tratto da "Ecosocialismo, un'alternativa radicale alla catastrofe ecologica"(Cap.5); di M. Lowy.
In questo inizio di XXI secolo, assistiamo ad un'accelerazione sempre più rapida del treno della civiltà capitalistica...verso l'abisso.
Un abisso che si chiama catastrofe ecologica, e che nel cambiamento climatico ha la sua espressione più drammatica.
La catastrofe è già iniziata e ci troviamo in una corsa contro il tempo per cercare di prevenire, contenere e fermare questa fuga in avanti, il cui risultato sarà un aumento della temperatura media del pianeta e che avrà come conseguenze, tra le altre, la desertificazione di territori immensi, l'aumento del livello dei mari e dunque la scomparsa di grandi città costiere come Venezia, Amsterdam, Hong Kong, Rio de Janeiro.
C'è poco da aspettarsi dai governi del pianeta, salvo rare eccezioni; la sola speranza risiede nei movimenti sociali reali.
La logica "reificata" del capitale, in contrasto con ogni altra forma di dominio, per il suo carattere impersonale non può essere eticamente regolata.
Il capitale è intrinsecamente, per sua essenza, non etico.
Esso riconosce solo il calcolo delle perdite e dei profitti, i numeri della produzione, la misura dei prezzi, dei costi e dei guadagni; sottomette l'economia, la società e la vita umana al dominio del valore di scambio della merce e della sua espressione più astratta: il denaro.
Oggi, questo regno totalitario del valore di mercato, del valore quantitativo, del denaro, della finanza capitalista, ha raggiunto un grado senza precedenti nella storia umana.
La resistenza operaia, contadina e popolare contro la mercantilizzazione capitalista, ha avuto luogo in nome di alcuni valori sociali, considerati più legittimi di quelli dell'economia politica del capitale.
Tra questi bisogni sociali, ce n'è uno che sta diventando sempre più decisivo oggi: il "bisogno di salvaguardare l'ambiente naturale", cioè il bisogno di un'aria respirabile, di un'acqua potabile, di cibo libero da veleni chimici o da radiazioni nucleari.
Un bisogno che si identifica, tendenzialmente, con l'imperativo stesso di sopravvivere della specie umana sul pianeta; un equilibrio ecologico seriamente minacciato dalle conseguenze catastrofiche dell'effetto serra, della distruzione dello strato di ozono, del pericolo nucleare, nonché dall'espansione all'infinito del produttivismo capitalista.
Socialismo ed ecologia condividono valori sociali "qualitativi", irriducibili al mercato; condividono anche una rivolta contro l'autonomizzazione reificata dell'economia rispetto alle società, e il desiderio di re-incastrare l'economia in un ambiente sociale e naturale.
Rompere con l'illusione di una economia di mercato pulita
Un' etica sociale che si opponga radicalmente alla logica distruttiva e fondamentalmente "non etica" della redditività capitalista e del mercato totale, non mira a colpevolizzare né promuovere l'ascetismo o l'autocontrollo, mira invece al cambiamento delle strutture economiche e sociali del mercato capitalista.
Lotta per l'istituzione di un nuovo paradigma di produzione e distribuzione, fondato sulla presa in considerazione dei bisogni sociali, in particolare il bisogno vitale di vivere in un ambiente naturale non degradato: un cambiamento che richiede attori sociali, movimenti sociali, organizzazioni ecologiche, partiti politici e "non solo individui di buona volontà".
La crisi ecologica, minaccia l'equilibrio naturale dell'ambiente, e mette in pericolo non solo la flora e la fauna, ma anche e soprattutto la salute, le condizioni di vita e la stessa sopravvivenza della nostra specie.
Non c'è quindi bisogno di fare la guerra all'umanesimo per vedere nella difesa della biodiversità, o delle specie animali in via d'estinzione, un'esigenza etica e politica.
La lotta per salvaguardare l'ambiente, che necessariamente è la lotta per un cambiamento di civiltà, è un imperativo umanista, che riguarda tutti gli individui.
Un imperativo che sembrava riguardare le generazioni future, minacciate di ereditare un pianeta reso invivibile dall'accumulo sempre più incontrollabile di danni ambientali; ma il discorso che fondava l'etica ecologica su questo "pericolo futuro" oggi è superato.
Si tratta di una questione molto più urgente.
Un'etica egualitaria.
La crisi ecologica riguarda direttamente le generazioni attuali, che già conoscono le drammatiche conseguenze della distruzione dell'avvelenamento capitalistico della biosfera, e che rischiano di affrontare vere catastrofi tra 20 o 30 anni.
