Il prezzo della Terra.
La storia della tutela ambientale e della difesa dei diritti dei popoli indigeni è tragicamente segnata dal sangue.
Attivisti che hanno osato sfidare potenti interessi economici e politici in nome della giustizia sociale e della salvaguardia di ecosistemi vitali, sono stati messi a tacere con la violenza.
Le storie di cinque di questi difensori dell'ambiente e dei popoli indigeni: Chico Mendes, Ken Saro-Wiwa, Berta Cáceres, Santiago Maldonado e Eduardo Mendúa, sebbene provenienti da contesti geografici e culturali diversi, convergono in un'unica, drammatica narrazione: la cronaca di uno scontro frontale tra la visione di un mondo giusto e solidale e la logica predatoria di uno sfruttamento senza scrupoli delle risorse naturali e umane.
Chico Mendes: la voce dei Seringueiros e dell'Amazzonia.
Francisco "Chico" Mendes Filho (1944-1988) è stato un sindacalista, attivista e ambientalista brasiliano, la cui vita è indissolubilmente legata alla difesa della Foresta Amazzonica e dei suoi abitanti.
Nato nello stato dell'Acre, Mendes era un seringueiro, un raccoglitore di caucciù, un mestiere tramandato da generazioni che dipendeva dalla conservazione della foresta.
A partire dagli anni '70, l'avanzata aggressiva degli allevatori di bestiame e delle compagnie del legname, incoraggiata dalle politiche del governo militare brasiliano, minacciò la sopravvivenza stessa dei seringueiros e delle comunità indigene.
La lotta di Mendes fu innovativa e pragmatica.
Comprese che la difesa della foresta non poteva essere disgiunta dalla difesa dei diritti economici e sociali delle popolazioni che la abitavano.
Insieme ad altri leader sindacali, organizzò gli empates, manifestazioni pacifiche in cui i seringueiros e le loro famiglie si opponevano fisicamente, ma senza armi, all'avanzata delle motoseghe.
La sua strategia più visionaria fu la proposta delle "riserve estrattive": aree forestali protette, gestite dalle comunità locali combinando la raccolta del caucciù e di altri prodotti forestali con la conservazione della biodiversità.
Questa visione, che univa ecologia e giustizia sociale, gli valse un ampio riconoscimento internazionale, culminato con il "Global 500 Roll of Honour" dell'ONU, nel 1987.
Tuttavia, la sua crescente influenza rappresentava una minaccia diretta per i potenti fazendeiros (grandi proprietari terrieri).
Nonostante le numerose minacce di morte, Mendes continuò la sua battaglia.
Il 22 dicembre 1988, fu assassinato a colpi di fucile sulla soglia di casa sua a Xapuri.
La sua morte, orchestrata dai latifondisti Darly e Darcy Alves da Silva, scatenò un'ondata di indignazione globale, accendendo i riflettori sulla drammatica situazione dell'Amazzonia e portando alla creazione di numerose riserve estrattive, purtroppo tuttora minacciate.
Ken Saro-Wiwa: la penna contro il petrolio nel Delta del Niger.
Scrittore, poeta e produttore televisivo, Ken Saro-Wiwa (1941-1995) divenne il portavoce del popolo Ogoni e un implacabile accusatore delle devastazioni ambientali e sociali causate dall'industria petrolifera nel Delta del Niger, in Nigeria.
L'Ogoniland, terra ancestrale del suo popolo, era stata per decenni sfruttata dalla multinazionale Royal Dutch Shell in collusione con il governo militare nigeriano.
Le fuoriuscite di greggio avevano inquinato terre e corsi d'acqua, distruggendo l'agricoltura e la pesca di sussistenza, mentre i proventi del petrolio arricchivano le élite corrotte senza alcun beneficio per la popolazione locale.
