La crisi planetaria come "Sistema Complesso".

di socialclimatejustice.blogspot.com


La crisi globale di un sistema interconnesso

Il pianeta sta lanciando un segnale inequivocabile, un "grido d'allarme" che si manifesta nella vulnerabilità tangibile degli ecosistemi.
Il cambiamento climatico, il collasso della biodiversità e le emergenti minacce alla salute umana e non umana sono manifestazioni interdipendenti di un unico sistema complesso in rapido deterioramento.
Le crisi attuali (climatica, sanitaria, di biodiversità) sono sintomi di un unico problema di fondo: un modello di sviluppo insostenibile, quello capitalistico, che ha superato i limiti planetari e sociali.
Si rende dunque urgente, oltre che necessaria, una trasformazione radicale verso un'economia e una società giusta che operino entro i confini sicuri del sistema-Terra.
Solo adottando un approccio basato sulla complessità e la giustizia sociale sarà possibile navigare questa transizione epocale.

Le basi fisiche della crisi: clima, oceani e coste vulnerabili

La base scientifica dell'attuale condizione critica è solida ed inequivocabile.
Le alterazioni sul clima globale, dall'aumento delle temperature medie all'incremento della frequenza di eventi estremi sono indotte dalle attività umane nelle società industriali.
Queste alterazioni, che non si manifestano in modo uniforme, si concentrano con particolare virulenza in due componenti critiche del sistema-Terra: l'oceano e la criosfera.
Il pianeta si sta riscaldando e le attività umane, in particolare le emissioni di gas serra (dovute ad industria, agricoltura intensiva, settore militare, urbanizzazione, ecc), ne sono la causa dominante.
Le tendenze osservate (temperature, precipitazioni, eventi estremi) si possono attribuire alle forzanti antropogeniche: il cambiamento climatico è stato causato dalle classi più abbienti nei Paesi ricchi.
Il riscaldamento globale è responsabile dell'espansione termica delle acque oceaniche e della fusione di ghiacciai e calotte polari, due processi che concorrono inesorabilmente all'innalzamento del livello medio globale del mare.
L'acidificazione degli oceani, dovuta all'assorbimento di CO2 in eccesso sta cambiando la chimica dell'acqua, minacciando organismi con gusci o scheletri calcarei (coralli, molluschi); le ondate di calore marine diventano più frequenti e intense, causando estinzioni di massa.
Il suolo perennemente ghiacciato delle regioni artiche sta fondendo, rilasciando ulteriori gas serra (metano e CO2), alimentando così un pericoloso ciclo di feedback.
Il riscaldamento globale inoltre, ha conseguenze fisiche, tangibili e minacciose per le comunità locali che vivono lungo le coste o dipendono dalle risorse marine e montane.
Questo fenomeno non è un'astrazione futura, come dimostra il caso del mar Mediterraneo.
Le variazioni climatiche hanno sempre governato il livello del mare nel bacino del Mediterraneo; la differenza odierna risiede nella velocità senza precedenti di un cambiamento che supera le capacità di adattamento naturali e umane.
Il livello del mare in questo bacino è sempre stato sensibile alle variazioni climatiche, anche in epoca pre-industriale: il Mediterraneo infatti non è un sistema statico; la sua attuale stabilità è un'anomalia in termini geologici.
Il sistema ha già risposto in passato a forzanti climatiche con significative variazioni del livello del mare.
Questo dato storico rafforza l'allarme per il futuro: se variazioni climatiche naturali hanno causato tali cambiamenti, l'attuale riscaldamento antropogenico, di entità e velocità senza precedenti, provocherà risposte ancora più estreme e rapide, superando la capacità di adattamento delle società costiere e degli ecosistemi.
Il Mediterraneo, un bacino semi-chiuso e densamente popolato è infatti un hotspot del cambiamento climatico.
L'innalzamento del livello del mare, combinato con la subsidenza espone le coste a erosione, inondazioni e salinizzazione delle falde, mettendo a repentaglio ecosistemi, infrastrutture critiche, economie, patrimoni culturali ed intere popolazioni la cui esistenza è messa in discussione.
L'analisi del rischi e dei cambiamenti climatici in Italia, che traduce i dati globali dell'IPCC in un'analisi di rischio specifica per il territorio italiano è un'operazione di downscaling, che porta la scala da globale a nazionale e regionale.
I rischi videnziati per l'Italia riguardano siccità e stress idrico soprattutto al Sud, aumento di alluvioni improvvise e di ondate di calore.
L'innalzamento del livello del mare comporta inoltre un aumento del rischio di inondazione ed erosione anche per le pianure costiere, amplifica la variazione delle rese agricole e mette in pericolo la qualità stessa dei prodotti tipici del Made in Italy.

