Lo "stato d'assedio" è un'istituzione militare che permette l'esercizio del "diritto di uccidere."

tratto da "Necropolitica"; di Achille Mbembe.

Stato di "eccezione"

In ogni resoconto storico sull'ascesa del terrore è necessario fare riferimento alla schiavitù, una delle prime istanze di sperimentazione biopolitica.
La struttura propria del sistema della piantagione e delle sue successive manifestazioni, corrisponde alla figura emblematica dello "stato di eccezione".

Questa figura è paradossale per due ragioni.

1) Nel contesto della piantagione la condizione di schiavo risulta da una triplice perdita: di una casa, dei diritti sul proprio corpo, dello status politico.
Questa triplice perdita equivale alla dominazione assoluta, all'alienazione a partire dalla nascita e alla morte sociale (l'espulsione dall'umanità nel suo insieme).

La piantagione è uno spazio dove lo schiavo "appartiene" al padrone; non è una comunità, poiché l'appartenenza ad una comunità implica l'esercizio del potere del discorso e del pensiero.
Nella piantagione non vi può essere nessuna reciprocità al di fuori della possibilità di ribellione o suicidio, fuga o lutto silenzioso.
Lo schiavo ha un prezzo in quanto strumento di lavoro.

Lei e lui hanno un valore in quanto proprietà, lo schiavo è tenuto in vita in uno stato di "ferita permanente", di intensa crudeltà; la vita dello schiavo, in molti sensi, è una forma di morte-nella-vita.
Nella schiavitù si stabilisce una relazione disuguale e l'umanità di una persona si dissolve al punto che è possibile affermare che la vita dello schiavo è "posseduta" dal padrone, come se fosse una "cosa".

2) Nonostante il terrore, lo schiavo mantiene delle prospettive alternative.
Benché trattato come se non esistesse - se non in quanto mero attrezzo o strumento di produzione - rompendo con lo sradicamento lo schiavo è capace di dimostrare la versatilità dei legami umani, attraverso la musica o attraverso quello stesso corpo che si supponeva "posseduto" da qualcun'altro.

Caratteristica centrale di questi sistemi fondati sul terrore è il concetto di razza
che, a partire dall'Ottocento, ha visto due tradizioni storiche sulla razzializzazione competere fra di loro: il naturismo, basato sul presupposto di inferiorità, e lo storicismo, basato sull'affermazione della immaturità storica dei nativi e dunque della possibilità di "educarli".

Un ordine giuridico europeo 

Alla base di questo ordine stavano due principi chiave:

1) l'uguaglianza giuridica di tutti gli Stati; soprattutto applicata al "diritto di fare la guerra" (cioè di togliere la vita).
Uno Stato non avrebbe potuto avanzare pretese di governo al di fuori dei suoi confini e, viceversa, non avrebbe riconosciuto altre autorità al di sopra di sé stesso.

2) La territorializzazione della sovranità dello Stato; una guerra era legittima se condotta da uno Stato contro un altro Stato o, per essere più precisi, una guerra tra Stati "civilizzati".

Le colonie erano simili alle frontiere: zone abitate da "selvaggi" che non avevano una forma di organizzazione statale e non avevano costruito un mondo umano.
I loro eserciti non erano un'entità distinta e le loro guerre non erano guerre tra eserciti regolari.

Le guerre coloniali non implicavano la mobilizzazione di soggetti sovrani (i cittadini) che si rispettavano reciprocamente anche se nemici.
In queste guerre non vi era distinzione tra combattenti e non-combattenti, oppure fra "nemico" e "criminale"; dunque era impossibile raggiungere un accordo tra le parti.

Le colonie erano il luogo per eccellenza dove i controlli e le garanzie dell'ordine giuridico potevano essere sospese: il luogo dove la violenza dello "stato di eccezione" era ritenuta qualcosa che operava al servizio della civilizzazione; le colonie potevano essere dominate attraverso spazi di assoluta assenza di legge.

Agli occhi dei conquistatori, la vita del selvaggio non era che un'altra forma di vita animale, un'esperienza orrenda, qualcosa di alieno al di là di ogni possibilità di comprensione o immaginazione.
Era come se i selvaggi fossero esseri "naturali", ai quali mancava il carattere specificamente umano.

Nelle colonie il diritto sovrano a uccidere non era soggetto ad alcuna regolamentazione.

La guerra coloniale non era codificata da regole istituzionali o legali, il terrore si intrecciava con le fantasie di selvatichezza e di morte generate dal colonialismo stesso, che concorrevano alla costruzione di un "effetto di realtà".

Le guerre coloniali erano concepite come l'espressione dell'ostilità assoluta del conquistatore contro un nemico assoluto.
Tutte le manifestazioni di guerra e di ostilità che erano state lasciate ai margini dell'immaginario legale europeo, trovarono nelle colonie lo spazio ideale per riemergere.

