tratto da "Alla ricerca di modelli innovativi di produzione-consumo"; di F. Di Iacovo, G.Brunori e S. Innocenti.
https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/32/le-strategie-urbane-il-piano-del-cibo
Negli anni recenti, intorno al cibo, si è sviluppato un dibattito sempre più ampio e approfondito.
In parallelo è cresciuta la consapevolezza degli elementi di crisi che il sistema agro-alimentare affronta.
Economia, ambiente, dinamiche di popolazione sono temi che, sul cibo, stimolano il confronto tra idee diverse che vanno da una nuova rivoluzione tecnologica volta a sostenere percorsi di intensificazione produttiva, al dibattito sulle possibili produzioni post-carbon.
La complessità, l’incertezza e la delicatezza dei temi legati al cibo, ha stimolato l’emergere di quelli che in letteratura sono noti come “alternative food networks” la cui azione è volta a riacquisire un controllo più diretto sul cibo e sulle sue molteplici implicazioni.
I movimenti attivi sul cibo hanno arricchito, con il loro contributo, le visioni sul tema, canalizzando le attenzioni di un numero sempre più ampio di interlocutori verso la gestione di nuove pratiche di incontro tra produzione e consumo (Gas, Csa, filiere corte nelle diverse forme di mercato).
L’emergere e il rafforzarsi di pratiche innovative sul cibo ha finito per generare punti di vista diversi rispetto ad una pluralità di aspetti, come il valore della località e le connessioni globali, la diversità tra processi artigianali e industriali, tra approcci produttivi ecologici e quelli di progressiva ingegnerizzazione e tecnologizzazione del cibo, il divario esistente tra prezzo giusto per i produttori e accessibilità al consumo per ceti di consumatori progressivamente impoveriti.
Nei fatti, il confronto sul tema del cibo estende la percezione dei cittadini alle problematiche connesse al tema del cibo, ne accresce la capacità di concepire nuovi stili di condotta (nella produzione trasformazione, trasporto, consumo) come acquirenti o come produttori, fino a favorire l’adozione di comportamenti nuovi come consumatori o co-produttori.
La ricerca di nuove egemonie sul cibo
Il cibo lega in modo stretto le persone, la vita delle comunità, la gestione dei processi produttivi e di creazione di valore, con la salute e la qualità della vita, l’interazione con le risorse naturali, con la terra e la biodiversità, la loro gestione e salvaguardia, la gestione e la produzione di rifiuti, la salvaguardia dell’aria e dell’acqua.
Nonostante la produzione del cibo avvenga, prevalentemente, in campagna, è in città che il tema si carica di significati vecchi e nuovi, genera contraddizioni e processi di innovazione, anche radicali.
In questa prospettiva si moltiplicano le iniziative di città che si dotano di politiche organiche rispetto al cibo, cimentandosi in processi di complessa e nuova pianificazione delle scelte che a questo argomento, direttamente o indirettamente, si legano.
Peraltro il modo in cui le città sono organizzate condiziona i comportamenti dei cittadini sul tema, e, parimenti, la modifica e l’innovazione dell’organizzazione urbana si riflette sui comportamenti di consumo.
Fino ad oggi, e a partire dagli anni ’60, si è assistito ad un fenomeno per il quale le città hanno progressivamente accresciuto la loro disattenzione nei confronti della gestione del cibo, demandando a questo scopo, da una parte, le politiche agricole comunitarie nella regolazione dei rapporti con il sistema della produzione primaria e, dall’altra, le politiche di vendita delle strutture distributive.
In questa logica, le politiche di approvvigionamento del cibo sono state date per scontate, i centri della distribuzione alimentare hanno, di fatto, gestito il rapporto con il consumo, mentre, da parte pubblica, le politiche educative e sanitarie hanno cercato di contenere i problemi derivanti da un rapporto tutto privato tra sistema delle imprese (interessato alla vendita più che all’efficienza di sistema) e i consumatori spesso poco protetti di fronte alle lusinghe commerciali.
L’esito di questo tipo di relazioni mostra contraddizioni evidenti, in termini di:
salute delle persone
con la crescita dell'obesità e dei disturbi della condotta alimentare;
consumo ambientale
con produzioni che richiedono grande consumo di risorse naturali –energia, acqua, sostanza organica- tramite sistemi distributivi e di approvvigionamento che esitano spesso in fenomeni di evidente spreco;
equità sociale
nell’accesso al cibo, ma anche in termini di correttezza nei luoghi della produzione sottoposti a fenomeni competitivi che si riversano in modo sempre più frequente sulla compressione dei diritti dei lavoratori.
