Razionalità contadina: critichi un modello e fai un’azione.

tratto da "Experiencias internacionales de construcción social de la calidad en la producción agroalimentaria"; di A. Vitale e S. Sivini.



Reti alimentari alternative e reti civiche


Il consistente sviluppo di reti di relazioni tra produttori agricoli e consumatori, mira a risocializzare e ri-territorializzare il cibo, legandolo direttamente ai contesti locali.
Pratiche che si contrappongono al sistema agroalimentare dominante, promuovono la produzione e distribuzione di prodotti di qualità, ecologici, territorialmente definiti e distribuiti attraverso filiere corte. 

Esempi di queste pratiche sono: i mercati contadini; la community supported agricolture (CSA); i gruppi di acquisto solidali (GAS); i sistemi alimentari locali e sostenibili.

Queste reti sono state analizzate tanto in relazione ai cambiamenti dei modelli di consumo, quanto per la loro positiva connessione con il nuovo paradigma di sviluppo rurale territorialmente fondato e con la rivitalizzazione delle aree rurali.
Reti alimentari espressione di scelte consapevoli dei consumatori che acquistano prodotti locali, tendenzialmente biologici, e che pongono attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale delle produzioni e alla tutela della biodiversità. 

Le loro analisi fanno riferimento a concetti quali: consumo critico; consumo alternativo; consumo etico; stili alternativi di consumo. 

Queste pratiche rigettano il “patto silenzioso che chiedeva alle aziende di offrire qualità e prezzo, chiudendo un occhio su come questo poteva essere possibile", concretizzandosi in forme innovative di azione politica e sociale di azione collettiva. 

L’attenzione è posta sulle specificità e la natura dei comportamenti dei soggetti che ne fanno parte che, prima ancora che nella loro efficacia strumentale, possono essere colti nella loro dimensione simbolica e nella loro dimensione organizzativa. 

Quest’ultima è:
1) segmentata, cioè contraddistinta da diversi gruppi che crescono si esauriscono, si dividono o si fondono; 
2) policefala, senza un vero e proprio centro ed organismo destinato alla formazione delle decisioni; 
3) reticolare, cioè articolata in legami intrecciati, con la possibilità di intrattenere affiliazioni multiple e di definire collettivamente obiettivi e finalità comuni.

Il problema che si pone alla riflessione non è l'inevitabile tramonto storico delle società rurali, ma la necessità di dar conto della persistenza dei contadini e far fronte alla crescente insostenibilità economica e sociale dell'agricoltura modernizzata, che non lascia spazi di esistenza per le piccole aziende, strette tra la concentrazione industriale e l'interconnessione crescente tra industria e distribuzione. 
L’aumento costante dei costi e la riduzione dei ricavi ha spinto i piccoli produttori a ricercare soluzioni alternative. 

Il nuovo paradigma di sviluppo rurale territorialmente fondato individua, a livello micro, tre possibili processi interrelati: 
1) differenziazione (broadening), che
fa riferimento all’offerta di nuovi servizi nella logica di una multifunzionalità agricola;
2) rifondazione (regrounding), che
comporta la ridefinizione della gestione aziendale col fine di massimizzare la mobilitazione delle risorse interne;
3) valorizzazione (deeping), che
comprende le pratiche che fanno aumentare il valore aggiunto del prodotto, come la trasformazione in azienda, la produzione biologica e appunto lo sviluppo di reti alimentari alternative. 

In quest’ottica non si tratta di vendere un prodotto, quanto piuttosto di qualificarlo, internalizzando nella produzione anche significati e servizi simbolici
Le relazioni che si creano con i consumatori nell’ambito delle reti alimentari alternative, sono state dunque interpretate non come meri rapporti di mercato ma come portatrici anche di significati simbolici. 

Le specificità e le modalità di azione di alcuni agricoltori nel contesto italiano hanno permesso di identificarli come agricoltori critici
Produttori con un livello di conoscenze/competenze medio-alto, acquisito non necessariamente attraverso la formazione scolastica ma anche in esperienze lavorative e di viaggio, lavoratori che  tutelano la loro stessa salute e l’ambiente in cui operano. 
La tutela della biodiversità è conseguita anche attraverso l’introduzione e/o il recupero di varietà tradizionali ma anche di sperimentazioni di nuove colture. 
Produttori che organizzano le proprie aziende con una logica multifunzionale e che si orientano alla vendita diretta al consumatore.
Tendenzialmente fanno uso dei social network e delle tecnologie informatiche.
Tendono a diversificare la produzione per poter offrire una scelta più ampia al consumatore. 
Sono attenti al rispetto delle condizioni lavorative di eventuali dipendenti e considerano il proprio lavoro non come un semplice fattore di produzione da quantificare e razionalizzare in vista del conseguimento del massimo profitto, quanto piuttosto come espressione di sé. 
Sono soggetti che, attraverso un agire collettivo creano nuove infrastrutture che si danno nella forma di reti, tra loro e con i consumatori attraverso cui scambiano informazioni e servizi, oltre che prodotti. 
Sono, tendenzialmente, soggetti che agiscono non soltanto come produttori agricoli ma anche come cittadini coinvolti in movimenti di tutela ambientale, in attività sociali, con migranti e soggetti svantaggiati, che investono nel futuro per l’affermazione di una democrazia alimentare.

