di socialclimatejustice.blogspot.com
In un’epoca segnata dalla convergenza di crisi ecologiche, sociali ed economiche, il paradigma dominante dello sviluppo capitalistico viene messo in discussione da una costellazione di prospettive disciplinari e geografiche che convergono su una diagnosi comune: l’insostenibilità di un modello basato sulla crescita infinita, lo sfruttamento e l'omologazione culturale.
Da queste prospettive emerge un dialogo intellettuale che, muovendo da presupposti marxisti, ecologisti, post-strutturalisti e indigenisti, traccia le coordinate per un "post-sviluppo" radicato nella giustizia sociale e ambientale.
La connessione globale degli sfruttati: la "Questione Meridionale Planetaria".
Luciano Vasapollo, in "Dagli Appennini alle Ande: Cafoni e Indios, l'educazione della terra", stabilisce un audace parallelo tra due figure apparentemente distanti: il "cafone" del Mezzogiorno italiano e l'"indio" delle Ande latinoamericane.
L'analisi, solidamente ancorata a un'impostazione marxista, identifica un comune denominatore nella loro subalternità storica all'interno del processo di accumulazione capitalistica.
Vasapollo sostiene che tanto i contadini del Sud Italia quanto i popoli originari del Sud America siano stati oggetto di un'espropriazione non solo materiale (la terra), ma anche culturale e simbolica.
La loro presunta "arretratezza" è stata la narrazione funzionale a giustificarne lo sfruttamento e l'integrazione (subordinata) in un'economia di mercato che ne ha dissolto le forme di vita comunitarie.
Il saggio di Vasapollo non è un'operazione nostalgica, ma una critica all'imperialismo che, ieri come oggi, attacca le economie e le culture non allineate alla logica del profitto.
"L'educazione della terra" allude a una saggezza ancestrale, a un rapporto rigenerativo con le risorse che queste culture contadine incarnano.
Questa sapienza, definita "socialismo precapitalista", non è vista come un residuo del passato da superare, ma come un archivio di pratiche e valori alternativi.
In questo, il pensiero di Vasapollo si salda con le esperienze di governi socialisti latinoamericani, come quelli aderenti all'ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe), che tentano di coniugare la pianificazione statale con il recupero di visioni del mondo indigene come il "Buen Vivir".
Il libro, quindi, legge la resistenza dei "cafoni" e degli "indios" come una lotta di classe globale contro un modello di sviluppo predatorio, ponendo le basi per una solidarietà internazionalista "da Sud a Sud".
L'Ecologismo dei poveri: i "Conflitti Ecologici Distributivi".
Se Vasapollo legge la storia attraverso la lente del conflitto di classe, Joan Martinez Alier, nel suo fondamentale "L'ecologia dei poveri", la interpreta attraverso quella dei "conflitti ecologici distributivi".
Questo concetto è cruciale: si tratta di dispute sull'accesso e il controllo delle risorse naturali (foreste, acqua, terra, biodiversità) e sulla distribuzione diseguale dei danni ambientali (inquinamento, scorie tossiche, cambiamento climatico).
Martinez Alier, pioniere dell'economia ecologica, dimostra empiricamente come il metabolismo del sistema industriale globale si sostenga sull'esternalizzazione dei suoi costi ecologici e sociali sulle comunità più vulnerabili, prevalentemente nel Sud del mondo.
L'"ecologismo dei poveri" non è un movimento ideologico strutturato che si batte per la "natura" in astratto, come l'ambientalismo tradizionale del Nord globale.
È, piuttosto, una lotta per la sopravvivenza.
Le comunità che si oppongono a una miniera, a una diga o a una piantagione di monocoltura non lo fanno primariamente per preservare un paesaggio incontaminato, ma perché quelle attività minacciano le loro fonti di sussistenza, la loro salute e la loro cultura.
Martinez Alier introduce il concetto di "incommensurabilità dei valori", mostrando come il linguaggio economicistico dei costi-benefici sia inadeguato e politicamente orientato, poiché ignora valori non monetizzabili come la sacralità di un luogo, la giustizia intergenerazionale o la coesione comunitaria.
In questa prospettiva, si rivelano connessioni profonde con l'ecofemminismo: sono spesso le donne a subire le conseguenze più dirette della degradazione ambientale e a porsi in prima linea nelle lotte per la difesa del territorio, in quanto tradizionalmente legate alla gestione delle risorse per la riproduzione della vita.
Un mosaico di mondi possibili: Il "Pluriverso" del Post-Sviluppo.
"Pluriverso: Dizionario del post-sviluppo", opera collettiva curata da figure di spicco come Ashish Kothari, Ariel Salleh e Arturo Escobar, rappresenta la più completa sistematizzazione delle correnti di pensiero che animano la critica allo sviluppo.
Il titolo stesso è un manifesto: contro l'universo imposto dal modello capitalista, patriarcale e colonialista, si afferma l'esistenza di un "pluriverso" di visioni del mondo, economie e modi di vivere.
Il dizionario è strutturato per decostruire l'ideologia dello "sviluppo" e, contemporaneamente, per mappare le innumerevoli alternative che già esistono e resistono.
