Il ruolo delle donne africane nella lotta anticoloniale.

di socialclimatejustice.blogspot.com


Eroine della Resistenza

La storiografia della resistenza africana al colonialismo europeo è stata per lungo tempo dominata da narrazioni incentrate su figure maschili.
Tuttavia, un'analisi più approfondita rivela un panorama ricco e complesso in cui le donne hanno svolto ruoli di primo piano come leader militari, strateghe politiche e catalizzatrici di movimenti di massa.
Il ruolo delle donne infatti, diverso per contesto, epoca, metodo e azioni, rappresenta un contributo fondamentale nella lunga lotta per l'autodeterminazione del continente africano.

Regina Nzinga Mbande: guerra e diplomazia nel XVII secolo

Nel contesto della prima ondata di espansione coloniale europea, la figura di Nzinga Mbande (c. 1583-1663) emerge come un'icona di resistenza implacabile contro l'Impero portoghese.
Regina dei regni Mbundu di Ndongo e Matamba (odierna Angola), Nzinga ereditò una situazione politica precaria, caratterizzata dalla crescente pressione portoghese per il controllo delle rotte commerciali e, soprattutto, della tratta degli schiavi.
La sua leadership, durata quasi quarant'anni, fu un capolavoro di abilità politica, militare e diplomatica.
Inizialmente, Nzinga tentò la via della diplomazia.
In un celebre incontro nel 1622 con il governatore portoghese a Luanda, si rifiutò di sedere a un livello inferiore: un gesto simbolico di pari dignità che è rimasto impresso nella memoria storica.
In quell'occasione, negoziò un trattato di pace strategico per guadagnare tempo e comprendere le intenzioni del nemico.
Tuttavia, di fronte alla continua violenza dei portoghesi, Nzinga abbandonò la collaborazione e intraprese una guerra totale.
Guido' personalmente le sue truppe in battaglia, adottando tattiche di guerriglia che misero in seria difficoltà le forze coloniali.
La sua resistenza preservò l'indipendenza dei regni per decenni e diffuse un potente messaggio di sovranità africana che avrebbe ispirato le future generazioni di nazionalisti angolani.

Imperatrice Taytu Betul: l'architetta della vittoria di Adua

Alla fine del XIX secolo, l'Imperatrice Taytu Betul (c. 1851-1918), moglie dell'Imperatore Menelik II d'Etiopia, divenne una figura centrale nella resistenza contro l'imperialismo italiano.
Taytu era una politica astuta, una diplomatica scaltra e una stratega militare dotata di una profonda diffidenza verso le ambizioni europee.
La sua influenza fu determinante nella crisi che portò alla Prima Guerra Italo-Etiope (1895-1896).
Il suo intervento più celebre è legato al Trattato di Wuchale (Uccialli) del 1889.
Mentre Menelik II era più incline a un'interpretazione conciliante del trattato, Taytu insistette per un'analisi meticolosa del testo, scoprendo la discrepanza cruciale tra la versione in amarico e quella in italiano.
L'articolo 17 della versione italiana trasformava l'Etiopia in un protettorato italiano, un'imposizione che Taytu respinse con fermezza, esortando Menelik a denunciare il trattato.
Durante la guerra che ne seguì, l'imperatrice non si limitò a un ruolo di supporto, ma mobilitò le sue personali truppe, circa 5.000 soldati, e partecipò attivamente alla pianificazione strategica che culminò nella decisiva Battaglia di Adua del 1° marzo 1896.
Fu lei a suggerire di tagliare le linee di rifornimento idrico degli italiani, una mossa tattica che contribuì a indebolire il nemico prima dello scontro finale.
La vittoria di Adua non solo garantì la sovranità dell'Etiopia, rendendola l'unica nazione africana a sconfiggere militarmente una potenza coloniale europea e a mantenere la propria indipendenza, ma divenne anche un faro di speranza per i movimenti panafricanisti e anticoloniali in tutto il mondo.
La lungimiranza politica e l'intransigenza di Taytu Betul furono indispensabili per la vittoria.

Yaa Asantewaa: guardiana dello "Sgabello d'Oro"

In Africa occidentale, la resistenza dell'Impero Ashanti (nell'attuale Ghana) contro i Britannici produsse un'altra figura leggendaria: Yaa Asantewaa (c. 1840-1921), Regina Madre di Ejisu.
Nel 1900, dopo che i Britannici avevano esiliato il Re (Asantehene) Prempeh I, il governatore britannico Sir Frederick Hodgson commise l'errore fatale di chiedere di sedersi sullo "Sgabello d'Oro", il simbolo più sacro dell'anima e della sovranità della nazione Ashanti.
Di fronte all'esitazione dei capi e alla demoralizzazione degli uomini, Yaa Asantewaa si alzò in un'assemblea e tenne un discorso che divenne un manifesto del coraggio femminile e della dignità nazionale: "È vero che il coraggio degli Ashanti non esiste più?
Non posso crederci.
Non può essere!
Devo dire questo: se voi, uomini dell'Ashanti, non andrete avanti, lo faremo noi donne.
Io chiamerò le mie compagne e combatteremo contro gli uomini bianchi.
Combatteremo fino a quando l'ultima di noi cadrà sul campo di battaglia".
Le sue parole scossero l'assemblea e la galvanizzarono: la Regina Madre fu nominata comandante in capo delle forze Ashanti, dando inizio alla cosiddetta "Guerra di Yaa Asantewaa" o "Guerra dello Sgabello d'Oro".
Per diversi mesi, guidò una campagna militare che mise sotto assedio il forte britannico a Kumasi.
Sebbene alla fine la violenza coloniale britannica prevalse e Yaa Asantewaa fu catturata ed esiliata alle Seychelles, la sua leadership ebbe un impatto profondo.
Ancora oggi, Yaa Asantewaa è venerata in Ghana come un simbolo di coraggio e di leadership femminile, l'incarnazione dello spirito indomito di un popolo.

