Masaniello e i dieci giorni che sconvolsero Napoli: un capitolo cruciale della storia europea.

di socialclimatejustice.blogspot.com

La rivolta napoletana del 1647, uno degli eventi più dirompenti del Seicento europeo, e la sua tragica guida, Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello, hanno costituito un inesauribile terreno di indagine, narrazione e mitizzazione.

Una Rivoluzione Strutturale 

L'opera di Rosario Villari, "La rivolta antispagnola a Napoli", rappresenta una svolta capitale nella storiografia sulla Napoli spagnola.
Rovesciando l'interpretazione (reazionaria) che vedeva nella rivolta "un'improvvisa e irrazionale furia popolare" (o la semplice epopea di Masaniello), Villari inserisce gli eventi del 1647 in un lungo arco temporale di crisi che affonda le sue radici almeno dal 1585.
Il suo lavoro non è una biografia del pescatore amalfitano, ma un'analisi profonda delle tensioni strutturali – economiche, politiche e sociali – che per decenni avevano covato sotto la cenere del viceregno.
Il suo contributo fondamentale è stato quello di spostare l'analisi dal singolo evento (i "dieci giorni" di Masaniello) a un processo di lunga durata, e dall'eroe individuale alle forze collettive e alle strutture socio-economiche.
Villari, dunque, inserisce Napoli nel quadro più ampio della "crisi generale del Seicento", dimostrando come le tensioni che scossero la città fossero le stesse che stavano infiammando la Catalogna, il Portogallo e l'Inghilterra.
L'insurrezione napoletana, dunque, non fu un fenomeno isolato e provinciale, ma un capitolo cruciale della storia europea.
Villari identifica tre principali motori della crisi che portò alla rivoluzione.
La Pressione fiscale spagnola: l'Impero spagnolo, dissanguato finanziariamente dalla Guerra dei Trent'anni, imponeva al Regno di Napoli un carico fiscale insostenibile, che colpiva soprattutto i ceti popolari e produttivi attraverso gabelle sui beni di prima necessità.
La Crisi economica interna: la tassazione esasperata soffocava le attività artigianali e commerciali, favorendo un processo di "rifeudalizzazione"; i capitali, invece di essere investiti in attività produttive, venivano usati per acquistare titoli nobiliari e terre, trasformando la borghesia urbana in una classe di rentier parassitari.
La Frattura sociale: accanto alla "plebe" dei lazzari, viveva un composito "popolo" che includeva anche il "ceto civile" (avvocati, intellettuali, mercanti).
Quest'ultimo gruppo aveva un proprio programma politico: non solo l'abolizione delle gabelle, ma la riconquista di antichi privilegi e una maggiore rappresentanza politica contro lo strapotere della nobiltà.
Nel disegno di Villari, Masaniello non è l'artefice della rivoluzione, ma ne è il potente catalizzatore: è la figura carismatica che riesce a saldare temporaneamente le diverse anime della protesta e a darle una forza d'urto inarrestabile.
La sua leadership, tuttavia, rappresentò solo la prima fase: dopo la sua morte, la rivoluzione non si spense, ma evolvette verso la proclamazione della "Real Repubblica Napoletana"; testimonianza della vitalità di un progetto politico che andava ben oltre la figura del giovane pescatore.

La scomposizione del Mito: l'uomo e la sua leggenda

Vittorio Dini, in "Masaniello: l’eroe e il mito", torna a concentrarsi sulla figura del capopopolo, con l'intento esplicito di separare il dato storico dalla sovrastruttura mitica.
Il suo saggio si dedica alla meticolosa ricostruzione della cronologia dei "dieci giorni che sconvolsero Napoli" (7-16 luglio 1647), basandosi su fonti dirette (come le lettere del Cardinale Ascanio Filomarino).
Il nucleo dell'argomentazione di Dini risiede nella dicotomia tra l'eroe e il mito.
L'eroe è il Masaniello storico, il giovane pescatore che, per un brevissimo lasso di tempo, incarnò le speranze di un popolo oppresso, mostrando lucidità politica e un carisma straordinario.
Il mito, invece, è la costruzione postuma, la leggenda che si impadronì della sua figura trasformandola in un simbolo polivalente: eroe della libertà per i repubblicani, ribelle plebeo per l'aristocrazia, incarnazione della follia del potere per i moralisti.
Dini analizza come la parabola di Masaniello – l'ascesa folgorante, il potere assoluto, la presunta pazzia e la tragica morte – contenga tutti gli elementi della tragedia classica, prestandosi a infinite riletture.
L'opera di Dini non si limita a narrare gli eventi ma indaga il processo di mitopoiesi, mostrando come un personaggio storico possa essere svuotato della sua complessità per diventare un'icona, un contenitore di significati mutevoli a seconda delle epoche e delle ideologie.
Dini ci restituisce un ritratto dell'eroe storico: "Un giovane di grande carisma e intelligenza naturale, capace di trasformare una protesta in un'insurrezione di massa".
Un leader che dimostrò una sorprendente lucidità politica ma venne travolto dal peso schiacciante di un potere assoluto e improvviso.
La parte più originale del lavoro di Dini riguarda dunque l'analisi di come (subito dopo la morte del giovane ribelle) iniziò la "fabbricazione del mito".
Masaniello venne spogliato della sua dimensione storica per diventare un'icona capace di incarnare significati diversi (e spesso opposti).
Santo popolare: il popolo napoletano, che lo aveva ripudiato e ucciso, ne recuperò il cadavere e gli tributò funerali da re, trasformandolo in un martire della lotta contro l'oppressione.
Ribelle sanguinario: per la storiografia aristocratica divenne il simbolo della furia cieca della plebe, un monito contro i pericoli del disordine sociale.
Eroe della Libertà: durante il Risorgimento e nei secoli successivi, la sua figura venne recuperata e idealizzata come quella di un precursore della lotta per l'indipendenza e la repubblica, un "eroe giacobino" ante litteram.
Dini, in sostanza, ci spiega che il Masaniello che conosciamo non è tanto (o non solo) la figura storica, quanto un simbolo polisemico, un contenitore in cui ogni epoca ha proiettato le proprie paure, le proprie speranze e la propria ideologia.

Due sguardi complementari

La storia della rivolta napoletana e di Masaniello è stata dunque scritta e riscritta in un continuo dialogo tra passato e presente.
Leggere Villari e Dini in successione offre una visione completa e profonda dell'evento e dei suoi protagonisti.
Rosario Villari fornisce il contesto strutturale, il "perché profondo della rivoluzione", analizzando le forze economiche e politiche che resero possibile la ribellione.
Vittorio Dini indaga il fulcro simbolico di quell'esplosione, mostrando come la biografia di un uomo sia diventata materia prima per la costruzione di un "mito immortale".
Insieme, le due opere dimostrano magistralmente come la storia sia un intreccio indissolubile di processi materiali e di costruzioni culturali.


Rosario Villari: "La rivolta antispagnola a Napoli";

Vittorio Dini: "Masaniello: l’eroe e il mito".


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