di socialclimatejustice.blogspot.com
Il Panafricanismo e la Decolonizzazione sono processi profondamente intrecciati: il Panafricanismo ha fornito la base ideologica e il quadro di solidarietà per la lotta anticoloniale, mentre la Decolonizzazione ha rappresentato il suo parziale compimento rivelando, al tempo stesso, nuove e più insidiose sfide.
Un'analisi approfondita di questa complessa interazione non può prescindere dal dialogo con le opere fondamentali che ne hanno definito i contorni.
Insieme, queste opere offrono una narrazione completa che va dalla genesi ideologica del movimento alla cruda realtà post-indipendenza.
Le radici e l'evoluzione ideologica del Panafricanismo
Per comprendere la spinta verso la decolonizzazione, è essenziale partire dalle sue fondamenta ideologiche.
Vincent Bakpetu Thompson, nella sua opera enciclopedica "Africa and Unity: The Evolution of Pan-Africanism" (1969), traccia meticolosamente l'evoluzione del Panafricanismo da un'idea diasporica a un programma politico continentale.
Thompson chiarisce come il movimento sia emerso alla fine del XIX secolo non come un'astratta utopia, ma come una risposta diretta e necessaria all'oppressione sistemica dell'imperialismo europeo, della tratta degli schiavi e del razzismo.
Il Panafricanismo, secondo Thompson, si è configurato sin dall'inizio come l'antitesi ideologica della Conferenza di Berlino (1884-85), cercando di restaurare l'orgoglio e la dignità dei popoli africani e di unificare un continente frammentato.
L'opera documenta i congressi panafricani, il ruolo cruciale di figure come W.E.B. Du Bois e Marcus Garvey, e la transizione da un movimento prevalentemente intellettuale e diasporico a una forza politica radicata nel continente, pronta a guidare le lotte per l'indipendenza.
Il Panafricanismo non si è evoluto in un vuoto ideologico: la metà del XX secolo, dominata dalla Guerra Fredda ha costretto i movimenti di liberazione a posizionarsi tra i due blocchi.
È in questo contesto che l'opera di George Padmore, "Pan-Africanism or Communism?" (1956), assume un'importanza capitale. Padmore, un tempo figura di spicco dell'Internazionale Comunista (Comintern), offre una testimonianza e un'argomentazione potenti per un "terzo cammino".
Dopo aver rotto con il comunismo, accusando l'Unione Sovietica di subordinare la lotta anticoloniale ai propri interessi di politica estera, Padmore teorizza il Panafricanismo come ideologia di liberazione autonoma.
Egli sostiene che i popoli colonizzati possono fare affidamento solo su se stessi.
L'opera è un manifesto che distingue nettamente il nazionalismo panafricano, basato sulla solidarietà razziale e continentale, dal marxismo-leninismo, che Padmore riteneva inadeguato a cogliere le specificità della condizione coloniale.
La sua visione, che ha posto le basi per una politica di non allineamento culmina nell'appello per la creazione degli "Stati Uniti d'Africa"; evidenziando non solo la rottura con Mosca, ma anche il rifiuto del modello capitalista occidentale.
Il processo storico della Decolonizzazione
Se Thompson e Padmore delineano il "perché" e il "come" ideologico della lotta, David Birmingham, in "The Decolonization of Africa" (1995), ne descrive il processo storico concreto.
L'opera di Birmingham si distingue per una prospettiva che si allontana dalla storiografia "imperiale", adottando un punto di vista centrato sull'Africa.
Egli presenta la decolonizzazione non come una semplice ritirata delle potenze coloniali, ma come un processo complesso e multiforme guidato da tre fattori principali: il nazionalismo indigeno, le pressioni internazionali (in particolare da parte di Stati Uniti e Unione Sovietica, che per ragioni diverse vedevano con sfavore il colonialismo europeo) e il calcolato ritiro delle metropoli.
Birmingham sottolinea che la decolonizzazione è stata anche un processo di democratizzazione, seppur imperfetto, guidato dagli stessi africani.
Il suo libro analizza le diverse traiettorie regionali, dalla lotta armata in Algeria al trasferimento negoziato del potere nell'Africa occidentale britannica, dimostrando che non esiste un modello unico di decolonizzazione.
Il processo fu, piuttosto, un "mosaico di esperienze" che lasciò in eredità confini artificiali, economie dipendenti e complesse sfide politiche, preparando il terreno per le difficoltà del periodo successivo.