La resistenza dal basso

Se Nzinga, Taytu e Yaa Asantewaa rappresentano la resistenza guidata dalle élite tradizionali, le figure di Mary Muthony Nyanjiru (uccisa nel 1922) e Marie Koré (attiva nel 1949) illustrano l'emergere di una nuova forma di lotta anticoloniale nel XX secolo: la mobilitazione di massa guidata da donne comuni.

Mary Muthony Nyanjiru: "Il nostro leader è lì dentro; andiamo a prenderlo!"

Mary Muthony Nyanjiru fu una protagonista chiave delle prime proteste nazionaliste in Kenya.
Nel 1922, quando il popolare leader politico Harry Thuku fu arrestato dalle autorità coloniali britanniche per la sua opposizione all'aumento delle tasse e al lavoro forzato, una grande folla si radunò fuori dalla stazione di polizia di Nairobi per chiederne il rilascio.
Dopo due giorni di stallo, quando la leadership maschile sembrava sul punto di disperdersi, Nyanjiru si fece avanti, e gridò agli uomini: "Cosa state aspettando?
Il nostro leader è lì dentro.
Andiamo a prenderlo!".
Il suo gesto, un potente atto di sfida secondo la cultura Kikuyu, infiammò la folla, che si mosse verso la stazione di polizia.
Le forze coloniali aprirono il fuoco, uccidendo Nyanjiru e decine di altri manifestanti.
Il suo martirio la trasformò in un simbolo della lotta per l'indipendenza del Kenya, una pioniera della resistenza civile il cui coraggio ispirò successivamente il movimento di liberazione (Mau Mau).

Marie Koré e la "marcia delle donne"

In modo simile, ma con un esito diverso, Marie Koré fu una delle leader della "Marcia delle donne" su Grand-Bassam, in Costa d'Avorio, nel 1949.
In un contesto di dura repressione da parte dell'amministrazione coloniale francese contro gli attivisti del Rassemblement Démocratique Africain (RDA), le donne organizzarono una protesta non violenta per chiedere la liberazione dei loro leader politici imprigionati.
Per giorni, centinaia di donne, guidate da figure come Koré, marciarono per quasi 40 chilometri fino alla prigione di Grand-Bassam, affrontando blocchi stradali e intimidazioni da parte delle forze dell'ordine.
La loro protesta, pacifica ma irremovibile, attirò l'attenzione internazionale e mise in grave imbarazzo le autorità francesi, che alla fine furono costrette a rilasciare i prigionieri politici.
La marcia dimostrò l'efficacia della disobbedienza civile organizzata e il potere politico delle donne, capaci di mobilitarsi al di fuori delle strutture di potere tradizionali per ottenere risultati concreti.

La prima linea della resistenza

Le storie di Nzinga, Taytu Betul, Yaa Asantewaa, Mary Nyanjiru e Marie Koré demoliscono il paradigma della donna africana come figura passiva nell'era coloniale.
Esse illustrano un ampio spettro di azione politica: dalla guerra su larga scala e la diplomazia regale, alla mobilitazione di massa fino all'estremo sacrificio.
Nzinga e Taytu operarono all'interno di strutture di potere consolidate, usando l'autorità regale per difendere la sovranità dei loro stati contro le prime incursioni imperialiste.
Yaa Asantewaa rappresenta un ponte, una figura di potere tradizionale che, attraverso un atto di coraggio personale, mobilitò una nazione intera in un'ultima, disperata difesa della propria identità.
Nyanjiru e Koré, infine, incarnarono la lotta anticoloniale dimostrando come le donne comuni potessero diventare la prima linea della resistenza civile e del nascente nazionalismo.
Queste figure non sono eccezioni isolate, ma esempi prominenti di un fenomeno diffuso.
La loro eredità è cruciale, non solo per ristabilire una verità storica più completa ed equilibrata, ma anche per fornire modelli di leadership e coraggio che continuino a ispirare le lotte per la giustizia, l'uguaglianza di genere e l'autodeterminazione in Africa e nel mondo intero.



Thornton, John K.: "A History of West Central Africa to 1850"; 

Heywood, Linda M.: "Njinga of Angola: Africa's Warrior Queen"; 

Jonas, Raymond: "The Battle of Adwa: African Victory in the Age of Empire";

Zewde, Bahru: "A History of Modern Ethiopia, 1855–1991";

Allman, Jean, and Victoria B. Tashjian: "'I Will Not Eat Stone': A Women's History of Colonial Asante";

Prescod-Roberts, Nana: "The Woman Whose Protest Ignited the Kenyan Independence Struggle";

Sheldon, Kathleen: "Historical Dictionary of Women in Sub-Saharan Africa"



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