È impossibile annientare il capitalismo senza attaccare la struttura imperiale, nazionalista e patriarcale che lo ha forgiato.
tratto da "Dall’ecologia politica
attraverso il Capitalocene: per una società ecologica"; di G. Piras.
Cambiamento climatico capitalogenico
La denuncia delle influenze antropiche sugli equilibri e le funzioni del sistema-terra, iniziata con lo Scambio Colombiano, o con la Grande Accelerazione del dopoguerra, ha reso necessaria la concettualizzazione di una nuova era geologica: l'“Antropocene”.
Antropocene però, sostiene il sociologo dell’ambiente Jason W. Moore, è “un concetto che oscura molto più di quanto illumini”: illumina gli effetti e lascia in ombra le cause.
“Il cambiamento climatico" – sostiene Moore – "non è il risultato dell’azione umana in astratto – anthropos – bensì la conseguenza più evidente di secoli di dominio del capitale".
Due sono i concetti chiave dell’analisi di Moore sul capitalismo: la "natura a buon mercato" (i quattro fattori a buon mercato) e il "cambiamento qualitativo" che l’ha prodotta.
I quattro fattori a buon mercato (natura a buon mercato): forza lavoro, cibo, energia e materie prime, sono risorse indispensabili all’accumulazione capitalistica.
Qui si misura l’epicentro della contraddizione di questo modello nonché i suoi limiti.
Infatti, per esistere, i quattro fattori a buon mercato necessitano dell’esistenza di "lavoro non retribuito" (umano ed extraumano) e di un "continuo processo di sfruttamento e appropriazione" (di terre, di materie prime, di forza lavoro e di energia).
Il lavoro non retribuito comprende sia la vita umana che quella extraumana: donne, natura e colonie.
Queste nuove frontiere di lavoro non retribuito devono essere prima identificate e poi incanalate al servizio dell’accumulazione di capitale.
Moore individua nel 1450 quello che chiama il cambiamento qualitativo, ovvero la "transizione dal controllo della terra, come modalità diretta dell’appropriazione del surplus, a un controllo della terra come condizione per l’aumento della produttività del lavoro, inserita nella produzione delle merci e derrate”.
In altre parole, si passa da una produzione orientata alla semplice accumulazione (surplus) ad una orientata alla massimizzazione della produzione (a parità di tempi e a costi minori aumenta la produzione).
Il limite si manifesta oggi nel "rallentamento dell’appropriazione della natura a buon mercato" (cioè i quattro fattori di cui sopra) da parte del sistema capitalista.
L'ecologia sociale di Murray Bookchin
Per agire sulle cause e cambiarne gli effetti è necessaria una nuova riconfigurazione della società in chiave "ecologica".
In linea con quanto affermato ampiamente da Moore, per Bookchin, filosofo libertario, la società non può essere considerata come aliena rispetto alla natura.
Una concezione così antiumanistica serve a spalancare le porte a tutte le forze anti-ecologiche che riducono il mondo naturale ad una semplice “riserva di risorse”, (definizione che rimanda alla concettualizzazione della “natura a buon mercato” di cui sopra).
Bookchin mette però in guardia dal dissolvere la società nella natura, in quanto ciò legittimerebbe la ricerca di soluzioni in fattori genetici o irrazionali, alimentando atteggiamenti misantropi (tipici dei primi movimenti ambientalisti).
La contaminazione dei rapporti sociali da parte del sistema neoliberale-capitalista, secondo Bookchin, ha origine nelle forme gerarchiche.
L’evoluzione storica delle relazioni umane è avvenuta nel solco del distacco con la natura in quanto ambiente esterno (risorse appunto).
Le costruzioni gerarchiche si fondano sul presunto dominio sulla natura, proiezione dei nostri sistemi di controllo sociale altamente strutturati sulle forme comportamentali proprie delle comunità animali, individualistiche e asimmetriche.
Il compito di ribaltare le costruzioni gerarchiche è individuato da Bookchin nelle "donne come gruppo sociale subalterno".
La lotta emancipatoria di quello che è conosciuto come "ecofemminismo", potrebbe ribaltare questa logica gerarchica, fermo restando che il problema non è solo di genere, ma riguarda il dominio dell’uomo sull’uomo in generale.
Il tema dell’emancipazione femminile è centrale per Bookchin tanto quanto lo è per Moore (quando parla del lavoro non retribuito).
Una società ecologica, quindi, non potrà rimuovere il dominio sul mondo naturale se prima non riuscirà a rimuovere il potere coercitivo dell’uomo sull’uomo.
La società ecologica immaginata da Bookchin è una comunità in cui, grazie alla razionalità dell’intervento umano, la natura acquisisce maggiore intenzionalità e il potere di sviluppare forme di vita complesse e una più sofisticata capacità di autodifferenziarsi.
Questa razionalità umana si esprime nelle innovazioni tecnologiche come l’agricoltura organica, l’acquacoltura, l’energia solare ed eolica.
Il rischio però è quello di cedere ad una mentalità "ecotecnica" per l’elaborazione di tecnologie ritenute appropriate.
Si rende quindi necessaria una costruzione "etica" dell’ecologia, attraverso i principi libertari e di autogestione.
Entità (territoriali) in cui la governance è rappresentata da un’autentica democrazia diretta, nella quale i cittadini non si esprimono come rappresentanti di interessi particolari, ma come espressioni di un interesse generale, di un interesse umano.