La sfida del Neocolonialismo
L'indipendenza politica, celebrata come il culmine della lotta, si rivelò presto un traguardo parziale.
È qui che si inserisce l'analisi profetica e spietata di Kwame Nkrumah, primo presidente del Ghana e allievo intellettuale di Padmore.
La sua opera "Neo-Colonialism: The Last Stage of Imperialism" (1965) è un atto d'accusa contro il nuovo ordine mondiale.
Nkrumah conia e definisce il concetto di neocolonialismo, descrivendolo come la fase più pericolosa dell'imperialismo.
Egli scrive: "L'essenza del neocolonialismo è che lo Stato che vi è soggetto è, in teoria, indipendente e possiede tutti i crismi della sovranità internazionale.
In realtà, il suo sistema economico e quindi la sua politica sono diretti dall'esterno".
Il controllo non avviene più attraverso l'amministrazione diretta, ma tramite mezzi economici e politici indiretti, di cui Nkrumah identifica meticolosamente i meccanismi.
Il capitale internazionale monopolistico:
multinazionali e consorzi finanziari che controllano le risorse naturali e i settori chiave delle economie africane, perpetuano un modello di estrazione di materie prime a basso costo e vendita di prodotti finiti a prezzi elevati.
Gli "aiuti" esteri: spesso presentati come atti di generosità, sono in realtà prestiti che indebitano le nazioni e le legano ai loro ex dominatori o a nuove potenze.
La balcanizzazione: la frammentazione del continente in piccoli stati, spesso economicamente non vitali e in competizione tra loro, è lo strumento principale del neocolonialismo, poiché impedisce una resistenza unita.
Il controllo culturale e ideologico: attraverso i media, l'istruzione e le istituzioni internazionali, vengono promossi valori e modelli che servono gli interessi neocoloniali.
Per Nkrumah, l'unica risposta a questa minaccia è la stessa che propugnava Padmore: l'unità africana.
Ma non un'unità vaga o una semplice cooperazione; egli invoca un'unione politica continentale, un governo federale con un esercito e un mercato comuni, in grado di negoziare con il mondo da una posizione di forza.
La sua opera fu così controversa e percepita come una minaccia diretta agli interessi occidentali che, secondo molti analisti, contribuì alla sua deposizione con un colpo di stato nel 1966, appena un anno dopo la pubblicazione del libro.
L'unità politica continentale: l'unica via per un'autentica sovranità
L'analisi congiunta di queste quattro opere fondamentali offre una visione panoramica e profonda della lotta per la liberazione africana.
Thompson ci fornisce la genealogia del Panafricanismo, mostrandone le radici come movimento di resistenza culturale e politica.
Padmore lo colloca nel suo contesto storico-ideologico, rivendicandone l'autonomia dal comunismo e dall'imperialismo e definendolo come il quadro intellettuale per l'emancipazione.
Birmingham narra il complesso e variegato processo attraverso cui questa spinta ideologica si è tradotta nel raggiungimento dell'indipendenza politica, evidenziando il ruolo attivo degli attori africani.
Infine, Nkrumah smaschera i limiti di questa indipendenza formale, definendo con lucidità la nuova forma di dominio, il neocolonialismo, e indicando nell'unità politica continentale l'unica via per un'autentica sovranità.
Leggere queste opere in successione è come seguire l'arco completo di una grande narrazione storica: dall'affermazione di un'idea rivoluzionaria alla sua parziale realizzazione e alla conseguente consapevolezza che la lotta fosse tutt'altro che finita.
Il dibattito acceso da questi autori rimane di straordinaria attualità.
Le sfide del neocolonialismo, della dipendenza economica, della frammentazione politica e dell'ingerenza esterna continuano a plasmare il destino del continente africano.
Il sogno panafricano di un'Africa unita, sovrana e protagonista del proprio futuro continua a ispirare le nuove generazioni e rimane il punto di riferimento essenziale per comprendere le lotte e le aspirazioni dell'Africa contemporanea.
Birmingham, D. (1995): "The Decolonization of Africa";
Nkrumah, K. (1965): "Neo-Colonialism: The Last Stage of Imperialism";
Padmore, G. (1956): "Pan-Africanism or Communism?";
Thompson, V. B. (1969): "Africa and Unity: The Evolution of Pan-Africanism".
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