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Prospettive ontologiche per un "Mondo Comune"?
L'antropologia culturale vive da tempo una delle sue più profonde trasformazioni intellettuali, spesso definita come la "svolta ontologica".
Questa corrente di pensiero, più che un'unica scuola, è una convergenza di critiche radicali rivolte al fondamento stesso della modernità occidentale: la grande partizione tra Natura e Cultura.
Quattro opere monumentali, pur con approcci e stili distinti, si ergono come pilastri di questa rivoluzione epistemologica e politica: "Oltre Natura e Cultura" di Philippe Descola; "Metafisiche cannibali" di Eduardo Viveiros de Castro, "Siamo linee" di Tim Ingold e "La sfida di Gaia" di Bruno Latour.
Analizzati congiuntamente, questi testi non solo decostruiscono un dualismo che ha plasmato per secoli il nostro modo di conoscere, agire e governare, ma offrono anche gli strumenti concettuali per immaginare e abitare un mondo non più scisso, un mondo di relazioni, di processi e composizioni ibride.
Philippe Descola: la Cartografia delle Ontologie
Il punto di partenza più sistematico per comprendere questa critica è l'opera magistrale di Philippe Descola, "Oltre Natura e Cultura".
Allievo di Claude Lévi-Strauss, Descola ne eredita l'ambizione strutturalista ma la spinge verso un territorio inesplorato.
Il suo obiettivo è dimostrare che la dicotomia Natura/Cultura non è un universale del pensiero umano, bensì il prodotto storico e contingente di una specifica cosmologia: il naturalismo.
Attraverso un'analisi comparativa su scala globale, Descola identifica quattro "ontologie" o schemi di identificazione che organizzano la percezione del mondo e degli esseri che lo popolano.
Queste si basano sulla combinazione di due criteri: la continuità o discontinuità delle "interiorità" (l'anima, la soggettività, la coscienza) e delle "fisicità" (il corpo, la forma materiale).
Il "Naturalismo"
Tipico della modernità occidentale, postula una continuità delle fisicità (le leggi della fisica e della biologia sono universali) e una radicale discontinuità delle interiorità (solo gli umani possiedono cultura, coscienza e linguaggio in senso pieno).
Questo schema fonda la scienza moderna e la separazione tra scienze della natura e scienze umane.
L'"Animismo"
Prevalente in molte società amazzoniche e siberiane, inverte i termini.
Qui, vige una continuità delle interiorità (tutti gli esseri, umani e non-umani, condividono la stessa soggettività di base) ma una profonda discontinuità delle fisicità.
Ogni corpo è un abito che definisce una prospettiva specifica sul mondo.
Il "Totemismo"
Caratteristico di alcune società aborigene australiane, si fonda su una continuità sia fisica che interiore tra specifici gruppi umani e non-umani, che diventano così antenati e referenti comuni.
L'"Analogismo"
Diffuso in civiltà come quella cinese, andina o rinascimentale europea, concepisce un mondo frammentato in una molteplicità di esseri, tutti composti da elementi distinti sia fisicamente che interiormente.
L'ordine del mondo è garantito da una fitta rete di corrispondenze e analogie tra queste singolarità.
L'opera di Descola è fondamentale perché provincializza il pensiero occidentale: il naturalismo non è la realtà, ma solo una delle quattro maniere di "fare mondi".
In questo modo, l'antropologo apre uno spazio per prendere sul serio le altre ontologie non come credenze o metafore, ma come autentici sistemi di verità.
Eduardo Viveiros de Castro: la Decolonizzazione del pensiero attraverso il Prospettivismo
Se Descola fornisce la mappa, Eduardo Viveiros de Castro ci offre un'immersione profonda e vertiginosa in una di queste altre ontologie: l'animismo amazzonico.
Nel suo "Metafisiche cannibali", egli elabora il concetto di prospettivismo multinaturale, una delle proposte teoriche più radicali dell'antropologia contemporanea.
Partendo dall'etnografia amazzonica, Viveiros de Castro rovescia l'assioma naturalista.
Laddove noi pensiamo "una Natura, molte Culture" (multiculturalismo), le cosmologie amazzoniche operano secondo il principio "una Cultura, molte Nature" (multinaturalismo).
Ciò significa che tutti gli esseri (giaguari, spiriti, fiumi, umani) condividono una medesima condizione di soggettività — potremmo dire, una stessa "umanità" di fondo.
Ciò che li differenzia non è la cultura, ma il corpo.
Il corpo è l'insieme di affetti e capacità che determina la prospettiva di un essere sul mondo.
L'esempio classico è illuminante: per un giaguaro, esso è il "soggetto" (un umano), la sua tana è una casa, il sangue che beve è la sua "birra di manioca" e gli esseri umani che caccia sono "pecari" (maiali selvatici).
La realtà non è unica e oggettiva, ma è una molteplicità di prospettive incarnate.
La "metafisica cannibale" è dunque una pratica intellettuale: non si tratta di tradurre il pensiero "altro" nei nostri termini, ma di permettere che i concetti indigeni "divorino" e trasformino i nostri.
È un progetto di decolonizzazione permanente del pensiero, che sfida l'antropologia a non spiegare le altre culture, ma a usare la loro forza concettuale per mettere in discussione le nostre certezze.
Tim Ingold: l'ecologia delle Linee e la vita come Processo
Spostando il focus dalla struttura ontologica alla fenomenologia della vita, Tim Ingold offre un approccio complementare ma altrettanto potente.
