Il progetto Decostruttivo di Francesco Remotti.

di socialclimatejustice.blogspot.com

Dall'alterità primitiva alla "Convivenza delle Somiglianze".

Il pensiero di Francesco Remotti, uno dei più influenti antropologi italiani contemporanei, si snoda attraverso un percorso intellettuale coerente e radicale, volto a decostruire i pilastri concettuali su cui si fonda gran parte del pensiero occidentale moderno: l'identità, la cultura e la natura.
Il suo progetto unitario parte dalla critica epistemologica della propria disciplina per approdare a una critica serrata delle categorie che informano il dibattito pubblico e politico, per proporre infine un orizzonte alternativo per la coesistenza umana.
Il filo rosso che lega questi lavori è un instancabile scetticismo verso ogni forma di essenzialismo e la promozione di un pensiero processuale, complesso e relazionale.

Lo specchio del primitivo: decentrare l'Occidente

In "Noi, primitivi", Remotti pone le fondamenta del suo intero edificio critico.
L'opera non è un'analisi del "primitivo" come oggetto esotico, ma un'indagine sul ruolo che l'alterità ha svolto e deve svolgere per la comprensione del "Noi".
Il "primitivo" diventa uno specchio, uno strumento di spaesamento che costringe l'Occidente a interrogarsi sulle proprie certezze, a riconoscere la contingenza e la particolarità delle proprie forme di vita, spacciate per universali.
Remotti smonta la pretesa della ragione occidentale di essere il metro di giudizio di tutte le altre culture.
L'antropologia, nata in un contesto coloniale e spesso complice di una visione gerarchica dell'umanità, viene qui riletta come una disciplina intrinsecamente critica.
Il suo scopo non è incasellare l'altro in schemi evolutivi, ma usare l'incontro con l'altro per mettere in discussione le fondamenta stesse della nostra auto-percezione.
Questo libro è il punto di partenza necessario: per criticare l'identità, la cultura e la natura, bisogna prima aver accettato che il nostro punto di vista non è assoluto, ma uno tra i tanti possibili.

La patologia dell'Identità: contro l'Essenzialismo

Se "Noi, primitivi" decentralizza lo sguardo, "L’ossessione identitaria" attacca frontalmente uno dei concetti più abusati e pericolosi del nostro tempo.
Remotti analizza l'identità non come un dato di fatto, ma come una "costruzione" culturale e politica, spesso violenta.
L'identità, per sua natura, opera per distinzione e opposizione: definisce un "noi" tracciando un confine netto che esclude un "loro".
Questa logica binaria, sostiene Remotti, è una forma di pigrizia intellettuale e una potente arma politica che genera intolleranza, nazionalismo e conflitto.
Remotti distingue tra "identità" e "appartenenza".
Mentre l'appartenenza può essere plurale, fluida e basata su legami concreti e mutevoli, l'identità pretende di essere un'essenza immutabile, un nucleo duro che definisce un individuo o un gruppo una volta per tutte.
Questa "ossessione" per una purezza e coerenza identitaria è, per l'antropologo, una patologia del pensiero.
Essa ignora la realtà fondamentale degli esseri umani e delle società: il meticciato, lo scambio, il cambiamento continuo.
L'identità non è qualcosa che abbiamo, ma qualcosa che facciamo e rifacciamo costantemente nelle nostre relazioni.

La Complessità della Cultura: un concetto da salvare

La critica all'identità si estende logicamente al concetto di "cultura" in "Cultura: Dalla complessità all’impoverimento".
Remotti denuncia l'uso che il discorso pubblico fa di questo termine, riducendolo a un sinonimo di identità.
Parlare di "cultura occidentale" o "cultura islamica" come blocchi monolitici e impermeabili è l'errore che l'antropologo combatte.
Questa reificazione della cultura la trasforma in una gabbia identitaria, tradendo la sua vera natura.
Per Remotti, la cultura, nel suo senso antropologico più autentico, è l'opposto di un'essenza.
È una "cassetta degli attrezzi", un insieme eterogeneo e spesso incoerente di pratiche, simboli, valori e conoscenze che gli esseri umani utilizzano per dare un senso al mondo e agire in esso.
La cultura è intrinsecamente complessa, porosa, dinamica e aperta alla trasformazione.
È il luogo del dibattito e della contraddizione, non della coerenza assoluta.
L'impoverimento denunciato nel titolo è proprio questa riduzione della cultura a un'etichetta identitaria, uno strumento per creare muri invece che per fornire risorse per abitare il mondo.

