di socialclimatejustice.blogspot.com
È dunque utile esplorarne le radici storiche, la configurazione giuridica, la valenza ecologica e il potenziale come fondamento di una società post-capitalista.
Tessere insieme i fili di queste prospettive permette di delineare un percorso che va dalla critica del capitalismo alla costruzione di alternative concrete.
La genealogia dei "Beni Comuni" e l'attacco del capitalismo.
Per comprendere il significato attuale dei beni comuni, è indispensabile adottare una prospettiva storica che ne illumini la genesi e la progressiva erosione.
Ecosocialisti ed ecofemministe concordano nel descrivere il processo delle "enclosures" (recinzioni), iniziato nell'Inghilterra del tardo Quattrocento, come un momento fondativo dell'accumulazione capitalistica.
Le enclosures, più che una mera riorganizzazione agricola furono una vera e propria "guerra contro i beni comuni", che separò violentemente le comunità dai mezzi di sussistenza (terra, foreste, acque) trasformando questi ultimi in proprietà privata e creando una massa di lavoratori espropriati e dipendenti dal salario.
Questo processo, che ha avuto un impatto devastante soprattutto sui corpi e il lavoro delle donne, ha smantellato le economie di sussistenza e le reti di solidarietà femminile, svelando le violenze e le gerarchie che hanno imposto un nuovo ordine patriarcale, funzionale al nascente sistema capitalistico.
L'idea di "Omnia Sunt Communia" (tutto è comune) evoca un principio rivoluzionario e una critica intrinseca alla proprietà privata esclusiva e all'accumulazione capitalistica; l'espressione, che evoca le rivolte contadine del XVI secolo, non è uno slogan ma l'affermazione di una visione del mondo in cui le risorse essenziali per la vita sono concepite come condivise e inalienabili.
Questa brevissima genealogia mostra come la lotta per i beni comuni sia una costante storica, una resistenza all'espropriazione che oggi assume nuove forme di fronte alle continue "recinzioni" operate dal neoliberismo (privatizzazione dei servizi, brevettabilità del vivente, digitalizzazione della conoscenza).
I Beni Comuni come istituzione giuridica e alternativa a stato e mercato.
Se storicamente i beni comuni sono stati erosi dalla proprietà privata, oggi la sfida è ridefinirli come un'istituzione giuridica autonoma, proponendo di considerarli non come una "categoria di beni" ma come un vero e proprio ordine giuridico, alternativo sia allo stato che al mercato.
I beni comuni sono "funzionali al soddisfacimento dei bisogni collettivi e al pieno sviluppo della persona umana"; la loro gestione deve essere affidata a comunità di riferimento che ne garantiscano l'uso e la riproduzione anche per le generazioni future.
Ciò ne evidenzia la natura "essenziale per l'esercizio dei diritti fondamentali e per la vita di comunità": questo è un passaggio cruciale per la loro tutela e per sottrarli alle logiche di privatizzazione e mercificazione.
Demolito da tempo il mito della "tragedia dei beni comuni", è stato ripetutamente ed empiricamente dimostrato che le comunità sono perfettamente in grado di autogovernare, anche per lunghissimi periodi di tempo, le risorse condivise in modo sostenibile ed efficiente senza ricorrere né alla privatizzazione né a un controllo statale centralizzato.
Istituzioni locali, regole condivise e partecipazione diretta risuonano con le proposte di una economia del "territorio bene comune", in cui il benessere della comunità e la qualità dell'ambiente diventano i veri indicatori di sviluppo, offrendo modelli pratici di governance dal basso.
Per una "Ecologia del Comune".
La crisi ecologica ha impresso un'urgenza drammatica alla riflessione sui beni comuni.
Il concetto di "Wasteocene", coniato dallo storico dell'ambiente Marco Armiero, descrive efficacemente l'era geologica attuale come l'epoca degli "scarti", dei paesaggi tossici e dell'ingiustizia ambientale, prodotti da un sistema economico predatorio che esternalizza i suoi costi sulle comunità più vulnerabili e sugli ecosistemi.
