Ecologia Integrale: una radicale riconversione!

tratto da "Testi dell’Agenda Latinoamericana mondiale".


Era il 1516, circa 500 anni fa, quando Tommaso Moro espresse un sogno, una realtà possibile ma forse irraggiungibile.

Un orizzonte sempre nuovo che da allora ci pungola a rimetterci in marcia; Moro lo chiamò Utopia: una parola che nel corso dei secoli si è riempita di significati e speranze.

Ci chiediamo se sia utopia credere che ce la faremo a superare il disastro ecologico che le ultime generazioni hanno creato e di cui noi stessi siamo oggi parte attiva. 

O forse il termine utopia agisce più profondamente, interrogandoci sulla prospettiva che oggi può animarci, verso un percorso di Ecologia Integrale contrapposto all’esasperata visione antropocentrica che la cultura occidentale ha nutrito e che è all’origine del comportamento predatorio dell’essere umano rispetto al mondo naturale.

Il tema dell’Ecologia Integrale invita ad acquisire quella forma nuova di pensiero necessaria oggi per convivere fraternamente col pianeta Terra e tentare di invertire, o perlomeno frenare, il cambiamento climatico in atto.

È, veramente, "adesso o mai più". 

Che sia in atto un processo di riscaldamento planetario a grande scala, praticamente nessuno lo mette più in dubbio e sono in tanti ormai a ritenere che non sia più possibile evitare la catastrofe ma si possa soltanto ridurne la portata. 

Siamo diventati la più implacabile macchina di distruzione del pianeta e procediamo a un ritmo tale da dar vita, secondo gli scienziati, addirittura a una nuova era geologica, l’Antropocene, caratterizzata proprio dall’impatto senza precedenti dell’azione umana sull’ambiente terrestre, in un sempre più drammatico stravolgimento degli equilibri naturali. 

Si tratta, ci dicono, dell’avvio della sesta estinzione di massa delle specie viventi, diversa da tutte le altre che l’hanno preceduta, per il fatto che a provocarla è esattamente una specie, l’Homo che immeritatamente viene chiamato sapiens. 

Di fronte all’immane pericolo che ci sovrasta, non basta neppure la semplice misura concreta, pur indispensabile, a favore di questo o quell’ecosistema.

Serve una nuova visione in grado di superare le "smodate ed egocentriche ambizioni" di una specie che si è autoproclamata diversa, superiore e padrona, anziché sentirsi imparentata con tutti gli esseri viventi, membri di una un’unica famiglia, di un medesimo corpo vivo: dai primi batteri comparsi sulla terra passando per i dinosauri e arrivando fino a noi; fatti degli stessi elementi chimici, della stessa materia vivente. 

Una specie che ha guardato al resto della Natura come a un mero deposito di risorse materiali, valide solo nella misura in cui sono al servizio dello sviluppo economico, anziché vederla per quello che realmente è: la placenta che ci ha generato, il nostro ambito di appartenenza, la Casa Comune da cui ci stiamo autoesiliando a partire da un certo punto del nostro passato.

Serve una presa di coscienza ecologica con la quale trasformare e riconvertire tutto: stili di vita, sistema energetico e di produzione, pensiero e anche religiosità; in direzione di una spiritualità eco centrata, libera da quella millenaria alienazione per la quale ci siamo sentiti più figli del cielo che della Terra. 

Serve, insomma, un nuovo modo di intendere il mondo, la materia, la vita e noi stessi come parte dell' universo: "siamo il risultato, la somma di conquiste che la Comunità della Vita su questo pianeta è andata faticosamente realizzando nel corso di vari miliardi di anni".

L’umanità riceve dalla natura stessa, dal cosmo, la sua "forza trasformatrice ed evolutiva".

Certo, attuare la colossale riconversione sociopolitica, economica e produttiva di cui c’è bisogno è estremamente difficile.

Ma, forse, è proprio quel passaggio straordinario dell’evoluzione, che è il sorgere della coscienza umana originata nell’insieme di quanti e particelle subatomiche che fanno di noi quello che siamo, ad accomunarci ad ogni altro elemento dell’universo.

Ci accomuna in quella sensazione soggettiva della coscienza di noi stessi e di ciò che ci circonda, nella consapevolezza di «essere natura, di essere parte integrante della natura in una delle sue innumerevoli e svariatissime espressioni».

È insomma, proprio nella nostra natura di esseri coscienti, che potremo trovare la spinta ad avviare quella rivoluzione culturale ed ecologica che sembra essere l’unica via d’uscita. 