Una strategia per il cibo che generi elementi utili di innovazione si mostra invece in grado di operare su tre livelli:
ridefinendo nuova conoscenza rispetto ai temi legati al cibo, ai nodi e alle problematiche emergenti, al modo con cui consumatori, cittadini, amministratori, percepiscono e concepiscono l’ambiente in cui operano e giustificano i propri comportamenti;
precisando assetti normativi e regolamentari direttamente o indirettamente collegati alla gestione del cibo, capaci di incentivare o sanzionare – in modo implicito o esplicito – condotte e scelte relative al cibo in diversi momenti e aspetti della vita di comunità (ad esempio la definizione di regole nutrizionali da adottare all’interno di un menù scolastico diviene un induttore di comportamenti innovativi, all’interno e all’esterno della scuola);
favorendo la predisposizione di infrastrutture, materiali o immateriali, volte a facilitare nuovi approcci nella gestione del cibo, come nel caso della diffusione di micro logistica a supporto delle reti locali di produzione e consumo, l’organizzazione di reti di comunicazione tra attori locali, la definizione di quadri normativi coerenti con nuovi orientamenti rispetto alla gestione del cibo.
Se è vero che intorno al cibo si concentrano attenzioni e interessi numerosi e diversi che riguardano nel profondo il modo di assicurare alcuni dei fondamenti della democrazia, tra le persone e tra le generazioni, è anche vero che, stante la concentrazione urbana della popolazione mondiale, la possibilità di definire strategie urbane da parte delle amministrazioni locali d’intesa con gli abitanti urbani diviene cruciale per fronteggiare le sfide che sul cibo si vanno definendo.
Anche in questa prospettiva ha preso piede il concetto di "metabolismo urbano" visto come complesso dei procedimenti sociali, economici, tecnici, regolamentari capaci di influenzare il funzionamento della produzione, trasformazione, uso e gestione dei rifiuti connessi alle funzioni alimentari.
Operare in questa prospettiva implica la costruzione di nuova conoscenza rispetto al tema ed ai problemi ad esso collegati, ma anche la individuazione di metodi e logiche di lavoro adeguate, fino alla precisazione di politiche integrate (ambientali, energetiche, alimentari, territoriali e dei trasporti, della prevenzione, dell’educazione) tese a garantire, allo stesso tempo, un uso efficiente delle risorse e dell’ambiente, piena democrazia nell’accesso a beni di base per le popolazioni, una maggiore stabilità negli approvvigionamenti futuri.
La costruzione di strategie urbane per il cibo stimola la riflessione sulla necessità di:
sviluppare nuova conoscenza collettiva attraverso l’organizzazione di una intensa opera di brokeraggio tra competenze che sono andate specializzandosi nel tempo tra persone e servizi e che, viceversa, oggi, chiedono una più profonda integrazione per potere affrontare e risolvere le questioni emergenti;
avviare percorsi di innovazione sociale capaci di coinvolgere con metodo la pluralità degli interlocutori pubblici e privati che sul tema del cibo hanno, a diverso titolo, interesse e competenza ad intervenire, con l’intento di ridefinire, visioni, regole e infrastrutture legate ad una gestione innovativa dei comportamenti istituzionali (anche mediante la valorizzazione del public procurement) e privati in materia di cibo;
favorire la co-produzione di servizi innovativi da parte degli attori pubblici e dei privati utilizzatori nell’intento di favorire una migliore mobilizzazione delle risorse disponibili localmente e di co-disegno di pratiche più coerenti con le tendenze di cambiamento in atto e con le esigenze di diverse tipologie di attori locali;
organizzare forme di co-governance pubblico privata, per assicurare la condivisione delle regole di lavoro, la valorizzazione degli atti di governo, la complementarietà tra risorse e comportamenti pubblici e privati nel raggiungimento della produzione contestuale di beni pubblici (salute, ambiente, conoscenza) e privati (creazione di valore, accesso al cibo, scelte anche edonistiche di comportamento).
I quattro punti indicati –produzione di conoscenza collettiva, innovazione sociale, co-produzione e co-governance – appaiono, oggi, centrali per percorsi capaci di provocare cambiamenti profondi nei comportamenti ordinari di una pluralità di interlocutori attivi intorno ad una tematica centrale quale quella del cibo.
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