La "Crisi Biologica": annientamento, deforestazione e contagio

La crisi climatica è intrinsecamente legata ad un'altra, altrettanto grave: la crisi della biodiversità.
Non stiamo semplicemente assistendo ad un aumento del tasso di estinzione; siamo testimoni di un "annientamento biologico", una decimazione sistematica delle popolazioni di vertebrati che prelude a una "sesta estinzione di massa", la prima causata da una singola specie: Homo sapiens.
I dati sulla distribuzione e l'abbondanza di migliaia di specie di vertebrati, dimostrano infatti che anche le specie considerate "non a rischio" stanno subendo massicce contrazioni dei loro areali e del numero di individui.
Questo fenomeno è un precursore della futura estinzione di specie e un indicatore del collasso funzionale degli ecosistemi.
La sesta estinzione di massa non è un evento futuro, ma un processo pervasivo già in atto.
La perdita di specie animali e vegetali non rappresenta solo una tragedia etica (ed estetica), ma una perdita di "attori" fondamentali per il funzionamento della biosfera (es. impollinatori, dispersori di semi, predatori che controllano le popolazioni).
Uno dei motori principali di questa distruzione è la deforestazione, dall'Amazzonia al Borneo.
Queste foreste non sono solo scrigni di biodiversità, ma rappresentano anche i più importanti serbatoi di carbonio terrestri.
La loro distruzione non solo rilascia enormi quantità di CO2 in atmosfera, ma elimina la capacità del pianeta di assorbirla, innescando un pericoloso ciclo di feedback che auto-alimenta il riscaldamento globale.
Nei "fronti di deforestazione" più critici del pianeta, ovvero quelle aree dove si concentra la maggior parte della perdita di foreste a livello globale, le cause principali sono da ricondurre ad agricoltura commerciale (filiera della soia in Amazzonia o dell'olio di palma nel Sud-est asiatico), allevamento intensivo, infrastrutture, industria del legname.
La deforestazione non comporta solo perdita di specie, ma una riduzione della capacità del pianeta di autoregolarsi, rendendo tutti più vulnerabili, specialmente le popolazioni indigene che meno hanno contribuito al fenomeno.
Proteggere le foreste non è dunque solo un atto di conservazione, ma una strategia di salute pubblica, di stabilizzazione climatica e di giustizia sociale.
Questo assalto agli ecosistemi ha conseguenze dirette e insidiose anche per l'umanità, perché stabilisce un nesso causale diretto tra il declino della biodiversità e l'aumento del rischio di pandemie.
La deforestazione e l'agricoltura intensiva distruggono gli habitat naturali.
La distruzione degli habitat, la frammentazione delle foreste e il commercio di specie selvatiche aumentano le occasioni di contatto tra esseri umani, bestiame e patogeni precedentemente confinati negli ecosistemi naturali, facilitando il salto di specie (spillover) di virus come i coronavirus.
La crisi sanitaria del COVID-19 non è stata dunque un evento sfortunato e isolato, ma il sintomo evidente di una relazione predatoria con gli ecosistemi.
La protezione della biodiversità e la rigenerazione delle foreste non sono "solo" una questione ambientale, ma rappresentano una delle più efficaci strategie di prevenzione sanitaria a lungo termine.

