Le Colture OGM sono state uno strumento chiave per facilitare la "maggiore concentrazione delle imprese nella storia dell'alimentazione e dell'agricoltura".
tratto da" Perché le colture transgeniche (OGM) sono una minaccia per gli
agricoltori, la sovranità alimentare, la salute e la biodiversità del pianeta"; di V. Shiva e altri.
Solo sei imprese transnazionali controllano tutti i transgenici seminati in commercio nel mondo.
Le stesse sei imprese sono le più grandi produttrici mondiali di prodotti agrochimici, questo spiega il fatto che l'85% degli OGM siano colture progettate per resistere a grandi dosi di pesticidi, in quanto questa è la categoria che dà i profitti più elevati.
La semina di transgenici ha accelerato l'espulsione di piccoli e medi produttori, impoverendoli, mentre sostituiva gran parte della manodopera con macchine, aumentando la disoccupazione rurale.
Tra i censimenti del 1988 e del 2002, 87.000 sono stati gli stabilimeunti scomparsi, di cui 75.293 sotto i 200 ettari, un processo che continua con la stessa tendenza.
In conseguenza di questo, attualmente, l'80% della superficie è nelle mani di 4.000 fondi comuni di investimento: non è un modello per alimentare, è una piattaforma agricola per la speculazione.
Nello stesso periodo, da quando si sono iniziate a seminare colture OGM, si è aggravata seriamente la crisi climatica e, con essa, otto dei nove problemi ambientali più gravi del pianeta, definiti dal Stockholm Resilience Center come "limiti planetari".
Sette di questi, i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, l'acidificazione degli oceani, l'inquinamento e l'esaurimento di acqua dolce, l'erosione dei suoli, quantità eccessive di fosforo e di azoto scaricate in mare e suoli e l'inquinamento chimico, sono direttamente collegati al sistema industriale delle imprese di produzione alimentare, che hanno negli OGM il loro paradigma centrale.
Abbiamo bisogno di colture transgeniche?
Una vasta gamma di sistemi alimentari contadini e di piccola scala, attualmente alimentano il 70% della popolazione mondiale: il 30-50% circa di tale cifra è fornita da piccoli appezzamenti agricoli, 15-20% circa dagli orti urbani, 5-10% dalla pesca artigianale e 10-15% dalla caccia e dalla raccolta silvestre.
Si tratta di una produzione di cibo sano, per la stragrande maggioranza libero da pesticidi e OGM.
Il sistema alimentare agroindustriale, al contrario, fornisce solo il 30% del cibo, ma utilizza l'80% della terra arabile e il 70% di acqua e carburante per l'uso agricolo.
Dal raccolto al consumo, il 50% degli alimenti della catena alimentare industriale va a finire nella spazzatura.
Per alimentare il mondo non c'è bisogno di colture uniformi, ad alta tecnologia ed alto rischio, in sistemi industriali.
È necessaria una varietà di semi, nelle mani di milioni di contadini e di piccoli e medi produttori.
L'avanzare delle corporazioni dell'agrobusiness, con pesticidi e OGM, minaccia seriamente questa opzione, che è quella che ora alimenta i più poveri e la maggior parte dell'umanità.
Tecnologia piena di incertezze e imprecisa
Contrariamente a quanto afferma l'industria biotech, la tecnologia OGM è una tecnica imprecisa, in cui non si ha il controllo delle conseguenze.
E' abbastanza facile isolare diverse sequenze di DNA di organismi diversi e unirle per formare un transgene.
Ma certamente è per ora impossibile introdurre questa sequenza intatta in un dato locus nel genoma.
Nella concezione degli OGM non è considerato il ruolo del tempo nella genesi della diversità e la valorizzazione dei meccanismi naturali che lo supportano.
Il processo evolutivo, come le varietà delle specie, si basa sulla riproduzione sessuale, la ricombinazione del materiale genetico, e i meccanismi biologici e ambientali che regolano la fisiologia del genoma.
E' fondamentale capire che in ogni modificazione del genoma mediante ingegneria scompaiono, sugli altari del procedimento tecnologico, il tempo biologico necessario per stabilizzare le varietà e il processo evolutivo e la storia della specie, che non sono invece alterati nel miglioramento con metodi convenzionali.
Questo avviene perché si ricorre a una manipolazione del genoma immediata, al fine di ottenere "nuove varietà".
Proclamare che il miglioramento realizzato in 10.000 anni dagli esseri umani nel settore agricolo e le modifiche di laboratorio siano la "stessa cosa", significa ignorare la cultura agraria umana, sviluppata da milioni di contadine e contadini in migliaia di situazioni biogeografiche e climatiche differenti, che ha rispettato i meccanismi naturali durante tutto questo tempo, selezionando nuove varietà di popolazioni originate da incroci fino a trovare e stabilizzare il fenotipo appropriato.
Il concetto classico del gene, inteso come unità fondamentale di un genoma rigido concepito come un "meccano", come una macchina prevedibile a partire dalle sequenze dei geni, e la supposizione che i suoi prodotti possono essere manipolati senza conseguenze, è l'espressione di un riduzionismo scientifico che è stato ampiamente contestato da una vasta gamma di articoli scientifici pubblicati sulle interazioni epigenetiche, che dimostrano le interazioni dinamiche sia tra i geni propri di un organismo, come dei genomi, rispondendo all'ambiente e anche all'alimentazione.