Per aprire così una nuova era del pianeta, l’ "era Ecozoica", in cui la vita umana diventerà un elemento integrante della natura di cui è parte, anziché un fattore dominante e distruttivo. 

Un' era in cui la dimensione ecologica apparirà come il contesto più ampio nel quale troveranno posto tutte le esperienze degli esseri umani, finalmente «cosmocentrati, con i piedi per terra e le radici nella Vita». 

Finalmente consapevoli di non essere i signori della Terra, ma «parte della catena della vita che essa protegge» e mai i suoi padroni.

Perché una cosa è certa: o riusciremo a dare inizio a una nuova civiltà, la civiltà della sobrietà condivisa e del Ben Vivere in armonia con la Madre Terra, o non ci rimarrà che sperare che almeno qualcuno dei 10 miliardi di trilioni di pianeti, che si presume siano contenuti nei 10 miliardi di galassie dell’universo, ospitino inquilini più coscienti e intelligenti di noi.

Cesseremo di distruggere la natura – e di autodistruggerci – solamente quando adotteremo una nuova visione, che ci renda coscienti del nostro carattere pienamente e orgogliosamente naturale.

La sfida è più urgente che mai; la riduzione dei gas a effetto serra, che deve essere avviata per non sorpassare il limite dei 2°C alla fine del secolo, è di tale ampiezza che sembra irrealizzabile. 

In effetti, per mantenerci entro questo limite i Paesi sviluppati dovranno ridurre le loro emissioni del 70% (o dell’85% se si facessero carico della propria responsabilità storica!) prima del 2050… 

Ma i dati attuali affermano che di questo passo già nel 2030, dietro l’angolo, avremo emesso tutto il gas serra «messo in preventivo» per il 2050.

Ci troviamo forse in un vicolo cieco, aspettando di programmare un nuovo vertice in cui riconosceremo che stiamo molto peggio? 

Sarà ormai troppo tardi?

Benché la coscienza ecologica continui a crescere a livello mondiale, possiamo altresì affermare che non c’è volontà politica nei governi dei Paesi più ricchi.

Si potrebbe dire che, per la maggior parte, continuino ad essere debitori della vecchia visione, quella che ha causato il problema, la quale tuttavia è ancora lì, in azione e al comando. 

Se continueremo a vedere il mondo attraverso quella vecchia visione, non abbandoneremo questa comoda e suicida abitudine di depredare la natura per un’idolatrata presunta "crescita economica".

Serve una «conversione ecologica» che unisca il livello sociale e quello politico, il livello culturale e quello personale: tutte le dimensioni della realtà, interpenetrate e articolate.

È necessario unirsi a questo clamore mondiale, crescente, benché ancora insufficiente. 

Unirsi al grido di quei Paesi che sono già sotto la morsa degli effetti del riscaldamento globale, con migliaia di rifugiati climatici: "il grido della terra all’unisono con il grido dei poveri!"

Unirsi anche al clamore delle foreste mutilate, dei boschi riarsi, dei fiumi inquinati, delle montagne scavate, degli animali messi alle strette in un habitat invaso, delle specie in estinzione… come conseguenza delle smodate ed egocentriche ambizioni di una specie che si è autoproclamata superiore e padrona, e che guarda al resto della Natura come a una semplice dispensa di "risorse naturali al servizio dello sviluppo economico".

La conversione ecologica è urgente! 

Così come è urgente scoprire che: una "modalità sorpassata di guardare al mondo", ci sta portando al disastro e all’ecocidio, in definitiva al suicidio.

Se manterremo la vecchia visione riduzionista, dualista, antropocentrica, utilitarista, disincantata e ignara delle dimensioni profonde della complessità, continueremo a depredare la natura e a distruggere il nostro habitat. 

È soprattutto una questione di visione, di idee, di cambio di paradigma, di un nuovo modo di intendere il mondo, la vita e noi stessi, come parte di un "tutto".

A partire da questa nuova visione di ecologia integrale, dai suoi nuovi presupposti, nasce la necessità di riconvertire tutto: la società, l’economia, il sistema energetico, il sistema di produzione, il concetto di sviluppo, l’educazione, i nostri stili di vita, il pensiero e la spiritualità…

Puntiamo sulla necessità di una radicale riconversione secondo la prospettiva di una ecologia integrale. 

Il compito è urgente. 
La causa, nobile. 
Il lavoro, arduo. 

E forse, dopo la COP26, è anche l’ultima opportunità di salvare la vita del Pianeta così come la conosciamo oggi. 

Ne vale la pena. 
Mettiamoci all’opera.

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