Il Pluriverso Post-capitalista

di socialclimatejustice.blogspot.com

Buen Vivir, Diritti della Natura e Vie d'uscita dall'Estrattivismo

Alberto Acosta, economista ed ex-presidente dell'Assemblea Costituente dell'Ecuador, emerge come una delle voci più influenti e radicali del pensiero critico latinoamericano contemporaneo.
La sua opera non si limita a una mera critica del modello di sviluppo neoliberale, ma articola una proposta di trasformazione civilizzatrice profonda, radicata in epistemologie ancestrali e proiettata verso un orizzonte post-capitalista.
Il nucleo del suo pensiero risiede in una critica serrata all'antropocentrismo, all'estrattivismo come modalità di accumulazione e all'idea stessa di "sviluppo", proponendo come alternative il paradigma del Buen Vivir (o Sumak Kawsay) e il riconoscimento della Natura come soggetto di diritti: un quadro teorico coerente e una prospettiva politica audace che sfidano i pilastri della modernità occidentale.

Rivoluzione giuridica e filosofica: i Diritti della Natura

Acosta, insieme ad altri autori, formalizza una delle innovazioni giuridiche e filosofiche più significative introdotte nella Costituzione ecuadoriana del 2008: il riconoscimento della Natura, o Pacha Mama, come titolare di diritti.
Questa non è una semplice estensione della protezione ambientale, ma un capovolgimento copernicano della prospettiva giuridica occidentale.
Si passa da una visione antropocentrica, in cui la natura è un oggetto di proprietà e una fonte di risorse da sfruttare per il benessere umano, a una concezione biocentrica (o ecocentrica), dove la Natura possiede un valore intrinseco e il diritto "al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e rigenerazione dei suoi cicli vitali, struttura, funzioni e processi evolutivi".
Questo quadro teorico si fonda su un dialogo fecondo tra il pensiero ecologista occidentale e le cosmovisioni dei popoli indigeni andini, per i quali la Terra non è una risorsa, ma un essere vivente con cui la comunità umana intrattiene una relazione di interdipendenza e reciprocità.
La prospettiva politica che ne deriva è radicale: se la Natura ha diritti, allora l'estrattivismo – l'estrazione intensiva di risorse naturali destinate prevalentemente all'esportazione – non è più solo una questione di impatto ambientale da mitigare, ma una violazione sistematica di tali diritti.
Ciò impone una rinegoziazione fondamentale dei contratti sociali e dei modelli economici, mettendo in discussione la sovranità assoluta dello Stato e del mercato sulle risorse naturali.

Oltre lo "Sviluppo": il Buen Vivir come orizzonte di senso

Il concetto di Buen Vivir, o Sumak Kawsay in lingua Kichwa, è il cuore della proposta alternativa di Acosta.
L'autore chiarisce che il Buen Vivir non è una versione "sostenibile" o "umana" dello sviluppo; al contrario, rappresenta una "rottura epistemica" con l'idea stessa di sviluppo, intesa come un processo lineare, universale e quantitativo basato sulla crescita economica infinita.
Lo sviluppo, secondo Acosta, è un "concetto trappola", un costrutto coloniale che impone un'unica visione del benessere legata al consumo e all'accumulazione materiale.
Il Buen Vivir, invece, è una "opportunità per immaginare altri mondi"; è una filosofia di vita che ricerca l'armonia: armonia con sé stessi, armonia con la comunità (dimensione sociale) e armonia con la Natura (dimensione ecologica).
Questo implica valorizzare la sufficienza anziché l'accumulazione, la vita comunitaria anziché l'individualismo, la diversità culturale ed ecologica anziché l'omologazione.
Politicamente, il Buen Vivir si traduce in una serie di principi guida.
Plurinazionalità e Interculturalità: il riconoscimento e la coesistenza di diverse nazionalità e culture all'interno di uno stesso Stato.
Sovranità Alimentare: il diritto dei popoli a definire le proprie politiche agricole e alimentari.
Economia Sociale e Solidale: la promozione di forme economiche basate sulla cooperazione, la reciprocità e il bene comune, in alternativa alla logica del profitto.
Democrazia Partecipativa: l'ampliamento degli spazi di decisione collettiva oltre i meccanismi della democrazia rappresentativa.

Vie d'uscita dal labirinto capitalista 

Acosta analizza la patologia economica e politica che affligge i paesi ricchi di risorse naturali.
Lungi dall'essere una benedizione, questa abbondanza si trasforma spesso in una "maledizione" che genera dipendenza economica, de-industrializzazione, corruzione, autoritarismo e conflitti socio-ambientali.
L'estrattivismo, sia esso petrolifero, minerario o agro-industriale, diventa il perno di un'economia rentier che distrugge la natura, smantella le alternative produttive e concentra il potere in poche mani.
Acosta sostiene che questo modello non è una fase transitoria verso lo "sviluppo", ma un meccanismo strutturale di subordinazione all'interno del "sistema-mondo capitalista".
Se il labirinto è il capitalismo globale, insostenibile e ingiusto, le uscite non possono essere cercate all'interno della stessa logica.
Acosta e altri autori propongono una convergenza tra il Buen Vivir del Sud globale e i movimenti per la decrescita del Nord globale.
Entrambe le prospettive, pur con origini diverse, condividono una critica radicale al produttivismo e alla religione della crescita economica.
Le prospettive politiche delineate dall'autore mirano a smantellare le fondamenta del modello estrattivista.
Moratoria sull'espansione della frontiera estrattiva: fermare immediatamente nuovi progetti minerari e petroliferi.
Transizione energetica e produttiva: abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili e promuovere economie diversificate, decentralizzate ed ecologicamente compatibili.
Giustizia fiscale e redistribuzione: tassare le rendite estrattive per finanziare la transizione e ridurre le disuguaglianze.
Annullamento del debito ecologico: riconoscere che i paesi industrializzati hanno un debito storico con i paesi del Sud per il saccheggio ecologico e climatico.

Un progetto di Pluriverso

Il pensiero di Alberto Acosta si configura come un progetto intellettuale e politico di straordinaria coerenza e attualità.
La sua non è un'utopia regressiva o un ritorno romantico a un passato pre-moderno, ma un tentativo di "raccogliere i frutti migliori delle diverse modernità" e di intrecciarli con saperi a lungo marginalizzati.
La critica all'estrattivismo fornisce la diagnosi della malattia; i Diritti della Natura offrono il nuovo fondamento etico-giuridico; il Buen Vivir rappresenta l'orizzonte filosofico e culturale della società desiderabile.
Acosta traccia le mappe per la transizione, indicando le alleanze strategiche (come quella con la decrescita) e le politiche necessarie per avviare il cammino.
L'autore ci invita a pensare a un "pluriverso": un mondo in cui coesistono molti mondi, in opposizione all'universo omologante del capitalismo globale.
La sua opera è una cassetta degli attrezzi teorica e politica per tutti coloro che, in America Latina e nel mondo, sono impegnati nella costruzione di alternative radicali alla crisi ecologica, sociale ed economica che definisce il nostro tempo.
È un appello a decolonizzare il pensiero, a re-incantare il mondo e a immaginare, collettivamente, nuove forme di convivenza rigenerative tra esseri gli umani (e con la Terra).


Alberto Acosta: "La Naturaleza si tiene Derechos";

Alberto Acosta: "El Buen Vivir: Sumak Kawsay, una oportunidad para imaginar otros mundos";

Alberto Acosta: "Salidas del laberinto capitalista";

Alberto Acosta: "La maldición de la abundancia".


Commenti