Un’etica di Partnership porterebbe gli umani e la natura non-umana entro una relazione reciproca, bilanciata in modo dinamico e più equa.

tratto da "Partnership"; di Carolyn Merchant.


Partnerships ambientali

Un’etica di partnership afferma che il bene più grande per le comunità di esseri umani e non-umani consiste in una vitale e reciproca interdipendenza.

Come nella visione nativo-americana di un sacro fascio di legami e vincoli, un’etica di partnership è basata sulle idee di relazione e di dovere reciproco.  

Come i partners umani, la terra e l’umanità comunicano l’una con l’altra.

Nel discorso delle comunità ambientali, la parola partnership sta attraversando un periodo di rinascita. 

Presso comunità locali, agenzie governative, corporazioni e organizzazioni ambientali, si stanno formando con successo delle partnership ambientali, focalizzate sulla politica risolutiva dei conflitti che riguardano le tematiche locali. 

Alberi, fiumi, specie minacciate, gruppi tribali, coalizioni di minoranza e cittadini attivisti trovano tutti rappresentanza, assieme all’impresa, nel tavolo delle negoziazioni. 

Un procedimento di partnership offre un nuovo approccio collaborativo.

Ugualmente innovativa è l’idea che la parola partner si riferisca non solo alle entità sociali e alle istituzioni, ma anche agli individui e persino alle entità naturali.

Si potrebbero annoverare tra i partners familiari con status legale non solo le coppie sposate, ma anche le relazioni stabili tra uomini e donne, donne e donne o uomini e uomini. 

Una partnership etica potrebbe offrire le linee guida per muoversi oltre la retorica di conflitto ambientale e verso un discorso di cooperazione. 

Ma il termine partner può essere inoltre usato per rappresentare lo zanzariere, il salmone argentato o i grizzly e le farfalle Euphydryas editha. 

La natura non umana può, in effetti, essere essa stessa il nostro partner.

Propongo cinque principi per la comunità umana in una partnership sostenibile con la comunità non umana:

1) Uguaglianza tra le comunità umane e non-umane; 
2) Considerazione morale sia per gli umani che per le altre specie;
3) Rispetto sia per la diversità culturale che per la biodiversità;
4) Inclusione delle donne, delle minoranze e della natura non-umana nel codice di responsabilità etica;
5) Un’amministrazione ecologicamente profonda, coerente con lo stabile benessere delle comunità di umani e non umani.

Un’etica di partnership comporta una relazione possibile tra una comunità umana e una comunità non-umana in un luogo particolare, un luogo in cui le connessioni con il mondo più esteso sono riconosciute attraverso scambi economici ed ecologici. 

È un’etica in cui gli umani agiscono per adempiere sia i bisogni vitali dell’umanità che i bisogni della natura, restringendo la presunzione umana. 

"La giustizia ambientale richiede il diritto di partecipare come partners eguali a ogni grado decisionale”. 

Guidati da un’etica di partnership, gli esseri umani selezioneranno le tecnologie che sostengono l’ambiente naturale diventando non dominatori, bensì co-operatori e partners della natura non umana.

Per buona parte della storia umana, la natura ha avuto il sopravvento sugli esseri umani e gli umani hanno fatalmente accettato il ruolo giocato dalla natura. 

Gli umani hanno vissuto alla mercé dei temporali, dei periodi di siccità, delle gelate e delle carestie che venivano dalla Natura. 

Hanno accettato il fato mentre propiziavano la natura con doni, sacrifici e preghiere (spesso entro relazioni umane gerarchiche). 

Raccolti, carestie e periodi di siccità erano considerati il mezzo con cui Dio, o il Grande Spirito, ammoniva gli esseri umani che si erano allontanati da un modo di agire etico. 

Solo negli ultimi secoli le tecnologie e le attitudini di dominio derivate dalla Rivoluzione Scientifica hanno invertito i ruoli, mettendo gli umani in grado di minacciare la natura con la deforestazione e la desertificazione, l’inquinamento chimico, la distruzione degli habitat e delle specie, la pioggia radioattiva e l’esaurimento dell’ozono. 

Dal diciassettesimo secolo la cultura occidentale ha sviluppato l’idea che gli umani siano più potenti della natura e che gli euroamericani abbiano gli strumenti per dominarla, controllarla e gestirla. 

Alcuni gruppi di persone hanno acquisito un potere notevole sulla natura e su altri gruppi umani usando le forze interconnesse della scienza, della politica e della religione.

Attraverso la scienza meccanicistica, la tecnologia, il capitalismo e la presunzione baconiana che il genere umano debba acquisire il dominio sull’universo intero, l’umanità ha accresciuto la propria capacità di distruggere la natura, come noi sappiamo. 

Nel sistema meccanico della fisica classica la natura è stata ridotta a passiva e inerte, soggetta a prevedibilità e controllo attraverso equazioni differenziali lineari. 

Entro tale sistema, ponti sospesi, tunnels e grattacieli diventano trionfi dell’ingegneria perché i sistemi meccanici sono considerati chiusi, definiti nello spazio e soggetti alle leggi classiche della statica e della dinamica di equilibrio.

