Il grande "sistema degli ecosistemi" è la biosfera: tutte le specie ne fanno parte, compreso l’uomo.


tratto da "Dario Paccino, L’imbroglio ecologico. L’ideologia della natura"; di Adriana Manzoni.
L’imbroglio ecologico si concretizza, per Dario Paccino, ogni qualvolta si tenta di sorvolare o negare le cause strutturali che producono le crisi.

Nell’articolo "Autogestire quale tecnologia?" l'autore affermava, in accordo con Andrè Gorz, che tecnologia e scienza fossero modelli utilizzati per il controllo della produzione finalizzata al profitto: bisognava dunque inventare un’altra scienza, “capace di dare all’uomo una tecnologia di liberazione al posto di una finalizzata all’asservimento

L’imbroglio ecologico è quello dei rapporti sulla salute operaia nelle grandi fabbriche, in cui l’INAIL dichiara che “il fenomeno per 
cui vi è un morto per ogni ora lavorativa, o un ferito ogni 6 secondi, ha le dimensioni di una guerra”, senza però porre in discussione il sistema di fabbrica. 

L’ecologia diventa imbroglio laddove viene considerata come scienza autonoma dai processi di produzione e dai conflitti sociali che ne scaturiscono”.

I processi di rivoluzione “verde”, oggi oggetto della green economy (regolamentata giuridicamente dal quadro normativo del Green New Deal Eu 2021) rappresentano un nuovo nodo concettuale che attiva la riflessione di Paccino e problematizza le soluzioni “di istituzioni e politica partitica che si prefiggono la gestione della crisi climatica”.
Eppure, per Paccino l’ideologia ecologica non elimina la possibilità di un utilizzo “altro” di tale scienza, non come bastevole o indipendente, ma interna alla critica 
dell’economia politica e, materialmente, alla lotta di classe. 
Paccino prende avvio da una ricostruzione dell’ecologia come storia naturale, con l’intento di ricollocare l’essere naturale come fondamento “dialettico dell’essere sociale”.

La storia naturale è la protagonista del primo capitolo. 

In primo luogo, l’autore fornisce una definizione di “viventi” (da organismi unicellulari all’uomo): essi sono “sistemi aperti, capaci di riprodursi, passati al vaglio della selezione naturale, limitati nel tempo”, sistemi metabolici con un ininterrotto ricambio che ne genera altri specificamente simili. 

Le condizioni per vivere sono due: 
1) l’organizzazione biologica (sistema aperto con capacità riproduttive);
2) l’organizzazione ambientale (la selezione naturale). 

Nel caso umano ad esse si aggiunge l’organizzazione sociale, comune (informazione genetica) e unica 
(informazione culturale) nella biosfera. 

Mentre la biologia si occupa della prima condizione vitale, “l’organizzazione ambientale è studiata dall’ecologia, che, per quanto concerne l’uomo può considerare anche quella sociale, per coglierne le interrelazioni con l’ambiente naturale, avendo l’avvertenza di non trasferire alla storia degli uomini le categorie della storia naturale”. 

Il termine ecologia nasce, con Ernst Haeckel, come analisi dell’economia e del modo di abitare degli organismi animali e, 
secondo Paccino, essa è identificabile con il concetto di storia naturale, in quanto evoluzione umana nel suo rapporto con la natura. 
Ecologia è storia delle relazioni degli animali con l’ambiente organico e inorganico. 
Nell’organizzazione ecologica, prosegue Paccino, ritroviamo come elementi naturali l’energia, la materia organica e la materia inorganica, che interagiscono fra loro ad eccezione del Sole, motore propulsivo della vita. 
L’energia solare consente la trasformazione dell’inorganico in organico a opera delle piante verdi che forniscono cibo e ossigeno agli animali, i quali con il metabolismo e la morte individuale costituiscono il materiale che, una volta mineralizzato dai decompositori, ritorna alle piante. 
Nel lessico ecologico sole, ossigeno, sali minerali, acqua, anidride carbonica, rocce sono elementi abiotici; le piante e gli animali, biotici

La relazione tra tali elementi è definita, da Paccino, come l'“improbabile alleanza” da cui scaturisce la vita. 
La maggior improbabilità è proprio quella dell’elemento biotico, che necessita di continui scambi con l’esterno: condizioni 
abiotiche e selezione naturale rappresentano per l’autore la combinazione “fatale”. 
Altro fattore ecologico fondamentale per la vita è la diversificazione degli ambienti
definiti “ecosistemi”, i quali presentano un proprio metabolismo, proprie strutture e funzioni nel ricambio fra elementi biotici e abiotici. 
Il grande sistema degli ecosistemi è la biosfera, tutte le specie ne fanno parte, compreso l’uomo. 

Ma ecco che subentra l’unicità nell’unità: l’utensile viene introdotto dall’uomo nella biosfera come strumento che “ha messo il suo autore in grado di conoscere i nessi dell’universo e, insieme, in condizione di poter estinguere la stessa biosfera prima che il sole cessi di alimentarla”. 
Schematicamente, l’utensile rappresenta uno snodo concettuale che consente di pensare il passaggio dall’informazione genetica a quella culturale; rappresenta un momento “trans-storico” della creazione di società come creazione tecnica e la progressiva sostituzione di ecosistemi naturali in ecosistemi artificiali.
È qui che l’operazione critica di Paccino comincia a lavorare nel sottosuolo: vita e uomo sono categorie astratte nel discorso logico come in natura, qui la vita è la vita-ambiente, l’uomo è l’insieme degli uomini e degli elementi biotici e abiotici che consentono di vivere e generare rapporti di produzione. 
La biologia è in tal senso ancora astratta, così come lo è l’ecologia, che considera prevalentemente l’ambiente. 
Secondo l’autore: “solo con la ricerca bioecologica (storia naturale) si può conoscere la natura vivente […] senza trascurare economia, politica, sociologia”. 

