Per ricostituire l’equilibrio e l’armonia nel sociale e nella vita, è necessario risolvere i problemi relativi alla fame e all’accesso ai servizi vitali, quali acqua e terra, territorio, aria ed energia.
tratto da "Il rispetto per la Pachamama: Pratiche ancestrali, innovazione e contraddizioni in Bolivia"; di MGiulia Costanzo Talarico.
https://www.academia.edu/33003588
L’idea di sviluppo associata alla ricchezza, al denaro, alla produzione di beni, è legata ad un concetto che accetta lo “stare meglio di pochi" a scapito di una maggioranza che vive male.
Questo tipo di sviluppo è stato associato al livello di ricchezza economica misurato dagli indicatori del Prodotto Interno Lordo, che non si è dimostrato un adeguato rilevatore del benessere effettivo, ma piuttosto uno strumento orientato alla ricchezza.
Il PIL è misurato da parametri che non tengono conto del deterioramento di elementi naturali importanti, tanto da provocare delle critiche anche nello stesso Occidente, che ha cominciato a prendere in esame il tema, cominciando a studiare nuovi indicatori.
Le popolazioni indigene hanno elaborato una nuova proposta, formulando degli indicatori fuori dalla comune concezione sviluppista, seguendo i principi del paradigma comunitario, in maniera da generare uno spazio per l’espressione, tanto del materiale, quanto del mentale e dello spirituale, a partire dall’identità, in un contesto non più individuale ma comunitario.
Nell’orizzonte del "Vivir Bien", lo Stato deve erigersi su nuove capacità.
Capacità di prendersi cura della vita: la capacità sociale e produttiva di stare in equilibrio e armonia con la vita e, quindi, di produrre senza “depredare”, nel rispetto della vita stessa.
Capacità sociale: la capacità dello Stato di prendersi cura degli abitanti con politiche di distribuzione e redistribuzione, senza dimenticare né emarginare alcun individuo.
Capacità produttiva: per potersi prendere cura degli abitanti, lo Stato deve avere i fondi necessari, pertanto deve produrre, nel senso di avere imprese, ma solo per ottenere il necessario per garantire l’accessibilità ai servizi necessari.
Capacità di articolare e relazionarsi o convivere con i paesi circostanti: significa avere relazioni sotto il segno del rispetto reciproco, senza logiche di superiorità da uno Stato all’altro.
Tali capacità devono condurre una società a “vivere bene”, realizzando un processo che svilupperà delle tappe:
1. La prima tappa è quella relativa alla garanzia da parte dello Stato che ogni persona abbia una dimora, senza dover ricorrere ai prestiti, causa di sofferenza e crisi nell’attuale società.
2. Una seconda tappa, simultanea o successiva rispetto alla precedente, è quella di progettare, a lungo termine, condizioni di vita diverse, come, per esempio, invertire il sovraffollamento delle città mediante una «deconcentrazione produttiva».
Oggi, il sovraffollamento delle città è prodotto dal desiderio di essere “cittadini” e non contadini; in molti migrano verso la città in cerca di lavoro, di una “migliore educazione”, di “migliori condizioni di vita”.
L’attività agricola è legata all’«essere contadino»; in molti fuggono da questa attività e i governi di vari paesi, fanno ben poco per le aree rurali.
Nell’orizzonte del Vivir Bien, gli Stati devono comprendere che quella rurale non è un’attività qualsiasi, ma un’attività «vitale»; su questo principio bisogna progettare la deconcentrazione produttiva.
A seguito delle tappe prese in esame, enumeriamo quelli che sono considerati gli indicatori più importanti per verificare se la popolazione “vive bene”:
1) Equilibrio della Madre Terra: lo Stato deve rispettare l’ambiente e le specie animali; controllare che l’acqua e l’aria non siano contaminate con residui tossici; assicurarsi che le risorse non siano sfruttate fino all’esaurimento; che non venga alterato l’ecosistema attraverso il disboscamento e non si sostengano monocolture, mantenendo la biodiversità.
2) Necessità vitali: si deve garantire, a tutta la popolazione, la produzione di prodotti sani, vale a dire non transgenici e l’accesso ad essi, l’accesso all’acqua, a servizi igienico-sanitari, alle fonti di energia; inoltre, le necessità vitali non possono essere negoziate.
3) Terra, territorio e dimora: lo Stato e la comunità devono assicurarsi che ogni famiglia abbia una dimora, senza dover pagare debiti.
4) Famiglia: livello di coesione della famiglia e permanenza nel matrimonio.
5) Salute integrale: l’equilibrio di interrelazione a tutti i livelli, cioè fisico, mentale, emotivo.
6) Educazione: l’educazione deve fornire la possibilità di espressione di abilità e capacità naturali e generate negli individui; deve permettere ai giovani di sostenersi dignitosamente e scoraggiare episodi di razzismo.
7) Dignità: l’espressione piena della libera identità di ogni regione.
8) Relazione comunitaria: considerare il concetto comunitario come forma di vita, non solo come delimitazione spaziale.
9) Forma di governo: percezione da parte della comunità del governo in tutte le sue espressioni.
10) Livello di occupazione: la distribuzione equilibrata delle professioni in mancanza di una concezione basata sulla superiorità o inferiorità dei mestieri.
11) Mezzi di comunicazione: essi devono rispondere alle necessità della comunità, promuovendo principi e valori; non possono, né devono rispondere a interessi settoriali.
12) Sicurezza/violenza: la sicurezza non si garantisce con una presenza maggiore di polizia; essa è conseguenza dell’armonia e la violenza è conseguenza della disarmonia.