"Una comunità ecologica attuerebbe la municipalizzazione della propria economia, unendosi ad altre municipalità in modo da integrare le proprie risorse in un sistema federativo su base regionale”.
Una democrazia senza Stato: confederalismo democrativo del Rojava.
Alla fine del secondo conflitto mondiale, i paesi vincitori smembrarono e riconfigurarono i confini geografici del Medio Oriente.
Il popolo curdo si ritrovò diviso in quattro stati: Turchia, Siria, Iraq, Iran.
Da quel momento in poi, ogni tentativo di riunirsi è stato represso in maniera coercitiva o schiacciato dal peso di conflitti internazionali.
La svolta si ha nel 1978, quando viene formato il "Partito dei Lavoratori Curdi (PKK)" per volontà di Abdullah Öcalan.
Il PKK nasce per legittimare i diritti del popolo curdo.
Un partito orientato verso valori maoisti e leninisti, in linea con quel Terzo Mondo che cercava il suo ruolo e il suo spazio (anche e soprattutto geografico) tra i due grandi blocchi che divisero il mondo intero nel secondo dopoguerra.
L’obiettivo era quindi la creazione di uno Stato-nazione indipendente e curdo.
Öcalan venne arrestato nel 1999 e, dopo essere stato processato a Istanbul, venne condannato a morte.
In seguito, data la candidatura della Turchia a membro dell’Unione Europea, si vide tramutata la pena in isolamento perpetuo sull’isola di Imrali, nel mar Marmara.
In isolamento Öcalan condusse vari studi, redigendo la storia del Medio Oriente in chiave post-coloniale, riconfigurando il progetto politico del PKK e scoprendo le teorie libertarie e municipaliste di Bookchin.
L’aspirazione del PKK si spostò così dalla ricerca dell’indipendenza nazionale alla costruzione di una democrazia senza stato, che prenderà il nome di "confederalismo democratico".
In un manifesto scritto in carcere nel 2011, "Confederalismo democratico", Öcalan riformula le proprie aspirazioni rivoluzionarie nei termini di un’autonomia regionale che prende le distanze dall’idea di un potere statale.
I tre pilastri sui quali Öcalan costruisce la sua dottrina sono: femminismo, confederalismo ed ecologia.
Dall’unione delle tre città autonome Afrin, Cizire e Kobane nasce il Rojava.
Il nodo principale è la decostruzione dell’ideologia statuale, nelle forme e nelle strutture capitaliste che conosciamo oggi.
Per Öcalan diventa impossibile annientare il capitalismo senza attaccare la struttura imperiale, nazionalista e patriarcale che lo ha forgiato.
“La crisi del sistema finanziario è una conseguenza inerente allo Stato-nazione capitalista.
Tuttavia, tutti gli sforzi neoliberali di cambiare lo Stato-nazione sono falliti.
Il Medio Oriente ne offre esempi istruttivi”.
Nella decostruzione dello Stato, si affronta il problema del dominio inteso con la stessa accezione di Bookchin (dell’uomo sull’uomo) e, come il filosofo, anche Öcalan vede nel femminismo e quindi nell’emancipazione della donna, la soluzione.
“Senza la repressione delle donne, la repressione dell’intera società non è concepibile.
Il sessismo all’interno della società dello Stato-nazione, mentre da un lato dà agli uomini il massimo potere, dall’altro, per mezzo della donna, trasforma la società nella peggiore delle colonie".
Quindi "la donna è la nazione colonizzata della società storica", che ha raggiunto il punto più basso entro lo Stato-nazione.
Detto in modo più netto ed esplicito: "il capitalismo e lo Stato-nazione sono il monopolio dell’uomo dispotico e sfruttatore”.
Senza troppe forzature è interessante accostare l’immagine, che Öcalan offre, della donna come colonia, alla questione della frontiera di appropriazione della natura a buon mercato di Moore.
L’altro elemento dirimente per questa riflessione riguarda l’autonomia dei corpi sociali.
Federalismo e autogoverno, non dovrebbero essere intesi come livelli gerarchici dell’amministrazione dello Stato-nazione, ma piuttosto come "strumenti centrali dell’espressione e della partecipazione sociale".
"Questo a sua volta farà crescere la politicizzazione della società [qui ricorda Bookchin quando definisce il processo rivoluzionario come processo educativo] per questo non servono grandi teorie, quello che serve è la volontà di dare voce ai bisogni sociali, rafforzando strutturalmente l’autonomia degli attori sociali e creando le condizioni per l’organizzazione della società nel suo complesso”.
Per Öcalan la forma del confederalismo democratico è l’unica antitesi possibile non solo per superare l’oppressione dello stato nazione, ma anche per rispettare i principi di una morale ecologica che sappia tutelare l’innata capacità delle nature extra-umane di evolversi in forme e dimensioni sempre diverse.
Questa visione di una società ecologicamente orientata, ricorda molto l’approccio (relazionale e non dicotomico) dell’ecologia-mondo di Jason W. Moore.
Il progetto di Öcalan non si limita alla configurazione di un progetto politico per i kurdi, ma guarda oltre.
In opposizione al United Nations come associazione di stati nazione sotto la leadership delle superpotenze è necessario, per Öcalan, riunire insieme le comunità ad ampio raggio in un "World Democratic Confederal Union", se vogliamo un mondo più sicuro, pacifico, ecologico e giusto.
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