Negli anni '90, Saro-Wiwa fondò il Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni (MOSOP), che attraverso una campagna non violenta chiedeva l'autonomia politica per gli Ogoni, un'equa compensazione per le ricchezze sottratte e, soprattutto, il risanamento ambientale del territorio.
La sua eloquenza e la sua fama internazionale resero la causa Ogoni un caso emblematico della lotta contro l'irresponsabilità delle corporation.
La reazione del regime militare del generale Sani Abacha, sostenuto dagli interessi petroliferi, fu brutale.
Nel maggio 1994, Saro-Wiwa e altri leader del MOSOP furono arrestati con la falsa accusa di aver incitato all'omicidio di quattro capi Ogoni filo-governativi.
Dopo un processo farsa, ampiamente condannato dalla comunità internazionale come una montatura giudiziaria, Ken Saro-Wiwa e altri otto attivisti, noti come i "Nove Ogoni", furono impiccati il 10 novembre 1995.
La sua esecuzione rappresenta uno dei più tragici esempi di connivenza tra potere statale e interessi economici multinazionali e di come questa possa annientare il dissenso e sacrificare diritti umani e ambiente in nome del profitto.
Berta Cáceres: i fiumi sacri contro le dighe.
Leader indigena del popolo Lenca, femminista e ambientalista, Berta Cáceres (1971-2016) ha co-fondato il Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell'Honduras (COPINH) per difendere i diritti del suo popolo e i loro territori ancestrali.
La sua lotta più nota fu quella contro il progetto della diga idroelettrica di Agua Zarca, che minacciava di deviare il fiume Gualcarque, considerato sacro dal popolo Lenca e vitale per la sua sussistenza.
Cáceres organizzò una tenace resistenza, denunciando il fatto che il progetto fosse stato approvato senza la consultazione libera, previa e informata delle comunità indigene, in violazione della Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.
La sua campagna, che includeva proteste pacifiche, denunce legali e pressioni internazionali, riuscì a costringere il più grande costruttore di dighe del mondo, la compagnia cinese Sinohydro, e la Banca Mondiale a ritirarsi dal progetto.
Per questa sua coraggiosa battaglia, ricevette il prestigioso "Goldman Environmental Prize" nel 2015.
Tuttavia, come per Mendes, la sua vittoria e la sua visibilità la resero un bersaglio: subì minacce, intimidazioni e persecuzioni giudiziarie.
La notte del 2 marzo 2016, sicari armati fecero irruzione nella sua casa a La Esperanza e la assassinarono.
Le indagini successive hanno rivelato una cospirazione che coinvolgeva ex militari e dipendenti della DESA, l'azienda honduregna responsabile del progetto della diga.
La morte di Berta Cáceres ha messo a nudo la violenta rete di collusione tra capitale privato, forze di sicurezza statali e funzionari corrotti, una realtà endemica in molte lotte per la terra e le risorse, in America Latina (e non solo).
Santiago Maldonado: desaparición e lotta Mapuche.
Il caso di Santiago Maldonado (1989-2017) illumina la persistente violenza contro i popoli indigeni e coloro che solidarizzano con la loro causa nell'Argentina contemporanea.
Maldonado non era un leader indigeno, ma un giovane artigiano che sosteneva la lotta del popolo Mapuche per la restituzione delle terre ancestrali in Patagonia, occupate, tra gli altri, dal gruppo italiano Benetton.
Il 1° agosto 2017, Maldonado si trovava presso la comunità Pu Lof en Resistencia di Cushamen, nella provincia di Chubut, durante una manifestazione per bloccare una strada.
La protesta fu violentemente repressa dalla Gendarmeria Nazionale Argentina.
Secondo testimoni oculari, Maldonado fu picchiato e caricato su un veicolo della gendarmeria.
Da quel momento, di lui si persero le tracce.
La sua scomparsa (desaparición) scatenò un vasto movimento di protesta in Argentina e nel mondo, evocando i fantasmi della dittatura militare (1976-1983).
