L'acqua è bene comune e non può essere lasciata alla mercé delle logiche di mercato.

tratto da "Contrastare il cambiamento climatico, affrontare alluvioni e siccità, preservare la risorsa ACQUA BENE COMUNE". Documento del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua; Giugno 2023.

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Dopo decenni di incuria del territorio, delle acque e del clima era inevitabile che molti, a partire dalla politica e dalle istituzioni, si trovassero poco preparati a dover fronteggiare un fenomeno drammatico per ogni essere vivente come la siccità.

Entro il 2050 la siccità potrebbe colpire più di tre quarti della popolazione mondiale e si stima che 4,8-5,7 miliardi di persone vivranno in aree con scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno, rispetto ai 3,6 miliardi di oggi.

Fino a 216 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare entro il 2050, in gran parte a causa della siccità in combinazione con altri fattori come il calo della produttività delle colture o innalzamento del livello del mare; dobbiamo dunque orientarci verso le soluzioni, piuttosto che continuare con azioni distruttive.

Peraltro, ondate di calore e siccità si alternano a fenomeni alluvionali estremi, provocando impatti sempre più pesanti e imprevedibili. 

Secondo l’OMS l’Italia si colloca a un livello di stress idrico medio-alto e il 20% del nostro territorio è già considerato a serio rischio di desertificazione, con punte del 70% nel meridione, in particolare in Sicilia. 

Il processo è già in corso.

La crisi idrica del 2022 e quella dell’inizio del 2023 hanno fatto emergere le responsabilità di un sistema di gestione caratterizzato da una decennale mancanza di pianificazione e investimenti infrastrutturali perché piegato ad una logica privatistica che punta esclusivamente alla massimizzazione del profitto.

Questo sistema è andato a sovrapporsi al fenomeno del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici di cui esso stesso è corresponsabile, impattando negativamente sulla disponibilità di acqua per uso umano, sull'agricoltura e più in generale sull'ambiente.

Occorre riflettere attentamente sull’attuale modello di pianificazione urbana asservita agli interessi della speculazione immobiliare, che vede città sempre più cementificate, asfaltate e private del verde, una delle prime cause del consumo e dell’impermeabilizzazione del suolo e della siccità, fenomeni strettamente intrecciati.

Insomma, siamo in presenza di un dato strutturale, per cui cambiamento e surriscaldamento climatico, siccità e fenomeni alluvionali estremi si intrecciano e si rafforzano tra loro, chiamando in causa un modello di sviluppo regressivo e invocando la necessità di risposte di fondo, radicali nella loro impostazione e realizzazione.

Il dato del cambiamento e del surriscaldamento climatico è ulteriormente aggravato dal fatto che, al di là di accordi e dichiarazioni di facciata, in realtà non esiste un approccio condiviso a livello globale tra i diversi Stati rispetto a questo tema, anch’esso oggetto delle contese geopolitiche e dei rapporti di potere in atto nel mondo, che non casualmente portano alla guerra, le cui origini e conseguenze molto hanno a che fare con il controllo e l’accaparramento delle risorse naturali. 

Peraltro, è importante evidenziare che, all’interno di questa tendenza al surriscaldamento climatico, il Mediterraneo registra un allarmante incremento rispetto alla media globale, più del 20%, che, assieme al calo delle precipitazioni, ne fanno un "hotspot" del cambiamento climatico: uno dei punti maggiormente a rischio nel pianeta.

Contrastare la siccità e preservare la risorsa acqua

Esistono almeno 3 grandi filoni di intervento, da vedere in modo integrato e su cui è necessario agire contemporaneamente, senza segnalare particolari priorità tra essi e, tantomeno, tematizzarli in termini emergenziali.

1) Favorire la conversione ecologica dell’agricoltura e dell’industria, promuovendo il risparmio e l’utilizzo efficiente dell’acqua.

Il settore agricolo è da sempre il primo consumatore di acqua del nostro paese con oltre il 50 per cento dei prelievi, mentre l’industria incide per un altro 10-15 per cento sul fabbisogno idrico nazionale. 

L’agricoltura intensiva è la maggiore utilizzatrice mondiale di acqua. 

E’ diventato ormai inevitabile incentrare il ragionamento sulla sostenibilità anche in agricoltura, per poter mantenere nel tempo livelli produttivi adeguati a fronte non solo delle crisi idriche ma delle crisi ambientali in tutti i loro aspetti. 

In questa ottica vanno ripensate le produzioni agricole da sostenere e incentivare e quelle invece da disincentivare, a partire dalle colture più idroesigenti. 

Diventa fondamentale promuovere un sistema agroalimentare che richieda un minor uso idrico, partendo dalla riconversione del sistema dell’industria zootecnica, superando peraltro la modalità degli allevamenti intensivi, e di colture come il mais. 

Più in generale, il passaggio dall'agricoltura industrializzata all’agroecologia appare sempre più come scelta cruciale, anche per preservare la biodiversità, la salute del suolo e la sua resilienza, anche ai fenomeni siccitosi.

2) Ristrutturare le reti idriche, ridurre drasticamente le perdite di acqua.

Nel 2017, il 36% delle condotte risultava avere un’età compresa tra i 31 e 50 anni e il 22% superiore ai 50 anni. 

Nello stesso tempo, l’ISTAT ha evidenziato come le perdite della rete idrica nel 2018 assommavano al 42%, un livello assoluto molto alto, ma soprattutto in crescita progressiva, essendo passato dal 32,6% nel 1999 al 37,4% nel 2012 e, appunto, nel 2018 al 42%.