Un quadro per la comprensione e l'azione: la scienza della Complessità

I sistemi come il clima, gli ecosistemi e le società umane sono "sistemi complessi adattivi".
Essi sono caratterizzati da una moltitudine di agenti che interagiscono continuamente, da meccanismi di feedback (come quello tra deforestazione e riscaldamento), da non linearità e  da proprietà emergenti (come le pandemie).
In questi sistemi, piccole perturbazioni possono causare cambiamenti di stato improvvisi e irreversibili, noti come "punti di non ritorno" (tipping points).
Considerare la crisi planetaria attraverso questa lente rivela quanto soluzioni settoriali e isolate siano destinate a fallire.
Non si può affrontare il cambiamento climatico senza proteggere la biodiversità, né proteggere la salute pubblica senza preservare e rigenerare gli ecosistemi.
La stabilità del clima, la ricchezza della vita e il benessere, umano e non umano, dipendono dall'integrità funzionale della biosfera.
Le diverse crisi sono dunque interconnesse: la deforestazione riduce l'assorbimento di CO2, che aumenta il riscaldamento, che a sua volta può stressare ulteriormente le foreste (feedback positivo).
Il sistema può assorbire stress fino a un certo punto, superato il quale subisce un cambiamento di stato improvviso e spesso irreversibile (es. il collasso della calotta glaciale della Groenlandia).
Le pandemie non sono pianificate da nessun singolo agente, ma "emergono" dall'interazione complessa tra distruzione di habitat, commercio di animali e globalizzazione dei mercati.
Una politica che affronti solo le emissioni climalteranti ad esempio, senza considerare la rigenerazione degli ecosistemi è destinata a fallire, perché ignora la natura complessa e interconnessa del sistema-Terra.

Dall'allarme all'azione integrata

Non si tratta dunque di "conservare la natura", ma di perseguire più obiettivi simultaneamente: proteggere i serbatoi di carbonio (carbon sinks) come foreste, oceani e torbiere, i migliori alleati nell'assorbire la CO2, e garantire la "resilienza della biosfera", ovvero la sua capacità di assorbire shock (come ondate di calore o siccità) senza collassare o superare punti di non ritorno.
La stabilità del clima non dipende solo dalla quantità di CO2 emessa, ma anche dalla salute e dalla funzionalità degli ecosistemi.
La convergenza delle evidenze scientifiche, dalla fisica del clima alla biologia della conservazione, dalla vulnerabilità locale alle interconnessioni globali dipinge un quadro inequivocabile: la Terra è un unico sistema complesso di cui si stanno minando le fondamenta.
La sfida è dunque politica e concettuale prima che tecnologica, essa richiede di superare la frammentazione del sapere e delle politiche per adottare un approccio olistico, integrato e rispettoso dei saperi delle comunità locali.
Ciò significa riconoscere che la salute del pianeta e la salute umana e non umana sono inseparabili.
La risposta dunque non potrà che essere collettiva, informata dalla scienza e guidata da una nuova etica di responsabilità planetaria.



"Climate pacing of millennial sea-level change variability in the central and western Mediterranean"; di M. Vacchi e altri:
www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8242029

"We need biosphere stewardship that protects carbon sinks and builds resilience"; di Johan Rockström e altri:
https://doi.org/10.1073/pnas.2115218118

"Our Planet, Our Future; An Urgent Call for Action":
www.nationalacademies.org/news/2021/04/nobel-prize-laureates-and-other-experts-issue-urgent-call-for-action-after-our-planet-our-future-summit

"Our Globally Changing Climate"; CSSR:
https://science2017.globalchange.gov/chapter/1

"La scienza della complessità può essere utilizzata per comprendere e gestire un'ampia varietà di sistemi":
https://complexityexplained.github.io/

"Vertebrates on the brink as indicators of biological annihilation and the sixth mass extinction"; di Paul R. Ehrlich e altri:
www.pnas.org/content/117/24/13596

"Rapporto Speciale su Oceano e Criosfera in un clima che cambia"; di IPCC:
https://ipccitalia.cmcc.it/i-punti-essenziali-di-ocean-and-criosphere-in-a-changing-climate-il-rapporto-speciale-ipcc

"Fronti di deforestazione"; di WWF:
https://oneplanetschool.wwf.it/sites/default/files/2021-01/Deforestatio%20Fronts%20Summary%20ITA.pdf

"I nessi tra pandemie e declino della biodiversità in un rapporto IPBES"; di L. Ciccarese, ISPRA:
www.isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita/lispra-e-la-biodiversita/articoli/i-nessi-tra-pandemie-e-declino-della-biodiversita-in-un-rapporto-ipbes

"Analisi del rischi, i cambiamenti climatici in Italia"; di CMCC:
https://www.cmcc.it/it/analisi-del-rischio-i-cambiamenti-climatici-in-italia

"Allarme Mediterraneo: a rischio la stessa esistenza delle città costiere, comprese quelle italiane":
https://www.teleambiente.it/clima_rapporto_ipcc/


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