Per 78 giorni, lo slogan "Dónde está Santiago Maldonado?" (Dov'è Santiago Maldonado?) risuonò nelle piazze, ponendo l'accento sulla responsabilità dello Stato.
Il suo corpo fu infine ritrovato il 17 ottobre 2017 nel fiume Chubut, non lontano da dove il giovane era stato visto per l'ultima volta.
La famiglia e le organizzazioni per i diritti umani continuano a denunciare le gravi irregolarità nelle indagini e a sostenere la tesi dell'omicidio di Stato, perpetrato nel contesto della repressione della legittima protesta Mapuche.
La sua morte simboleggia la criminalizzazione della solidarietà e la brutale risposta dello Stato alle rivendicazioni territoriali indigene.
Eduardo Mendúa: l'ultima vittima dell'oro nero in Ecuador.
Eduardo Mendúa (?-2023) è stato un leader del popolo A'i Cofán e dirigente delle relazioni internazionali della Confederazione delle Nazionalità Indigene dell'Ecuador (CONAIE), la più importante organizzazione indigena del paese.
La sua lotta si concentrava sull'opposizione all'espansione delle trivellazioni petrolifere nel territorio Cofán, nella provincia amazzonica di Sucumbíos, da parte della compagnia petrolifera statale Petroecuador.
Mendúa denunciava la violazione del diritto all'autodeterminazione e alla consultazione previa, e accusava il governo ecuadoriano e Petroecuador di fomentare la violenza e la divisione all'interno della sua comunità per imporre i progetti estrattivi.
Nonostante le minacce, era una delle voci più ferme e visibili nella resistenza contro lo sfruttamento petrolifero che per decenni ha inquinato l'Amazzonia ecuadoriana.
Il 26 febbraio 2023, poche ore dopo aver partecipato a un consiglio nazionale della CONAIE e aver denunciato pubblicamente le aggressioni subite, Mendúa è stato assassinato a colpi di arma da fuoco fuori dalla sua casa.
La CONAIE ha immediatamente accusato il governo e la compagnia petrolifera di essere i mandanti morali del crimine.
La sua morte è l'ennesima, tragica testimonianza di come, in Ecuador e in tutto il mondo, la difesa della terra e dell'acqua contro l'estrattivismo sia diventata una delle attività più pericolose in assoluto.
Un'eredità di resistenza.
Le storie di Chico Mendes, Ken Saro-Wiwa, Berta Cáceres, Santiago Maldonado e Eduardo Mendúa, pur nelle loro specificità, compongono un mosaico terrificante e coerente.
Esse dimostrano che la violenza contro i difensori dell'ambiente e dei popoli indigeni non è casuale, ma è il risultato sistematico di un modello di sviluppo che considera la natura una merce e le persone un ostacolo.
In ciascuno dei casi, la morte è sopraggiunta come estremo tentativo di silenziare una voce scomoda che sfidava potenti interessi economici – latifondisti, multinazionali del petrolio, costruttori di dighe, colossi della moda, compagnie statali – spesso protetti o appoggiati attivamente dalle forze dello Stato.
Questi attivisti lottavano per un modello di vita alternativo, basato sul rispetto dei cicli ecologici, sulla dignità umana e sul diritto dei popoli all'autodeterminazione sul proprio territorio.
Le loro morti non sono state vane: hanno acceso i riflettori internazionali su conflitti altrimenti ignorati, hanno rafforzato i movimenti sociali e ispirato una nuova generazione di attivisti.
Il loro sacrificio è un monito perenne: la difesa del pianeta e dei suoi popoli più vulnerabili è una battaglia per i diritti umani fondamentali, e il prezzo di questa lotta, troppo spesso, è la vita stessa.
Onorare la loro memoria significa continuare la loro resistenza, esigere giustizia e lottare per un mondo più equo.
- La Repubblica;
- Il Manifesto;
- Osservatorio Diritti;
- Infoaut;
- Mosaico di Pace.
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