Siamo in presenza di una situazione eclatante, che la dice lunga sullo stato del nostro servizio idrico, e anche del fallimento delle scelte tutte orientate alla privatizzazione da almeno 20 anni in qua.

Questi pochi dati ci indicano quanto sia dunque prioritario e urgente intervenire per affrontare questa situazione e come un grande Piano nazionale per la ristrutturazione delle reti idriche andrebbe assunto come un tema fondamentale per il futuro della risorsa acqua e della stessa idea di sviluppo sociale del Paese.

3) Affrontare il dissesto idrogeologico, rinaturalizzare fiumi, laghi e foreste, arrestare il consumo di suolo anziché puntare sull’artificializzazione degli interventi.

Questo ci pare un punto assolutamente decisivo se si intende intervenire a monte delle problematiche e non semplicemente cercare di gestire al meglio le conseguenze di scelte sbagliate o non compiute.

Spesso le tecnologie vengono presentate come eco-compatibili, in realtà dipendono ancora per la maggior parte da fonti energivore e fossili, che sono tra le cause principali del deterioramento climatico, così come interventi artificiali appartengono ad approcci ormai superati.

Occorre dunque procedere in più direzioni

Una di queste, senz’altro, è la necessità di risanamento idrogeologico del Paese e di tutela del territorio. 

E’ necessario migliorare la qualità delle acque superficiali e di falda, intervenire per rinaturalizzare i versanti collinari e montani, le sponde di fiumi e canali, restituire ad uso ambientale e paesaggistico naturale le aree compromesse da fabbricati ex industriali ora dismessi e abbandonati: a questo fine diventa fondamentale dotarsi di un Ente pubblico preposto a ciò, con adeguato personale. 

Si tratta poi di invertire la tendenza all’abbandono della montagna e delle zone interne, per cui si sono espanse le foreste, ma si tratta di boschi ancora giovani e sottoposti a tagli continui per la produzione di biomassa combustibile; tuttavia la nostra copertura forestale è tuttora inferiore alla media europea, per cui sarebbe necessario creare nuove foreste negli spazi che si sono determinati.

Esiste, poi, una questione relativa allo stato e alla qualità degli ecosistemi acquatici, dei laghi, fiumi, acque sotterranee; infatti, tutte le rilevazioni rivelano uno stato raramente buono e per lo più scarso o cattivo. 

La contaminazione più frequente è dovuta agli erbicidi, ai pesticidi e agli scarichi delle aree industriali attive o dismesse ma non ancora bonificate; pesano poi i cosiddetti contaminanti emergenti quali droghe, cosmetici e farmaci. 

La contaminazione delle acque di falda, che in Italia sono la principale fonte di approvvigionamento di acqua potabile, determina la necessità di attuare trattamenti, per trattenere le sostanze chimiche, che diventano sempre più costosi e difficili con l’aumento della complessità delle miscele.

Ancora: non si può più ignorare la situazione relativa allo stato e al consumo di suolo. 

Secondo molti esperti, la soluzione più efficace per trattenere l’acqua è il ripristino del suolo. 

Basterebbe aumentare dell’1% la percentuale di carbonio organico dei suoli italiani per avere una riserva di 5 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, un volume superiore a quello che potrebbero raccogliere tutti gli invasi che si intendono costruire, spesso a discapito della permeabilità del suolo.

L’espansione urbana e l’impermeabilizzazione del suolo trasformano gli ecosistemi in deserti di cemento in cui non si riescono nemmeno più a tenere sotto controllo le dinamiche delle acque piovane e di superficie. 

Il suolo filtra, assorbe e trattiene l’acqua, ma quando è impermeabilizzato non può più svolgere queste funzioni, cosa che avviene in particolare nelle aree urbane. 

Per questo, la deimpermealizzazione delle aree urbane rappresenta un punto chiave per contrastare cambiamento climatico e siccità.

CONCLUSIONI

II fenomeno siccità è grave, segnalato da tempo, ma sottovalutato: per affrontarlo, occorre una strategia compiuta e integrata, nonchè interventi coerenti tra i vari livelli istituzionali. 

Servono soprattutto politiche radicali che vadano al cuore delle problematiche, di cui non c’è traccia nei provvedimenti governativi, stretti tra logica emergenziale e riproposizione di vecchie impostazioni, volte più a rilanciare desuete scelte di sviluppo quantitativo e a soddisfare gli interessi dei soggetti che intervengono nel ciclo delle grandi opere. 

Contrastare il cambiamento climatico e combattere la siccità comporta mettere in discussione le fondamenta di un intero modello produttivo e sociale fondato sul capitalismo neoliberista: non casualmente, privatizzazione della gestione del servizio idrico e politiche inconcludenti sul fenomeno siccità vanno di pari passo. 

Del resto, il nesso tra ineluttabilità del cambiamento climatico e predominio delle logiche privatistiche è stato bene messo in evidenza, al momento della scandalosa quotazione in Borsa dell’acqua alla Borsa merci di Chicago alla fine del 2020, dai dirigenti di CME Group, protagonisti di quella scelta, quando hanno affermato che: "a causa del cambiamento climatico, dell’aumento della popolazione, del peggioramento qualitativo della risorsa, essa è appunto destinata a diventare bene sempre più scarso e soggetto all’accaparramento, per cui non può che essere governata dalla logica del mercato."

Al contrario, gestione pubblica e partecipata del servizio idrico, legge nazionale per la ripubblicizzazione dello stesso, politiche efficaci per il contrasto al cambiamento climatico e alla siccità si tengono insieme tra loro.  

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