Va ricordato che la complessità non è una posizione teorica, ma una configurazione integrale della natura, e nel processo di conoscenza della stessa, smontare il naturale in pezzi frammentati "per la sua comprensione" è sempre più insufficiente.
Il processo di generazione di organismi è incontrollabile.
Alterare un organismo con un pezzo di DNA proprio o estraneo non è fisiologico e utilizzare l'ambiente naturale, o l'alimentazione umana, come laboratorio è un esperimento inaccettabile.
Questo colonialismo genetico ignora volutamente le conoscenze genetiche attuali per giustificare la manipolazione genomica, sfidando l'integrità degli ecosistemi e mettendo a rischio gli esseri umani.
Chi vince e chi perde con gli OGM?
Non vi è dubbio che coloro che traggono i maggiori vantaggi dalle colture OGM sono le 6 società che controllano il 100% delle sementi transgeniche a livello globale: Monsanto, Syngenta, DuPont, Dow AgroSciences, Bayer, BASF.
Sono le sei maggiori multinazionali che stanno producendo prodotti chimici e insieme controllano il 76% del mercato mondiale dei pesticidi e il 60% del mercato globale di tutti i tipi di semi; inoltre, controllano il 75% di tutta la ricerca privata sull'agricoltura.
Mai prima, nella storia dell'alimentazione, si era verificato un tale grado di concentrazione delle imprese in un settore essenziale per la sopravvivenza.
Questa configurazione spiega anche perché gli OGM comportano un enorme aumento dell'uso di pesticidi, in quanto è ciò che dà loro maggiori profitti: il mercato della vendita di pesticidi è molto superiore a quella delle vendite di sementi.
Ma come ha potuto l'industria ottenere questo?
È stato un processo con diversi gradi.
Da un lato, negli ultimi tre decenni, le grandi multinazionali hanno acquistato aziende nazionali e regionali di sementi e agroalimentari per ottenere il controllo del mercato.
Parallelamente le grandi compagnie dell'agrobusinness, hanno convinto i governi che l'ingegneria genetica è un grande progresso per l'agricoltura e l'alimentazione, ma che per i suoi costi, solo loro avrebbero avuto la capacità di sviluppare e valutare i rischi, per cui i governi dovevano sostenerle a discapito delle analisi di rischio indipendenti e della ricerca agricola pubblica di altre alternative.
Per sostenere l'industria, nel "nutrire il mondo", i governi hanno adottato leggi nazionali e internazionali sulla proprietà intellettuale, i semi e la biosicurezza, al fine di garantire il benessere dei loro cartelli oligopolisti.
Se i produttori degli Stati Uniti e del Canada continuano a piantare OGM è perché non possono scegliere un'altra opzione: le stesse multinazionali agroalimentari controllano l'intero mercato delle sementi e moltiplicano solo quelle che vogliono vendere, in modo che quando è il momento di seminare, si trovano solo semi OGM.
Una situazione simile si verifica nei mercati industriali di Brasile, India e Argentina (i 5 paesi sono il 90% del mercato globale delle colture biotech), ciascuna con le sue particolari situazioni, come il basso pagamento di royalties perché gli agricoltori moltiplicano il proprio seme (contro la volontà delle imprese); o altre risorse che non hanno nulla a che fare con i "benefici" degli OGM, ma con il potere economico di marketing e il controllo delle transnazionali sui governi.
Coloro che perdono con gli OGM sono la maggioranza della popolazione del pianeta, dai contadini e piccoli agricoltori, ai consumatori urbani, passando per i ricercatori pubblici e tutti coloro che soffrono la contaminazione chimica degli alimenti, dell'acqua e del suolo .
In tutto il mondo, le indagini confermano che la stragrande maggioranza dei consumatori non vuole mangiare OGM.
Le aziende lo sanno, e per questo si oppongono all'etichettatura dei loro prodotti, spendendo decine di milioni di dollari per impedirlo.
La stragrande maggioranza di contadini e contadine si oppongono agli OGM, perché rappresentano una minaccia alla loro precaria situazione economica, trasferendo i mercati, contaminando i loro semi, la terra e l'acqua.
Sono i piccoli fornitori di cibo (contadini, pescatori artigianali, orti urbani, ecc) a nutrire oltre il 70% della popolazione mondiale.
L'industria degli OGM li espelle e minaccia i loro semi e metodi di produzione attraverso molti canali, e quindi aumenta la fame e la malnutrizione più di quanto qualsiasi seme tecnologico "miracoloso" potrebbe diminuirla.
Ci sono molte alternative di sistemi agricoli, vari e più in sintonia con la natura, che non creano dipendenza dalle multinazionali, che rafforzano la sovranità e le varie forme di sviluppo locale, che favoriscono i poveri in campagna e in città, aumentando le opportunità di lavoro, i mercati e le agroindustrie locali, senza rischi per la salute e per l'ambiente, e sono molto più economiche.
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