caraibi, dal Messico e dal Sudamerica".
Si tratta di un appello all'uso della forza armata contro popolazioni affamate.
Per l'ambientalista Barry Commoner, simili politiche non avevano nulla di compatibile con la civiltà e la dignità: "questa è barbarie, e neppure mascherata tanto bene; significherebbe condannare la maggior parte della popolazione mondiale al livello materiale dei barbari, e il resto, le minoranze privilegiate, al livello morale dei barbari".
Un apartheid mondiale
Mike Davis, osservando che il cambiamento climatico avrà impatti drammaticamente diseguali tra regioni e classi sociali diverse, e causerà i danni peggiori nei paesi poveri e meno forniti di risorse per adattarsi, avverte che: "l'applicazione di soluzioni nel quadro dell'attuale ordine sociale richiederebbe la trasmutazione dell'egoismo dei paesi ricchi e delle classi dominanti in una solidarietà illuminata, di cui la storia offre pochi precedenti".
Saccheggiando il mondo, il capitalismo ha reso una parte sempre maggiore della popolazione non solo relativamente ridondante, ma assolutamente eccedente rispetto ai requisiti di profitto del capitale.
Non c'è bisogno di queste persone, né come produttori né come consumatori (cosa che pochi di loro saranno mai).
Quindi come scrive David Harvey, si può abbandonarle al loro destino: "l'ecatombe per fame di popolazioni vulnerabili e la distruzione massiccia di habitat, non necessariamente scuoteranno il capitale, a meno che non suscitino ribellioni e rivoluzioni, proprio perché una buona parte della popolazione mondiale è ormai superflua ed eliminabile, e l'eliminazione di esseri umani non ha mai nuociuto al capitale nella sua corsa al profitto".
Centinaia di milioni di persone sono già relegate ai margini dell'economia o ne sono escluse, private del minimo vitale e condannate a sopravvivere con i loro propri mezzi in un ambiente globale in via di degrado.
Escluse dall'economia fossile, esse ne sono diventate le principali vittime, sancendo così il trionfo della logica dello sterminio e dell'apartheid.
Se questa tendenza continua, se il capitalismo fossile manterrà la sua egemonia, l'Antropocene potrebbe essere un'epoca oscura, caratterizzata dalla barbarie imposta da una minoranza e dalla barbarica sofferenza dei più.
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