Potere di morte 

L'occupazione coloniale in sé aveva a che fare con il misurare, delimitare e affermare il controllo su una nuova area geografica: si trattava di inscrivere nel suolo un nuovo ordine di relazioni sociali e spaziali.

La "territorializzazione" era, in ultima analisi, equivalente alla produzione di frontiere, gerarchie, zone ed enclave; al sovvertimento dei sistemi di proprietà preesistenti; alla classificazione delle persone in categorie differenziate; allo sfruttamento delle risorse estrattive e, finalmente, alla creazione di immaginari culturali che fornirono significato all'attuazione di sistemi di diritto differenziati.

La sovranità implicava l'occupazione e il relegare i colonizzati in una "zona intermedia tra soggetto e oggetto".
Frantz Fanon descrive vividamente il processo di costruzione dello spazio nelle aree soggette all'occupazione coloniale, una divisione dello spazio in comparti: lo spazio è controllato dalla pura forza attraverso la presenza di caserme e commissariati di polizia.

L'organizzazione dello spazio ha come premessa il principio di "esclusività reciproca", ed è lo spazio stesso il modo in cui opera il potere di morte: "La città del colonizzato è un luogo malfamato.
Vi si nasce in qualunque posto, in qualunque modo.
Vi si muore in qualunque posto, di qualunque cosa.
La città del colonizzato è una città affamata di pane, di carne, di scarpe, di carbone, di luce.
La città del colonizzato è una città in ginocchio, una città a testa in giù."
La sovranità in questi luoghi equivale alla capacità di definire chi conta e chi non conta, chi è eliminabile e chi non lo è.
 
Occupazione coloniale della tarda modernità 

Il più compiuto esempio contemporaneo di "potere di morte " è l'attuale occupazione dei territori palestinesi.
In questo contesto, lo Stato colonialista fonda la sua pretesa di legittimità a partire da un particolare discorso storico e identitario, guidato dall'idea che l'esistenza dello Stato sia un diritto divino .

La violenza e la sovranità fanno appello a un fondamento divino: la condizione di persona si definisce a partire dalla devozione a una divinità e l'identità nazionale è immaginata come un'identità contro l'Altro e contro altre divinità.
Tornando alla lettura dell'occupazione coloniale in termini di spazialità, proposta da Fanon, l'occupazione tardo-moderna della striscia di Gaza presenta dinamiche di frammentazione territoriale, di chiusura ed espansione di insediamenti che hanno l'obiettivo di rendere impossibile ogni spostamento e insieme di implementare una separazione secondo il modello dell'apartheid.

Una forma di occupazione frammentata è caratterizzata, in termini di infrastrutture, dalla presenza di una rete di circonvallazioni stradali, ponti, tunnel che si intrecciano, nel tentativo di mantenere il principio fanoniano della "reciproca esclusività".

Queste vie enfatizzano la sovrapposizione di due geografie separate che abitano lo stesso paesaggio.
In queste condizioni di sovranità verticale (di chi è in alto) e di occupazione coloniale frammentata, le comunità sono separate e questo porta ad una proliferazione dei luoghi di violenza.

I campi di battaglia non sono localizzati esclusivamente sulla superficie della terra, anche il sottosuolo e lo spazio aereo si trasformano in zone di conflitto.

Si tratta di una strategia di guerra infrastrutturale, e mentre al di sopra delle teste gli elicotteri Apache, equipaggiati con armamenti pesanti, vengono usati per pattugliare e uccidere dall'alto, il bulldozzer corazzato Caterpillar D9 viene usato sul suolo come arma da guerra e di intimidazione.

In contrasto con le forme di occupazione coloniale della prima modernità, queste due armi sanciscono la superiorità degli strumenti del terrore, altamente tecnologici, della tarda modernità.

Come illustra il caso palestinese, l'occupazione coloniale nella tarda modernita' è contraddistinta dalla concatenazione di molteplici poteri: disciplinare, biopolitico e necropolitico.

La combinazione dei tre poteri assegna a quello coloniale una posizione di assoluto dominio sugli abitanti del territorio occupato.

I villaggi assediati sono isolati e tagliati fuori dal mondo; la vita quotidiana è militarizzata.
Ai comandanti locali è data facoltà di decidere, a loro discrezione, a chi e quando sparare.
Le istituzioni civili locali vengono sistematicamente distrutte e la popolazione è privata dei mezzi di sostentamento.
Le uccisioni invisibili si aggiungono alle esecuzioni extragiudiziarie.

Lo "stato d'assedio" è di per sé un'istituzione militare: esso permette l'esercizio del "diritto di uccidere", senza tracciare differenza tra il nemico esterno e il nemico interno; il mirino della sovranità è puntato su intere popolazioni.

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