Alle "narrazioni tossiche" del Wasteocene, si contrappone la pratica del "commoning": non i beni comuni come oggetti, ma il "fare comunità", l'atto collettivo di prendersi cura, di lottare e di costruire alleanze per rivendicare e rigenerare i territori.
Ciò lega direttamente la questione dei beni comuni alla crisi ecologica e alla necessità di ripensare le relazioni tra uomo e ambiente, superando definitivamente una pervasiva "logica di sfruttamento".
Il potenziale rivoluzionario del concetto di "commons" suggerisce che esso possa funzionare da catalizzatore per nuove forme di organizzazione sociale e politica: una "ecologia del comune", che veda le lotte ambientali come un terreno di "conflitto sociale" per la riappropriazione dei mezzi di produzione e riproduzione della vita.
Anche le "lotte agroecologiche" mostrano come pratiche agricole basate sulla solidarietà, la biodiversità e la sovranità alimentare rappresentino forme concrete di commoning che si oppongono al modello agro-industriale.
L'agroecologia, intesa non solo come tecnica agricola ma come "movimento sociale e politico" diventa dunque terreno fertile per le "lotte di comunanza" che cercano di ricostruire i legami con la terra e tra le persone: per collegare le pratiche agroecologiche con la riscoperta e la riappropriazione dei beni comuni.
Una nuova "Ecologia del diritto" suggerirebbe inoltre un ulteriore passo: la necessità di una vera e propria rivoluzione epistemologica che superi la visione meccanicistica del diritto e lo rifondi su basi ecologiche e relazionali.
Questa prospettiva individua un approccio olistico capace di integrare scienza, politica e diritto nella gestione dei beni comuni, distinguendo tra il concetto etico-politico di "bene comune" e la categoria più eterogenea di "beni comuni" materiali e immateriali che richiedono regimi giuridici specifici.
Questo sottolinea la complessità terminologica e concettuale dei beni comuni, ma anche la loro rilevanza storica e contemporanea.
Dal potenziale Rivoluzionario alle pratiche di trasformazione.
Il concetto di "commons" possiede un potenziale rivoluzionario perché mette in discussione i pilastri stessi del capitalismo: la proprietà privata, la logica del profitto e la separazione tra sfera economica, sociale e politica.
In una teoria della trasformazione sociale, il commoning sarebbe la forza motrice per la costruzione di un'alternativa al sistema attuale; questa trasformazione si nutrirebbe di pratiche concrete.
"Economie solidali", creatrici di comunità ecologiche e di circuiti economici basati sulla cooperazione, la fiducia e il legame con il territorio, ridimensionano il ruolo del mercato; esse rappresentano modelli economici alternativi basati sulla reciprocità e la rigenerazione, in contrasto con l'economia capitalista estrattiva: economie che valorizzano il "bene comune" come principio organizzativo a livello territoriale.
Sul piano politico, esperienze come il confederalismo democratico in Rojava e il neomunicipalismo, illustrano modelli di "democrazia oltre lo Stato" basati sull'autonomia locale, la democrazia diretta e la gestione comunitaria dei servizi: per puntare al potenziale politico e democratico dei beni comuni ed esplorare forme di governance più decentrate e partecipative, che possano essere più adatte alla gestione dei commons e a sfidare il monopolio statale.
In sistemi urbani sempre più dipendenti da "catene di approvvigionamento globali" si evidenzia l'importanza vitale degli spazi pubblici e della rigenerazione degli ecosistemi per il benessere collettivo.
Per superare la dicotomia tra società e natura è necessario ripensare le città e i territori usando i beni comuni come lenti per comprendere lo spazio socio-naturale; suggerendo la necessità di "nuove geografie" che permettano una convivenza sostenibile con gli ecosistemi ed un ripensamento dei modelli di sviluppo e di gestione delle risorse (spesso comuni).
Orizzonti Post-Capitalisti.
I beni comuni emergono dunque come campo di lotta e di sperimentazione: un principio guida per una transizione ecologica e sociale.
Dalla resistenza storica alle enclosures alla definizione di un nuovo statuto giuridico, dalle pratiche di commoning ecologico alla costruzione di economie solidali e di nuove forme di democrazia, il filo rosso è la riappropriazione collettiva della capacità di decidere e di gestire ciò che è essenziale per la vita.
