Storia segreta del rinfresco: la storia del moderno sistema alimentare mondiale inizia in Europa, in Gran Bretagna per la precisione.

tratto da "I padroni del cibo" (cap. IV); di Raj Patel.

Le avventure coloniali britanniche erano strettamente intrecciate con le novità interne, in particolare quelle intervenute nelle campagne.

A partire dal Quattrocento l'Inghilterra rurale ha vissuto il periodo delle "enclosures", il processo in base al quale i diritti comunitari dei poveri sulle terre dei ricchi diventavano quella che oggi è nota come proprietà privata.

Al povero delle campagne era negato l'accesso ai pascoli demaniali; a quel punto non gli restava altro da vendere che le braccia: era una rivoluzione economica, con profonde ripercussioni sociali.

Il passaggio dall'economia feudale a quella capitalista significava immensi profitti, maggiore efficienza e quindi la possibilità di finanziare il soddisfacimento del crescente appetito nazionale di saccarosio proveniente dall'estero.

Coltivare tè e zucchero comportò la più sanguinosa innovazione dell'agricoltura industriale: la piantagione.

La tecnologia agricola della monocoltura avanzata e permanente, arrivava già impacchettata con la propria tecnologia sociale: suolo arato, canne falciate e foglie strappate da un'infinita offerta di persone, di fatto sacrificabili, provenienti dal Sud globale.

Essendo rari ma reperibili, beni come lo zucchero diventarono sempre più richiesti dai nuovi ceti medi e operai; il tè (con latte e zucchero), era diventato una componente importante della dieta proletaria, soprattutto per le donne, perché forniva caffeina e carboidrati "pronto uso", ideali a garantire calorie sufficienti per i lavori manuali.

Con questo iper-consumo di te' come fonte di carburante calorico, gli operai sfruttati di Londra non facevano altro che imitare gli schiavi nei Caraibi all'altro capo del sistema alimentare, che masticavano canna da zucchero per arrivare alla fine della giornata lavorativa.

I traffici internazionali trasformarono il mondo basandosi, nella loro massima forma capitalista, su un alto livello di sfruttamento.

Il lavoro degli schiavi era una parte integrante della fornitura di cibo a buon mercato per le città europee; gli schiavi africani erano una componente essenziale nell'economia delle piantagioni, negli Stati Uniti, nei Caraibi e in Brasile: la meccanica dell'allestimento di un sistema alimentare mondiale implicava i processi paralleli del colonialismo e della creazione forzata di un mercato.

Gli insediamenti coloniali erano diventati possibili perché la commercializzazione dell'agricoltura in Europa stava cacciando i piccoli contadini dalla terra, e gli agricoltori sfrattati partivano in massa a popolare i territori appena conquistati.

Perché le metropoli avessero cibo a prezzo stracciato, anche le economie degli insediamenti coloniali dovevano essere indirizzate verso l'agricoltura da esportazione.

Estraendo direttamente le fonti alimentari dall'impero tropicale e dalla nuova frontiera commerciale dell'agricoltura per l'esportazione degli insediamenti coloniali, e afflitto da uno scarsissimo senso di colpa per i costi umani che comportava questa situazione, il Regno Unito poteva nutrire la sua classe operaia.

La rivoluzione industriale aveva, infatti,  trasformato il paese.

La parola "slum" proviene da quest'epoca, un termine inedito per descrivere una nuova geografia urbana.
Dall'inizio della Rivoluzione industriale fino a metà '800, i salari reali dei lavoratori crebbero appena del 15%; le miserie peggiori furono sopportate dalle donne più che dagli uomini.

La nuova classe operaia, però, non subiva passivamente il suo destino: nella seconda metà dell'Ottocento nacquero i primi movimenti operai, e per i ceti medi della Gran Bretagna dickensiana il mondo doveva sembrare gravido di insurrezioni di uomini e donne che lavoravano e vivevano nei quartieri più sporchi, popolati e bui.

Proprio mentre le classi lavoratrici europee e statunitensi si ribellavano alla miseria della vita nei ghetti delle nuove città, altrettanto fecero gli schiavi, il cui sudore contribuiva a calmierare i prezzi per gli operai bianchi.

Anche loro avevano colto aria di rivoluzione, in primis con la rivolta degli schiavi di Haiti; ispirandosi alla rivoluzione americana e dopo secoli di rapine europee, gli schiavi haitiani guidati da Toussaint L'ouverture, conquistarono il controllo del paese e strapparono, sebbene per poco tempo, anche l'indipendenza.

Trovare una soluzione alle proteste dei lavoratori in Europa significava anche smussare gli spigoli del malcontento, facendo sì che fossero disponibili sufficienti quantità di cibo a buon mercato: il cibo economico richiedeva schiavi e braccianti malpagati.

Secondo le stime di Mike Davis, decine di milioni di questi lavoratori sono morti mentre nutrivano l'Europa e l'America del Nord, allorché si è creata, grazie allo sviluppo del moderno sistema alimentare mondiale, la povertà che avrebbe caratterizzato il Sud globale nel ventesimo secolo.

Ecco perché le rivolte degli schiavi erano così temute dagli architetti del nuovo sistema alimentare mondiale: niente schiavi, niente zucchero né cibo per tenere buoni gli operai delle industrie.

Lo zucchero economico serviva a sedare le membra dei lavoratori europei, non certo a ritrovarsi tra i piedi schiavi insorti che propagavano gli slogan delle rivoluzioni atlantiche quando erano stati catturati e portati nei Caraibi espressamente per prevenire situazioni di questo genere.

Gli schiavi pensavano erroneamente che le belle parole delle rivoluzioni francese o americana, guidate in gran parte dai ceti medi contro l'aristocrazia, valessero anche per loro; credevano di avere diritto anche loro alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità.

Invece non erano loro l'uditorio cui si rivolgeva questa retorica, perché erano troppo poveri, troppo neri ed assolutamente indispensabili alla produzione di cibo a buon mercato per l'Europa.


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