L' attuale modo di produzione e di consumo nei Paesi capitalisti avanzati, basato su una logica di accumulazione illimitata del capitale, dei profitti, delle merci, di spreco di risorse, di consumo ostentato e di distruzione accelerata dell'ambiente, non può assolutamente essere esteso a tutto il pianeta, pena una grave crisi ecologica.
Questo sistema è necessariamente fondato sul mantenimento e il peggioramento della palese disuguaglianza tra Nord e Sud.
Il progetto Eco-socialista mira invece a una "redistribuzione planetaria della ricchezza e a uno sviluppo in comune delle risorse", grazie un nuovo paradigma produttivo.
L'esigenza etica della soddisfazione dei bisogni sociali, ha senso solo in uno spirito di giustizia sociale e di uguaglianza (che non significa omogeneizzazione).
Essa implica, in ultima analisi, la proprietà collettiva dei mezzi di produzione e la distribuzione di beni e servizi "a ciascuno secondo i suoi bisogni".
Nulla a che vedere con la cosiddetta "equità liberale", che vuole giustificare le diseguaglianze sociali nella misura in cui sarebbero associate a cariche e posizioni "aperte a tutti", in condizioni di equa uguaglianza delle opportunità: argomento classico dei difensori della libera competizione economica e sociale.
Un'etica radicale si propone di andare alla radice del male e non riconosce mezze misure, mezze riforme, o conferenze di Rio e mercati del diritto di inquinamento: queste misure non sono in grado di fornire una soluzione.
Crisi ecologica e cambiamento climatico
La crisi ecologica planetaria ha raggiunto un punto di svolta con il fenomeno del cambiamento climatico; la situazione si sta deteriorando molto più velocemente del previsto e i bilanci degli scienziati, appena l'inchiostro dei documenti si è asciugato, si rivelano troppo ottimisti.
Non possono esserci soluzioni compatibili con il regno del capitale: la soluzione è pensare una società dove la produzione e il consumo siano democraticamente decisi da tutta la popolazione, secondo criteri sociali ed ecologici che sfuggano alla logica del mercato e del profitto.
È con questo spirito che le forze più attive dell'ecologia si sono impegnate nel movimento altermondialista; questo impegno corrisponde alla consapevolezza che le grandi sfide della crisi ecologica sono globali e che quindi possono essere affrontate solo da un approccio risolutamente cosmopolita, sovranazionale e globale.
Il movimento altermondialista è forse il fenomeno più importante di resistenza anti-sistema dall'inizio del XXI secolo.
Una vasta nebulosa di movimenti, che non corrisponde alle solite forme di azione sociale o politica, si è manifestata in modo visibile durante i forum sociali, regionali o mondiali e le grandi manifestazioni contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio, il G8 o la guerra in Iraq.
La dimensione ecologica ispira la rivolta contro un sistema che porta l'umanità in un tragico vicolo cieco.
Una delle caratteristiche più positive dei forum sociali e dell'altermondialismo nel suo complesso, è la possibilità di incontro, dibattito, dialogo e apprendimento reciproco, di diversi tipi di movimenti.
La lotta degli agricoltori, dei contadini senza terra e dei disoccupati per la giustizia sociale, è inseparabile dalla lotta per la giustizia ambientale: il capitalismo, socialmente e tecnologicamente sfruttatore, è nemico della natura e del lavoro.
Oggi più che mai sono necessarie profonde trasformazioni:
1) nel sistema energetico, sostituendo carburanti e combustibili fossili con fonti pulite di energia, sotto il controllo della comunità: energia eolica, geotermica, e soprattutto solare;
2) nel sistema dei trasporti, riducendo rigorosamente l'utilizzo delle auto private e sostituendole con un trasporto pubblico libero ed efficiente;
3) negli attuali modelli di produzione e di consumo basati sullo spreco, l'obsolescenza programmata, la concorrenza o l'inquinamento, e la loro sostituzione con la produzione di beni riciclabili, durevoli e lo sviluppo di un architettura verde;
4) nella produzione alimentare e nella distribuzione, difendendo la sovranità alimentare locale ed eliminando l'agrobusiness industriale inquinante, creando agroecosistemi sostenibili e impegnandosi attivamente per rinnovare la fertilità del suolo.
La devastazione ambientale non sarà fermata nelle sale delle conferenze internazionali o con i negoziati sui trattati; solo l'azione di massa può fare la differenza:
Serve un cambiamento radicale di paradigma, un nuovo modello di civiltà: per fermare questa corsa è necessaria una rivoluzione!
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