Diseguaglianze ecologiche: più si è poveri, neri o donne, o le tre cose insieme, più si subiscono gli effetti nocivi del processo industriale.

tratto da "La natura è un campo di battaglia" (cap.I); di Razmig Keucheyan.

Esistono diversi tipi di diseguaglianze ambientali.

I diversi settori della popolazione non sono uguali di fronte alle nefaste conseguenze del processo industriale.

A parità di altre condizioni, più si è poveri, neri o donne, o le tre cose insieme, più si subiscono gli effetti nocivi di questo processo; i rifiuti tossici sono un esempio di effetti di questo tipo ma ce ne sono altri come, ad esempio, l'inquinamento dell'aria.

Anche se le classi subalterne non sono sempre e ovunque le prime vittime di tutte le nocività ambientali (centri urbani sovraffollati, nei quali vive una parte significativa della borghesia europea, sono per esempio colpiti dalla circolazione automobilistica e dalle sue conseguenze in materia di qualità dell'aria), la logica del sistema comporta che le classi popolari siano le principali vittime di queste nocività.

Le diseguaglianze ecologiche riguardano l'accesso a risorse fondamentali come, ad esempio, acqua o fonti di energia.

Le diseguaglianze di accesso all'acqua sono antiche, ma hanno conosciuto una maggiore visibilità a partire dall'ultimo terzo del ventesimo secolo, a causa delle politiche neoliberiste di privatizzazione della sua produzione e della sua distribuzione; situazioni analoghe si osservano nel campo dell'elettricità e dello smaltimento dei rifiuti.

Anche la povertà energetica è una forma di diseguaglianza nell'accesso alle risorse; essa è definita "dall'assenza di mezzi per riscaldarsi, dall'anomala tossicità dei combustibili o delle installazioni utilizzate per produrli, che aumentano il rischio di incidenti".

Le diseguaglianze ecologiche riguardano anche l'esposizione delle popolazioni al rischio, che sia naturale o industriale: esplosione di una fabbrica, rottura di una diga, inondazione, diffusione di OGM, terremoti, epidemie e ondate di calore; a proposito di queste ultime, la categoria operaia appare sempre la più a rischio.

Le diseguaglianze ecologiche riguardano anche la diversa impronta lasciata sull'ambiente dalle diverse fasce della popolazione; parlare dell'impatto della "società in generale" sulla natura non ha molto senso.

Mentre le famiglie con un basso livello di reddito hanno un debole impatto sull'ambiente, le famiglie che dispongono di un reddito elevato hanno invece un impatto negativo più rilevante; ma che i rischi industriali siano principalmente subiti dalle classi popolari è ampiamente dimostrato.

La piantagione schiavista.

La schiavitù non è un fenomeno d'altri tempi, che la logica del capitale avrebbe definitivamente superato, ma è una delle matrici della civiltà industriale nella quale oggi ci muoviamo.

Nell'età moderna, lo stretto legame tra razza e natura si manifestò in un ecosistema particolare: la piantagione schiavista.

La piantagione è un fatto sociale totale che non lascia intatta nessuna sfera, la  natura stessa è catturata dalla sua logica visto che trarre profitto da essa è, dopotutto, il suo obiettivo.

È per questo motivo che il tipo di rapporti sociali che si sviluppa in essa condiziona ancora le nostre società: nel contesto della piantagione, la dialettica padrone-schiavo si trasforma nella dialettica padrone-schiavo-natura.

La coltivazione di cotone, per esempio, presuppone la messa in relazione di entità diverse: la stessa fibra del cotone, ma anche l'acqua, i suoli, il sole, un sistema sociale e una ideologia razzista, tecnologie di costrizione (la frusta del padrone), un contesto normativo...

Al centro di questa relazione simbiotica sta il lavoro dello schiavo: lo schiavo realizza la sintesi o la mediazione di questi diversi elementi e li mette in movimento col suo lavoro.

La piantagione era, inoltre, connessa ai mercati internazionali (in particolare ai mercati del tessile, in continua espansione nel XIX secolo); così, l'ecologia della piantagione ha lasciato la sua impronta sull'organizzazione dello spazio, nelle regioni del mondo in cui esisteva, anche molto tempo dopo l'abolizione della schiavitù.

Spesso, infatti, le industrie inquinanti si insediano nei luoghi delle vecchie piantagioni, intorno alle quali vive una popolazione a maggioranza nera.

Una delle più famose tra queste regioni, in Louisiana, si estende dalla città di Baton Rouge a New Orleans; la chiamano chemical corridor o cancer alley: in questo corridoio la percentuale di tumori e altre affezioni è più alta della media, il che si deve soprattutto alla presenza di queste industrie inquinanti.

Il cerchio si chiude: un processo iniziato con lo sfruttamento del lavoro degli schiavi, continua con lo sfruttamento della salute dei loro discendenti.

Colonialismo nucleare

I neri non sono le sole vittime, negli USA anche i nativi sono oggetto di un razzismo ambientale specifico, la cui genealogia è in parte diversa.

Nel 1830 il Congresso americano votò l'Indian Removal Act, che ordinava la deportazione dei nativi dalle loro terre d'origine verso ovest, al di là del fiume Mississipi; 10 anni dopo, a est di questa frontiera, praticamente non ne rimanevano.

Non solo i nativi vengono cacciati dalle loro terre d'origine, ma le riserve nelle quali oggi vivono, tendono sempre di più ad essere collocate nelle vicinanze di aree militari.
Si sviluppa così un "colonialismo nucleare", che vede complessi militari nucleari essere posti vicino ai territori occupati dai nativi americani, in particolare in Nevada.

Le amministrazioni americane hanno fatto il possibile, negli anni, per evitare questi disagi alle popolazioni bianche; un'inchiesta sistematica riguardante la localizzazione di questi complessi a livello nazionale non lascia dubbi: più grande la regione occupata dai nativi, maggiore la possibilità che vi si trovino delle installazioni militari.

Per queste ragioni, la risposta oggi consiste nel politicizzare la crisi; proprio come è riuscito a fare il movimento per la giustizia ambientale quando, prendendo atto che lo Stato favorisce sistematicamente le popolazioni bianche agiate nelle sue politiche di gestione dei rifiuti tossici, ha creato il concetto di razzismo ambientale, dando così origine a un potente movimento sociale.


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