L'inesistenza della Natura: l'ultimo tabù

Con "Contro Natura: una lettera al Papa", Remotti compie il passo più radicale del suo percorso decostruttivo.
Dopo aver smontato l'identità e la cultura come costrutti, si rivolge all'ultimo baluardo dell'essenzialismo: la "Natura" umana.
Attraverso la forma retorica di una lettera a un'autorità che fonda gran parte della sua dottrina sul concetto di "legge naturale", Remotti argomenta che ciò che chiamiamo "natura" è, in larga misura, una delle più potenti costruzioni culturali.
Attingendo a un vasto repertorio etnografico, dimostra come le forme della famiglia, della parentela, della sessualità e persino dei sentimenti, che noi consideriamo "naturali", siano in realtà estremamente variabili tra le diverse società umane.
Non esiste un unico modello di famiglia "naturale", né un'unica sessualità "secondo natura".
Esistono invece innumerevoli modi di fare umanità.
L'appello alla "Natura" è spesso una strategia per sacralizzare e rendere immodificabili le convenzioni di una specifica cultura (solitamente la nostra), negando la legittimità di forme di vita alternative.
Demolire l'idea di una Natura umana fissa e universale apre lo spazio a un riconoscimento pieno della plasticità e della creatività umana, fondando l'etica non su un presunto ordine naturale, ma sulla responsabilità delle nostre scelte.

Vivere nelle Somiglianze

Dopo un'opera così vasta di decostruzione, "Somiglianze: Una via per la convivenza" rappresenta la pars construens del pensiero di Remotti.
Se l'identità, basata sull'uguaglianza interna e la differenza esterna, è un modello fallimentare e pericoloso, come possiamo pensare la relazione e la coesistenza?
La risposta di Remotti è nel concetto di "somiglianze".
Attingendo esplicitamente al concetto di "somiglianze di famiglia" di Ludwig Wittgenstein, Remotti propone di sostituire la logica rigida dell'identità (o si è dentro o si è fuori) con una logica più flessibile e reticolare delle somiglianze.
Le somiglianze non richiedono un'essenza comune.
Come in una famiglia, un individuo può assomigliare a un altro per il naso, a un terzo per il carattere, a un quarto per il modo di camminare, senza che esista un singolo tratto condiviso da tutti.
Questo crea una rete continua di connessioni parziali e sovrapposte, che non necessita di confini netti.
Pensare in termini di somiglianze ci permette di riconoscere legami e connessioni con gli altri senza doverli assimilare a noi (uguaglianza) e senza doverli escludere come radicalmente "altri" (differenza).
La somiglianza è una via intermedia che valorizza sia le vicinanze sia le distanze, permettendo una "buona distanza" relazionale.
È un invito a cercare i punti di contatto, le analogie, le risonanze, costruendo così una convivenza basata non sull'appartenenza a un blocco identitario, ma sulla partecipazione a una rete complessa di relazioni umane.

Conclusione

L'itinerario intellettuale di Francesco Remotti, tracciato attraverso queste cinque opere, si configura come uno dei più coerenti e potenti esercizi di critica antropologica del nostro tempo.
Partendo dallo spaesamento prodotto dall'incontro con l'alterità, egli intraprende una sistematica demolizione delle categorie reificate che imprigionano il pensiero occidentale contemporaneo.
L'identità viene svelata come un'ossessione costruttiva, la cultura viene restituita alla sua originaria complessità processuale e la natura viene smascherata come l'ultimo grande costrutto culturale.
Su queste rovine concettuali, Remotti non lascia un vuoto nichilista, ma edifica una proposta feconda: abbandonare la ricerca di essenze identitarie per abbracciare la via delle somiglianze, un percorso più umile e realistico per pensare e praticare la convivenza in un mondo irriducibilmente plurale.
Il suo lavoro non è solo un contributo fondamentale all'antropologia, ma un indispensabile strumento critico per chiunque voglia navigare le complessità del presente.


Francesco Remotti: "Noi, primitivi: lo specchio dell’antropologia";

Francesco Remotti: "L’ossessione identitaria";

Francesco Remotti: "Cultura: Dalla complessità all’impoverimento";

Francesco Remotti: "Contro Natura: una lettera al Papa";

Francesco Remotti: "Somiglianze: Una via per la convivenza".




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