La partecipazione alle reti alimentari alternative, se da un lato consente ai produttori critici di far fronte alla crescente insostenibilità economica e sociale dell’agricoltura modernizzata, permette altresì di realizzare iniziative e attività innovative che, saldandosi con le esigenze dei consumatori, si alimentano degli stimoli che ricevono da essi e dai processi di sviluppo rurale basati su risocializzazione e riterritorializzazione del cibo.
Negli ultimi anni il ruolo della società civile e delle comunità locali è diventato un focus importante nelle analisi delle trasformazioni che hanno interessato le reti alimentari. 

In particolare, è stata sviluppata la categoria di reti civiche (Civil Food Network) come tentativo di dar conto di quello che alcuni autori leggono come nuova forma di interazione fra produttori e consumatori.
Essa trova origine nelle pratiche di cittadinanza attiva che si sviluppano intorno al cibo ed è specificata dal nuovo ruolo proattivo del consumatore. 
Si assume che l’emergere di questi fenomeni segni una modificazione nei rapporti fra le reti alimentari ed i meccanismi politici ed economici della governance alimentare, intervenendo nel senso della loro trasformazione.
Con l’intento dichiarato di innovare gli approcci esistenti, vengono costruiti: il concetto di "Civil Food Network", la categoria di “democrazia alimentare”, il concetto di “cittadinanza alimentare”, e per finire, il termine "sovranità alimentare".
L’effetto è quello di ridefinire le relazioni fra produttori e consumatori, trasformando la natura del sistema agro-alimentare.
Nelle società contemporanee infatti, il conflitto si moltiplica e si articola nella vita quotidiana, investendo i molteplici campi dell’esistenza individuale ed esprimendosi nella pratica di nuovi stili di vita.

L’impegno civico a fronte del quale vengono definite sia le reti alternative che quelle civiche è quindi la manifestazione visibile di una capacità di resistenza e di opposizione già intessuta nell’esperire quotidiano di comportamenti "altri" alternativi, appunto. 
Alla razionalità sottesa al sistema dominante, dove il ‘successo’ di un hub dipende dalla sua capacità competitiva di accumulare ed appropriare risorse e legami per rafforzare la sua posizione, viene contrapposta la possibilità di controllare la ricchezza sociale prodotta all’interno della rete, e di dirigerla verso finalità sociali improntate all’eticità collettivamente praticata, intensificando i legami interni ed allargando la cooperazione con altri soggetti.
Queste strategie sono agite consapevolmente non solo come tentativo di sottrazione alle logiche del modello dominante, ma come produzione di legami sociali alternativi, sperimentati in parallelo ed in autonomia

La separatezza emerge anche dall’elaborazione simbolica ed espressiva creata all’interno della rete, con la quale viene rappresentato, a sé ed agli altri, il senso della propria azione rispetto alla razionalità dominante nell’agrifood. 

Quando la spinta proviene dai produttori, la chiusura della filiera diventa garanzia della propria esistenza, pertanto l’attenzione alla dimensione valoriale si accompagna ad una stringente attenzione anche alla dimensione della sostenibilità economica.
Il rapporto fra produttori e consumatori, infatti, definisce solo le condizioni di esistenza della rete alimentare. 
È la chiusura della filiera, attraverso l’internalizzazione di tutti i passaggi, a permettere agli attori di avere un controllo collettivo sulle condizioni di riproduzione. 
Quello che ci sembra rilevante evidenziare è che la chiusura della filiera tende a costituire un dispositivo d’insieme territorializzato. 
L’effetto sembra essere la capacità della rete alimentare, così operante, di innescare innovativi processi di sviluppo endogeno e sostenibile.
La ricerca evidenzia l’importanza di ricomporre, in un unico circuito, le sfere che il sistema dominante separa (produzione, trasformazione, commercializzazione e consumo). 


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