L'Ecologia Politica Latinoamericana.

di socialclimatejustice.blogspot.com

Oltre lo Sviluppo e il Capitale 

L'ecologia politica latinoamericana emerge come un campo di riflessione critica e di proposta trasformativa radicalmente ancorato alle specificità storiche, culturali ed ecologiche del continente.
Essa si articola come una forma di pensiero-azione che decostruisce le narrative dominanti dello sviluppo e della modernità, svelandone le fondamenta coloniali e le devastanti conseguenze socio-ambientali.
In questo panorama intellettuale, le opere dell'antropologo colombiano Arturo Escobar e dell'economista ed epistemologo ambientale messicano Enrique Leff rappresentano due pilastri fondamentali.
Attraverso un'analisi incrociata dei loro lavori è possibile delineare i contorni di una critica profonda al modello di "civilizzazione occidentale" e l'orizzonte di alternative ontologiche e politiche fondate su una razionalità ambientale e sulla difesa del pluriverso.

La decostruzione dello Sviluppo e l'emergere del Pluriverso

Il contributo di Arturo Escobar all'ecologia politica si radica in una critica post-strutturalista allo "sviluppo" come discorso di potere.
Escobar smonta magistralmente l'apparato discorsivo che, a partire dal secondo dopoguerra, ha costruito il "Terzo Mondo" come un insieme di società deficitarie, arretrate e bisognose dell'intervento tecnico ed economico dell'Occidente.
Lo "sviluppo", per Escobar, non è un processo naturale di evoluzione economica, bensì un meccanismo di controllo che opera attraverso la professionalizzazione del sapere (economisti, pianificatori), l'istituzionalizzazione delle pratiche (agenzie di sviluppo, ONG) e la produzione di soggettività (il "povero", il "sottosviluppato").
Questa "invenzione" del sottosviluppo ha avuto l'effetto di soggiogare le economie locali, erodere le culture e mercificare la natura, imponendo una visione del mondo unica e omogeneizzante.
La critica di Escobar è radicale: non si tratta di cercare "sviluppi alternativi", ma di immaginare "alternative allo sviluppo", un passaggio concettuale che apre le porte al pensiero post-sviluppista.
Escobar in collaborazione con altri pensatori, sposta l'analisi sul nesso tra globalizzazione neoliberista e persistenza della "colonialità del potere".
Questo concetto, mutuato da Aníbal Quijano, descrive come le strutture di potere gerarchiche (razziali, epistemiche, economiche) instaurate durante il colonialismo continuino a operare anche dopo la fine delle amministrazioni coloniali formali.
La globalizzazione, in questa ottica, è la fase più recente di un progetto modernizzatore e coloniale che impone un modello di vita insostenibile.
L'opzione decoloniale, di conseguenza, non è una semplice critica, ma un "progetto politico-epistemico che mira a disconnettersi da questa logica".
Essa valorizza le epistemologie di frontiera, i saperi subalterni e le pratiche di resistenza dei movimenti sociali (indigeni, afro-discendenti, contadini) che difendono i loro territori e le loro visioni del mondo.
L'approdo di questo percorso intellettuale si trova nella transizione da un mondo "universo" – fondato sull'ontologia dualista occidentale (natura/cultura, individuo/comunità, mente/corpo) che riduce tutto a risorsa sfruttabile – a un "pluriverso".
Il "pluriverso" è un mondo in cui coesistono molteplici mondi, molteplici ontologie e modi di conoscere e abitare il pianeta.
Non è un relativismo del "tutto va bene", ma un riconoscimento della relazionalità fondamentale di ogni esistenza.
La politica pluriversale è, quindi, una politica ontologica che si batte per la difesa di questi molteplici modi di "essere-nel-mondo" contro l'imposizione di un'unica realtà (quella del mercato globale e dello stato-nazione).
È una politica che parte dalle lotte territoriali per immaginare futuri in cui la vita, e non il capitale, sia al centro. 