Astratta appare la stessa storia naturale, nel momento in cui indaga come si modifica l’ecologia nella storia degli uomini. 

Il tentativo nel capitolo successivo è quello di riempire l’astrazione: l’uomo “primo” della storia naturale è una categoria che va colta nella sua materialità storica, in epoche determinate. 

Se l’utensile interviene come momento logico che caratterizza la condizione peculiare umana, la sua funzione storica si modifica progressivamente. 
Lo strumento che consente la produzione e con essa i rapporti sociali che ne derivano, assume funzioni storiche differenti, non è “in sé” causa della distruzione ecologica. 
In "L’origine della famiglia" Engels fa risalire il rapporto di produzione, per come lo conosciamo, ad una determinata divisione sociale del lavoro, che subentra ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive. 
Paccino ricostruisce velocemente i passaggi storici che consentono la transizione dalla proprietà comune alla proprietà privata e con essa lo sviluppo di un surplus di produzione che può essere scambiato con altri. 
La proprietà privata, come condizione dello scambio, viene sviluppata in quanto punto cruciale all’interno dei momenti storici dell’ecologia, come condizione dell’accumulazione di ricchezza. 
L’accumulazione sta al surplus della sopravvivenza come un pozzo senza fondo a un bicchier d’acqua […] con nessuna considerazione per le limitate possibilità auto-rigenerative delle risorse”. 

I momenti storici dell’ecologia coincidono con lo sviluppo della figura del padrone, il quale si accorge della scienza ecologica quando “le conseguenze dei costi ambientali hanno cominciato a minacciarlo direttamente e, al contempo, gli hanno fatto intravedere nuove possibilità di guadagno con l’industria ecologica”.

A questo punto viene sviluppata la sezione più densa dell’opera: Ideologia ecologica

Paccino ripercorre le forme economiche antiche e quelle dell’alto Medioevo, fino all’emergere storico della figura del “commerciante” – antenato del nuovo borghese. 
L’analisi è condotta attraverso il confronto con una gran numero di storici ed economisti. 
L’intento è quello di cogliere “il fondo delle cose, nel suo manifestarsi storico": “la forma di depredazione della natura si sviluppa con la figura del borghese, venuto alla ribalta della storia nel Medioevo e divenuto, nella modernità, padrone del mondo grazie a mezzi produttivi senza riscontro col passato, capaci di sommergere la biosfera con oggetti”. 

Da qui, dunque, lo sviluppo tecnico e la scienza moderna

Paccino menziona Bacone che, sul 
terreno preparato da Galileo e Cartesio, profetizza la sua scienza sperimentale come scienze della rivoluzione industriale, con la promessa “di un mondo migliore che gli uomini possono preparare per loro stessi grazie alla conoscenza”. 
C’è voluto del tempo per passare 
dallo scienziato al libero creatore, e da questo a “schiavo dorato” del padrone. 
Ci sono volute scoperte ed eventi considerati “topici”: il cannone a polvere da sparo, i viaggi di Marco Polo e di Colombo; Gutenberg, Lutero, Adam Smith; gli illuministi, la presa della Bastiglia, il ’48, per passare poi dalla macchina a vapore e dalla bomba atomica. 
L’autore chiude il cerchio: “l’esigenza di 
sviluppo infinito insita nel capitalismo si prospetta oggi, al pari del fungo atomico, come minaccia di morte per la vita terrestre […] l’impero del padrone che rinuncia allo schiavo rivolgendosi alla tecnica rischia di essere esposto alla vendetta delle vittime umane, ma anche di quelle naturali”. 
Fuori da ogni ipotesi di "crollismo fatalista del capitalismo", Paccino aggiunge: "è per questo che i capitalisti oggi si rivolgono ai razionalizzatori dell’ecologia". 
L'autore insiste sui tentativi scientifici di liquidare la natura come entità metafisica. 
Ogni volta che si prova a far sparire la storia della natura (o la storia umana) dalla realtà, si realizza ideologia.

In conclusione, Paccino passa in rassegna le politiche dell’imbroglio:
- a destra si collocano la UICN e il WWF, per le quali l'uomo sarebbe sempre e solo “distruttore”; 
- al centro troviamo il predominio di una "tecnologia salvatrice del pianeta"; 
- subito a sinistra i sostenitori dell’industria ecologica (pur sempre dentro il rapporto di proprietà privata); 
- ancora oltre ci sono i radicali del “bel gesto ambientalista”;
- infine l’estrema sinistra, occupata dai "catastrofisti" che, dato il livello di compromissione della biosfera, teorizzano una diminuzione delle nascite. 

Secondo Paccino questo panorama politico mostra l’assenza di una ecologia politica che, in accordo con il marxismo, possa teorizzare ed individuare spazi di azione teorica, quantomeno per una contro-narrazione che sostenga prassi di lotta reale ed indichi la necessità di un rovesciamento.

Con la sua opera Paccino formula una propria metodologia, che spinge a riflettere criticamente sul passaggio epistemologico dall’ecologia alla politica, sul rapporto cioè tra concetti scientifici e concetti politici. 


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