13) Relazioni bilaterali e multilaterali: come si articolano i paesi nel contesto internazionale.
L'orizzonte del Vivir Bien, non solo cerca un equilibrio nel sociale, ma soprattutto l’equilibrio con la vita, che si traduce in una forma di concepire il mondo e la vita stessa.
La costruzione della politica pubblica basata sul Vivir Bien in Bolivia.
Per ricostituire l’equilibrio e l’armonia nel sociale e nella vita, è necessario risolvere i problemi relativi alla fame e all’accesso ai servizi vitali, quali acqua, terra, territorio, aria, fuoco-energia.
Per tale motivo sono emerse alcune politiche pubbliche incoraggiate dai principi del Vivir Bien:
la generazione di comunità produttive, guidando e promuovendo la riarticolazione comunitaria, in campagna, come in città.
Il Recupero e la produzione di sementi sane, senza alcuna alterazione genetica, creando un centro o un istituto di produzione naturale di sementi e il recupero delle varietà.
La generazione di alleanze complementari strategiche tra comunità e Stato, anche con imprese private che condividano la visione di tale alleanza.
La garanzia da parte dello Stato di sopperire prima alle necessità interne e solo dopo di esportare.
L’incremento del credito alle comunità.
La produzione di alimenti collegati alla dimensione spirituale.
La promozione di un’alimentazione sana, che non significa «stomaco pieno».
È innegabile osservare l’attenzione posta sul discorso della terra e dell’alimentazione.
Non è un caso, infatti, che in Bolivia, la questione agraria sia stata una fra le prime ad essere affrontate, ancora prima della convocazione dell’Assemblea Costituente.
La Riforma Agraria “rivoluzionaria”
Uno dei primi problemi che volle risolvere il neonato governo Morales, fu quello relativo alla terra, partendo dal principio per il quale l’unico modo per cambiare sostanzialmente la situazione rurale, era attaccare il problema delle disuguaglianze nel possesso di terra.
Questo implicò la distribuzione delle terre demaniali.
La ley 144 de La Revolución Productiva, Agropecuaria, costituisce la base essenziale per il nuovo modello produttivo, incentrato sulla sovranità alimentare.
L’articolo 6 della legge 144, enuncia i principi costituenti della Riforma Agraria, che sono:
1. Armonia y Equilibrio con la Madre Tierra;
2. Complementariedad;
3. Corresponsabilidad;
4. Trasparencia;
5. Vivir Bien;
6. Reciprocidad y Solidariedad;
7. Alimentación Adecuada;
8. Soberanía Alimentaria.
L’articolo successivo, il 7, descrive gli effetti (da ottenere) dei principi elencati;
a. Asistencia Técnica: il trasferimento di informazioni per migliorare le attività agricole;
b. Base Productiva: l’insieme di risorse naturali che caratterizzano la base di produzione agricola, cioè suolo, acqua, flora, fauna, della Madre Terra;
c. Comunidad: l’insieme di famiglie indigene contadine, che condividono il territorio, la cultura, la storia, la lingua, organizzate con propri procedimenti;
d. Economía Comunitaria: il modello di sviluppo, che comprende il sistema di pianificazione, organizzazione, produzione, generazione di surplus e distribuzione del benessere comune;
e. Economía Plural: le forme di organizzazione economica esistenti;
f. Gestión Territorial Indígena Originaria Campesino: il processo attraverso il quale le popolazioni indigene esercitano la titolarità del territorio e la gestione partecipativa;
g. Pirwa: il deposito ancestrale costruito con i diversi materiali, a seconda della regione, per conservare gli alimenti nel loro stato naturale;
h. Productos Estratégicos: i prodotti che direttamente o indirettamente formano parte dell’alimentazione giornaliera del popolo boliviano;
i. Riesgo: La probabilità che avvengano uno o più eventi avversi che possano far verificare delle perdite.
I tre pilastri della politica di sovranità alimentare
Analizzando l’ambito contadino, Blanca Rubio (2010) osserva che la politica di sovranità alimentare del governo di Evo Morales si fonda su tre pilastri.
1.La «rivoluzione agraria»: con il piano di distribuzione ha orientato a risanare, riconvertire, espropriare e attribuire le terre inutilizzate che erano possedute da investitori, industriali e latifondisti, nelle zone tropicali come Santa Cruz e nell’area nordest del Paese. Le terre erano concentrate nelle mani di pochissimi; si pensi che a quattordici famiglie influenti appartenevano proprietà per 3 milioni di ettari di terreno.
2.Investimenti pubblici per incrementare la produzione alimentare di base, sostenuta dai piccoli produttori, aumentando la media e la grande produzione per il mercato interno.
3.Superare il vecchio modello di sviluppo agrario, colpevole, secondo il governo boliviano, delle diseguaglianze sociali e dell’erosione della base di risorse naturali.
Il governo ha spinto una politica per “smantellare” la monocoltura della soia e impostare un “golpe” verso i gruppi imprenditoriali che lo hanno sollecitato.
Nonostante i progressi registrati grazie alla riforma agraria, tra i quali anche una sensibile riduzione della povertà nel territorio rurale, la situazione contadina non è cambiata abbastanza.
Certamente, la struttura produttiva agricola ha subito dei cambiamenti a favore della popolazione contadina e indigena; tuttavia, la questione rurale in Bolivia, si prospetta ancora difficoltosa a causa di un’eredità proveniente da decenni di sfruttamento da parte delle politiche neoliberiste legate all’agricoltura industriale.
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