In "Siamo linee" (titolo originale Being Alive), Ingold critica quello che chiama il modello iloformico, ovvero la tendenza del pensiero occidentale a concepire la creazione come l'imposizione di una forma (un progetto, un'idea) su una materia passiva e inerte.
Questo modello si applica tanto all'artefatto (l'architetto che progetta un edificio) quanto all'essere vivente (il gene che "programma" l'organismo).
A questo modello, Ingold contrappone una prospettiva della dimora (dwelling perspective).
La conoscenza non deriva da un'osservazione distaccata, ma da un coinvolgimento pratico e percettivo nel mondo.
Gli esseri viventi non sono entità discrete e pre-formate, ma processi continui di crescita e divenire.
La vita, per Ingold, non è fatta di punti (luoghi di partenza e arrivo) ma di linee: sentieri, traiettorie, gesti, genealogie.
Ogni organismo è un fascio di linee che si intreccia con le linee di innumerevoli altri esseri in quello che lui chiama un meshwork, una rete di maglie dinamica e interconnessa.
L'essere umano non è un'entità composta da corpo e mente, ma un organismo-persona inseparabile dal suo ambiente, che non è uno sfondo passivo ma un flusso continuo di materiali ed energie con cui e attraverso cui la vita si genera.
Sciogliendo le dicotomie tra mente e corpo, organismo e ambiente, gene e forma, Ingold ci propone un'ecologia delle relazioni sociali dove essere è relazionarsi, e vivere è muoversi lungo le linee di un mondo in perenne formazione.
Bruno Latour: La politica del terrestre nell'Antropocene
Infine, Bruno Latour porta questa critica ontologica sul terreno più urgente e drammatico: la crisi climatica e politica dell'Antropocene.
Ne "La sfida di Gaia", Latour diagnostica la radice del problema in quella che aveva definito la "Costituzione Moderna".
Questa costituzione ha operato una doppia separazione: da un lato, ha creato una Natura oggettiva, stabile e governata da leggi universali, appannaggio della Scienza; dall'altro, ha creato una Società di soggetti liberi, che costruiscono la loro politica e i loro valori.
Il trucco della modernità è stato quello di purificare costantemente questi due poli, negando l'esistenza dei loro ibridi (gli attori socio-tecnici, i fatti scientifici politicamente carichi, la natura che reagisce alle nostre azioni).
L'Antropocene, per Latour, è il momento in cui questo artificio crolla.
La Terra, sotto il nome di Gaia, non è la Natura stabile e passiva dei moderni, né la Dea madre benevola dei new age.
Gaia è un insieme complesso, interconnesso e reattivo di agenti (umani, batteri, oceani, industrie, foreste) le cui azioni sono così intrecciate da rendere impossibile ogni separazione.
Gaia è l'irruzione della natura-agente all'interno della politica umana.
La "sfida" consiste nell'abbandonare la visione di un globo osservabile dall'esterno ("la visione dal nulla") per riconoscersi come Terrestri: esseri la cui esistenza dipende da una sottile pellicola di spazio vitale, la "zona critica", e che sono implicati in relazioni di dipendenza con una miriade di altri agenti non-umani.
La soluzione non può più essere una governance globale basata su fatti scientifici indiscutibili, ma una nuova forma di diplomazia dove i rappresentanti dei diversi popoli e, metaforicamente, dei diversi "esseri" di Gaia (fiumi, foreste, ghiacciai) si incontrano per negoziare un mondo comune abitabile.
Verso una nuova composizione del mondo
Le traiettorie di Descola, Viveiros de Castro, Ingold e Latour, pur partendo da campi diversi (strutturalismo comparativo, etnografia amazzonica, fenomenologia ecologica, filosofia della scienza), convergono in un progetto comune di portata rivoluzionaria.
Insieme, essi orchestrano la demolizione del dualismo Natura/Cultura e, con esso, del soggetto umano eccezionale e sovrano che lo abitava.
Descola ci mostra che il nostro mondo naturalista è solo uno tra i possibili.
Viveiros de Castro ci spinge a pensare con un altro mondo, usandone il potere concettuale per sradicare le nostre categorie.
Ingold ci fornisce il linguaggio per descrivere come si vive in un mondo non-dualistico, un mondo di flussi, relazioni e processi.
Latour traduce questa comprensione ontologica in un'urgenza politica, chiamandoci a comporre un nuovo "collettivo" di umani e non-umani su una Terra che non ci fa più da sfondo.
Il loro contributo collettivo segna il passaggio da un'antropologia dell'epistemologia (come conosciamo mondi diversi?) a un'antropologia dell'ontologia (di cosa sono fatti questi mondi?).
Questo non è un esercizio accademico fine a se stesso.
È la ricerca di un apparato concettuale, etico e politico all'altezza delle sfide del nostro tempo.
Di fronte a un pianeta che reagisce, a sistemi sociali che vacillano e a certezze che si dissolvono, queste quattro opere non offrono risposte facili, ma qualcosa di più prezioso: la possibilità di porre domande nuove e radicali su cosa significhi coesistere, non sulla Terra, ma con la Terra e tutti i suoi abitanti.
- Bruno Latour: "La sfida di Gaia";
- Eduardo Viveiros De Castro: "Metafisiche cannibali";
- Tim Ingold: "Siamo linee: Per un'ecologia delle relazioni sociali";
- Philippe Descola: "Oltre Natura e Cultura".
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