Voci come "Decrescita", "Buen Vivir", "Autonomia", "Comunalidad" ed "Ecofemminismo" non sono presentate come utopie astratte, ma come concetti emersi da pratiche sociali concrete.
La "decrescita" è un progetto politico per ridurre equamente il metabolismo sociale ed uscire dalla religione della crescita.
Il "Buen Vivir" (o Sumak Kawsay), radicato nelle cosmologie andine, propone un'idea di vita buona basata sull'armonia con la comunità e con la natura, piuttosto che sull'accumulazione materiale.
L'opera distingue nettamente queste alternative trasformative dalle "soluzioni riformiste" come l'economia verde o lo sviluppo sostenibile, smascherandole come tentativi del capitalismo di "mettere a profitto" la crisi ecologica senza metterne in discussione le fondamenta.
Pluriverso funge così da cornice teorica e da catalogo ragionato delle pratiche che animano tanto le lotte descritte da Martinez Alier quanto le economie studiate da Vasapollo.
L'Autonomia in pratica: L"'Economia Comunitaria Indigena".
Andrea Mazzocco, con "Economia comunitaria indigena", ci porta dal piano teorico a quello dell'etnografia militante.
Il suo libro, basato su una ricerca sul campo in America Latina e in particolare nel Chiapas zapatista, analizza le economie comunitarie come alternative concrete e funzionanti al capitalismo.
Mazzocco descrive sistemi economici dove la proprietà della terra è collettiva, il lavoro ha un valore sociale prima che monetario e le decisioni vengono prese in assemblee comunitarie, secondo principi di democrazia radicale.
Il faro della sua analisi è l'esperienza dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che dal 1994 ha costruito un sistema di autogoverno basato su municipi autonomi e "Giunte di Buon Governo".
Qui, l'Autonomia non è solo un discorso politico, ma una pratica quotidiana che si declina in un sistema educativo, sanitario e, appunto, economico.
L'economia zapatista, con le sue cooperative di caffè, l'artigianato e l'agricoltura di sussistenza, non mira alla crescita del PIL, ma alla riproduzione e al rafforzamento della comunità.
Mazzocco, attraverso questi esempi, dimostra che un'economia non basata sulla competizione e sul profitto individuale è possibile.
Questo lavoro offre una potente illustrazione pratica dei concetti di "autonomia" e "comunalidad" presenti in Pluriverso e incarna l'essenza dell'ecologismo dei poveri di Martinez Alier, dove la difesa del territorio si traduce nella costruzione di un mondo diverso.
Convergenze: per la costruzione di un Orizzonte Comune
La lettura incrociata di queste quattro opere rivela un potente corpus di critica radicale.
Tutti gli autori convergono nel rifiutare l'universalismo e la presunta neutralità del discorso economico dominante, svelandone la natura politica e la funzionalità agli interessi del capitale.
L'analisi di Vasapollo sulla subalternità storica, quella di Martinez Alier sullo scambio ecologico ineguale, la decostruzione del concetto di sviluppo in Pluriverso e l'etnografia delle alternative di Mazzocco si completano a vicenda, offrendo una critica a 360 gradi.
Emergono tuttavia anche delle tensioni profonde.
La più evidente è quella tra il modello di transizione socialista di stampo statale, evocato da Vasapollo nel suo riferimento all'ALBA, e il modello di autonomia radicale, anti-statale e municipalista degli zapatisti descritto da Mazzocco.
Mentre il primo si basa sulla conquista e l'uso del potere statale per redistribuire la ricchezza (come quella petrolifera), il secondo si fonda sul principio di "costruire un mondo nuovo nel guscio del vecchio", rifiutando il dialogo con lo Stato-nazione e creando istituzioni parallele dal basso.
Nonostante queste differenze strategiche, il dialogo tra le opere rimane fecondo.
L'ecologia dei poveri di Martinez Alier fornisce il contesto ambientale alle lotte di classe descritte da Vasapollo.
Le economie comunitarie di Mazzocco sono esempi viventi del Pluriverso di alternative.
La saggezza contadina e indigena che Vasapollo difende è la stessa che, nelle lotte descritte da Martinez Alier, articola linguaggi di valutazione alternativi a quelli del mercato.
In conclusione, questi quattro libri, pur nella loro specificità, contribuiscono a delineare un orizzonte politico e intellettuale comune.
Essi ci insegnano che la critica allo sviluppo non è un lusso per accademici disimpegnati, ma una necessità vitale che emerge dalle lotte dei "dannati della terra" e dell'estrattivismo.
Dagli Appennini alle Ande, passando per le innumerevoli comunità che nel mondo resistono e costruiscono alternative, si leva una richiesta di dignità, giustizia e autonomia.
Questi testi non offrono ricette preconfezionate, ma una grammatica della critica che indica come altri mondi possibili non solo siano auspicabili, ma già in costruzione.
Luciano Vasapollo: "Dagli Appennini alle Ande";
Joan Martinez Alier: "L'ecologia dei poveri";
A.Kothari, A.Salleh e A.Escobar e altri: "Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo";
Andrea Mazzocco: "Economia comunitaria indigena".
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