Per una Razionalità Ambientale contro il Capitale

Parallelamente e in dialogo con le correnti post-sviluppiste, Enrique Leff sviluppa una critica all'economia politica classica e al marxismo ortodosso, accusandoli di essere "ciechi" alla dimensione ecologica.
Leff sostiene che la logica del capitale è intrinsecamente insostenibile: il capitale, nella sua incessante ricerca di valorizzazione e accumulazione, non riconosce i limiti ecologici, i cicli naturali e i tempi della rigenerazione.
Esso opera attraverso una razionalità economica che è "ecologicamente irrazionale".
La crisi ambientale, dunque, non è un'esternalità negativa da correggere con soluzioni tecnologiche o di mercato (come la "modernizzazione ecologica"), ma una crisi della razionalità stessa della modernità.
Per superare questa crisi, Leff propone la costruzione di una "razionalità ambientale".
Questa non è una semplice "ecologizzazione" dell'economia, ma un nuovo paradigma di pensiero e produzione che nasce dal dialogo tra saperi diversi: le scienze della natura (termodinamica, ecologia), le scienze sociali critiche e, in misura fondamentale, i saperi tradizionali e indigeni.
Questi ultimi sono cruciali perché incarnano forme di co-evoluzione tra cultura e natura che la modernità ha represso.
La razionalità ambientale mira a de-costruire l'oggettivazione della natura tipica del pensiero economico e a ri-territorializzare la produzione, ancorandola alle potenzialità ecologiche e ai significati culturali di luoghi specifici.
Leff lega strettamente questa nuova razionalità a un progetto politico: una democrazia partecipativa in cui le comunità locali possano gestire i propri ecosistemi e definire i propri percorsi di "sviluppo sostenibile" (un termine che Leff usa in senso critico).
L'autore sistematizza queste riflessioni, tracciando la genealogia di un pensiero autonomo che si distingue dall'ambientalismo del Nord globale.
Mentre quest'ultimo si è spesso concentrato sulla conservazione della "wilderness" o su soluzioni manageriali, il pensiero ambientale latinoamericano è intrinsecamente politico.
Nasce dalle lotte per la terra, per l'acqua, per la giustizia ambientale e per il riconoscimento dei diritti collettivi e culturali.
È un pensiero che politicizza l'ecologia e denuncia il debito ecologico del Nord verso il Sud.
Leff parla di un'"epistemologia ambientale" che sfida la frammentazione del sapere scientifico occidentale e promuove un approccio integrato, capace di comprendere la complessità dei sistemi socio-ecologici.

Prospettive politiche e orizzonte comuni

Sebbene partano da genealogie intellettuali distinte – Escobar dal post-strutturalismo e dall'antropologia, Leff da una critica all'economia politica e dall'epistemologia – i loro percorsi convergono su punti cruciali che definiscono l'ecologia politica latinoamericana.
Critica alla Modernità Occidentale: entrambi identificano nella razionalità economica e nell'ontologia dualista della modernità la radice profonda della crisi socio-ambientale.
Per entrambi, la soluzione non può venire dall'interno dello stesso paradigma che ha generato il problema.
Centralità dell'Epistemologia: sia Escobar che Leff sottolineano l'importanza della dimensione epistemica.
La lotta ecologica è anche una lotta tra diverse forme di conoscenza.
La "decolonizzazione del sapere" (Escobar) e la costruzione di una "razionalità ambientale" (Leff) passano attraverso la valorizzazione di saperi subalterni, indigeni e contadini.
Ancoraggio Territoriale: le alternative proposte non sono modelli universali astratti, ma emergono dalle pratiche e dalle lotte concrete dei movimenti sociali che difendono i loro territori.
Il territorio è inteso non come mero spazio fisico, ma come un intreccio di relazioni ecologiche, culturali e affettive.
È il luogo della resistenza all'estrattivismo e della costruzione di autonomie.
Progetto Politico-Ontologico: la posta in gioco è la trasformazione radicale del modello di civilizzazione.
La "politica pluriversale" di Escobar e la "democrazia partecipativa" fondata sulla razionalità ambientale di Leff puntano a un orizzonte post-capitalista, post-sviluppista e post-patriarcale.
Si tratta di una politica che va oltre la gestione delle risorse per interrogarsi su cosa significhi "vivere bene" (il buen vivir o sumak kawsay andino), mettendo in discussione le stesse definizioni di realtà, natura e vita.
In conclusione, il lavoro di Arturo Escobar e Enrique Leff offre un quadro teorico e politico di straordinaria potenza per comprendere e affrontare la crisi planetaria.
L'ecologia politica non può limitarsi a denunciare il degrado ambientale, ma deve impegnarsi in una critica radicale delle strutture di potere – coloniali, capitalistiche, patriarcali – che lo producono.
Le alternative non sono utopie lontane, ma sono già in costruzione nelle pratiche di resistenza e ri-esistenza di innumerevoli comunità in America Latina e nel mondo.
Il pensiero degli autori è un invito a "sentipensare": a unire cioè ragione ed emozione; per partecipare alla creazione di quel pluriverso in cui molteplici mondi possano finalmente fiorire in giustizia e dignità ecologica.


Arturo Escobar: "Incontrare lo sviluppo";

Arturo Escobar e W. Mignolo: "Globalizzazione e opzione decoloniale";

Arturo Escobar: "Politica pluriversale";

Enrique Leff: "Ecologia e Capitale";

Enrique Leff: "Pensiero ambientale latinoamericano".


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