I beni comuni non sono un'utopia astratta, ma una pratica già in atto in innumerevoli contesti.
La sfida è quella di connettere queste esperienze, di rafforzarle e di costruire una narrazione condivisa capace di contendere l'egemonia al modello neoliberista.
In un mondo che affronta sfide epocali, riscoprire e reinventare i beni comuni non è solo una possibilità, ma una necessità per immaginare e costruire un futuro più giusto, equo e rigenerativo.
I beni comuni, che non sono dunque solo risorse naturali o culturali ma anche principi organizzativi, istituzioni giuridiche e motori di trasformazione sociale ed ecologica, rappresentano una risposta critica alle sfide poste dal capitalismo, dalla crisi ambientale e dalle attuali forme di organizzazione politica.
La loro riscoperta indica la via verso un futuro più equo e partecipativo, basato sulla cooperazione e sulla cura del bene comune.
Questo campo di studi interdisciplinare, che unisce storia, diritto, economia, ecologia e scienze sociali, suggerisce che la gestione dei beni comuni richiede un approccio integrato che vada oltre la dicotomia pubblico/privato, promuovendo la partecipazione attiva delle comunità e la tutela della loro intrinseca dimensione ecologica e sociale.
"Il primo capitalismo e l'agricoltura in Inghilterra"; di Ian Angus:
https://antropocene.org/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=1&catid=2&m=0&Itemid=148
"DEP-Rivista telematica di studi sulla memoria femminile"; di Silvia Federici:
www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n20/12_20_-Federici_Donne_e_commons.pdf
"Omnia Sunt Communia. Sui beni comuni e la trasformazione al postcapitalismo"; di Massimo De Angelis:
https://www.academia.edu/76076867/Omnia_Sunt_Communia_On_the_Commons_and_the_Transformation_to_Postcapitalism
"Dai paesaggi del wasteocene ai
paesaggi del commoning"; di Marco Armiero, Nicola Capone ed Elisa Privitera:
https://societageografica.net/wp/2022/09/29/geografia-a-libero-accesso-vol-6/
"Per un'ecologia del comune"; di Stefania Barca:
https://www.academia.edu/28647812/Per_unecologia_del_Comune
"A proposito di fratture, comunanza e lotte agroecologiche: riflessioni in movimento"; di Roberto Vincenzo Falco & Rocco Milani:
https://tamuedizioni.com/?libro=trame#popup:fare-mondi
"Omnia sunt Communia" di Lorenzo Coccoli:
https://www.academia.edu/3022608/Ieri_oggi_domani_I_beni_comuni_tra_passato_e_futuro
"Alla ricerca del comune: il potenziale rivoluzionario di un concetto"; di D. Cattarossi:
https://www.academia.edu/24067638
"Democrazia oltre lo stato: autonomia, confederalismo, neomunicipalismo"; di L. Recano:
https://www.academia.edu/40365803
"Le economie del territorio bene comune"; di Stefano Zamagni:
https://oajournals.fupress.net/index.php/sdt/article/view/8589
"I beni comuni e la crisi, il pensiero di Elinor Ostrom"; di Giovanna Ricoveri: https://sindacalmente.org/content/i-beni-comuni-e-la-crisi-g-ricoveri-il-pensiero-di-e-ostrom-nobel-20091
recensione di E. Leonardi e A. Barbero al libro di Fritjof Capra e Ugo Mattei "Ecologia del diritto. Scienza, politica, beni comuni":
https://issuu.com/gilbertopierazzuoli/docs/ecologia_politica_-con_immagini_e_c
"Economie solidali creatrici di comunità ecologiche"; di Paolo Cacciari:
https://oajournals.fupress.net/index.php/sdt/article/view/8590
"Urbanizzazione planetaria e covid-19. Nuove geografie per convivere con la natura?"; di Luca Bertocci, Giordano Panosetti, Tommaso Pirone, Giacomo Spanu:
www.documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/226
"I beni comuni come istituzione giuridica"; di Ugo Mattei:
www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/i-beni-comuni-come-istituzione-giuridica_445.php
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