Alla fine del ventesimo secolo la crisi ambientale e gli sviluppi postmoderni della scienza e della filosofia hanno messo in questione l’efficacia della visione meccanicistica del mondo, l’idea illuminista di progresso e la morale dello sviluppo incontrollato come mezzi per dominare la natura. 

I sistemi ecologico e meccanico sono vulnerabili di fronte alle forze caotiche create da condizioni meteorologiche inusuali o eventi geologici sorti al di fuori del sistema.

Se, in quanto umani, poniamo noi stessi al di sopra della natura, ci convinciamo che possiamo controllare i raccolti agricoli, le foreste e la pesca secondo le curve logistiche e il massimo o ottimale livello di raccolto raggiunto. 

Noi abbiamo bisogno di riportare il pendolo in equilibrio così che ci sia maggiore uguaglianza tra le comunità umane e non umane.

Etica di partnership

Un’ etica di partnership è una sintesi tra un approccio ecologico basato sulla considerazione morale per tutte le cose viventi e non, e un approccio umano-centrico (o omocentrico) basato sul bene sociale e l’adempimento dei bisogni umani fondamentali. 

Tutti gli umani hanno bisogno di cibo, vestiti, riparo ed energia, ma la natura ha un eguale diritto a sopravvivere. 

La nuova etica interroga la nozione di mercato senza regole, criticando severamente un’etica egocentrica – ciò che è bene per l’individuo è un bene per la società – e propone invece una partnership tra la natura non-umana e la comunità umana.

Gli umani, in quanto portatori di etica, dovrebbero riconoscere la natura non-umana come un agente autonomo, che non può essere predetto o controllato, fatta eccezione per ambiti molto limitati. 

Dovremmo anche ammettere di avere il potenziale di distruggere la vita, giacché ne siamo attualmente in grado con il nucleare, i pesticidi, i prodotti chimici tossici e lo sviluppo economico incontrollato, e dovremmo agire per esercitare restrizioni specifiche di questa capacità. 

Dovremmo smettere di creare profitto per pochi a spese dei molti. 

Dovremmo invece organizzare le nostre forze politiche ed economiche per soddisfare i vitali bisogni di cibo, vestiario, riparo ed energia e provvedere alla sicurezza della salute, del lavoro, dell’educazione, dei figli e degli anziani. 

Lasciamo alcuni fiumi allo stato selvaggio e libero, e lasciamo che alcune pianure detritiche rimangano delle paludi, usandone altre per soddisfare i bisogni umani. 

Limitiamo l’estensione dello sviluppo, lasciamo degli spazi liberi, piantiamo vegetazione resistente al fuoco e usiamo i tetti di tegole piuttosto che tetti infiammabili. 

Se tagliare le foreste tropicali e temperate a lenta crescita crea problemi sia all’ambiente globale che alle comunità locali, ma non possiamo prevedere adeguatamente gli esiti o gli effetti di quei cambiamenti, abbiamo bisogno di condurre delle negoziazioni di partnership in cui la natura non-umana e le persone coinvolte siano equamente rappresentate.

Un’etica di partnership rende visibili le connessioni tra le persone e l’ambiente, in uno sforzo per trovare nuove forme culturali ed economiche che possano soddisfare i bisogni vitali, provvedere alla sicurezza e innalzare la qualità della vita senza degradare l’ambiente locale e globale. 

Un’etica di partnership va oltre la morale antropocentrica ed egocentrica, in cui il bene della comunità umana prevale sul bene della comunità biotica, in direzione di una nuova etica che implica il bene delle comunità umane e più-che-umane. 

Anziché considerare la natura come una macchina che deve essere manipolata, come una risorsa da sfruttare o come un oggetto di studio e trasformazione, essa diviene un soggetto. 

Sia la natura che gli umani avranno una voce ed entrambe le voci saranno ascoltate.

La scienza postmoderna ricostruisce la relazione tra umani e natura. 

Mentre la scienza meccanicistica presume che la natura sia divisa in diverse parti e che i cambiamenti provengano da forze esterne (il modello della palla da biliardo), l’ecologia enfatizza l’idea della natura intesa come un cambiamento e processo continuo. 

Ogni comunità umana intesse una relazione, mutevole e in evoluzione, con la comunità non umana locale, ma è anche connessa all’ordine ambientale e umano globale. 

Ogni istanza etica è storica, contestuale e situazionale, ma localizzata entro un più ampio sistema, economico e ambientale. 

Partnership e narrazione

Adottare un’etica di partnership comporta la creazione di una nuova narrazione, o di una serie di narrazioni del ruolo dell’essere umano nella storia e in natura. 

Come i nostri simili nei secoli precedenti, noi viviamo le nostre esistenze come personaggi nella grande narrazione entro cui siamo stati inseriti da bambini e a cui ci conformiamo da adulti. 

Quella narrazione è spesso la storia raccontata dalla società dominante, di cui facciamo parte. 

Noi interiorizziamo la narrazione come ideologia, una storia che è raccontata dalle persone al potere. 

Una volta che identifichiamo l’ideologia come una storia – potente e irrefutabile, ma pur sempre solo una storia – noi realizziamo che riscrivendola, possiamo cominciare a sfidare le strutture del potere: riconosciamo così che tutte le storie possono e "dovrebbero" essere contestate.

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