Tra rivolte del cielo e campi di battaglia.

di socialclimatejustice.blogspot.com


Le dinamiche di potere, le strutture economiche e le risposte sociali che modellano il destino del pianeta, hanno trasformato la natura in un vero e proprio campo di battaglia.
Assumiamo il concetto di "Grande Accelerazione" come punto di partenza.
Esso illustra come, a partire dalla metà del XX secolo, la crescita esponenziale della popolazione, del consumo energetico, dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione abbiano innescato un'accelerazione senza precedenti degli impatti umani sui sistemi terrestri.
Questa accelerazione non è meramente una questione di numeri, ma è profondamente radicata nelle strutture socio-economiche e politiche che hanno favorito lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali.
Le disuguaglianze sociali e le logiche di potere hanno plasmato i processi di degrado ambientale: "l'ambiente" non è un'entità neutra, ma un terreno su cui agiscono e si manifestano i conflitti e le gerarchie tra esseri umani (e tra umanità e non umani).
In questo contesto, una dimensione fondamentale è costituita dalla percezione umana dei cambiamenti climatici e la reazione ad essi.
Fin dall'inizio dell'epoca moderna ci sono state consapevolezze e persino "rivolte" contro i fenomeni meteorologici estremi e le loro conseguenze, (spesso attribuite a cause divine o morali) trasformando eventi locali in crisi sistemiche dalle conseguenze globali.
Le radici profonde della crisi ecologica sono da ricercare nel capitalismo e nella sua incessante ricerca di risorse "a buon mercato": lavoro, cibo, energia e materie prime.
La modernità capitalista ha sistematicamente svalutato la natura e il lavoro, rendendoli disponibili a costi irrisori per il processo di accumulazione.
Questa logica di "mondo a buon mercato" non solo ha esaurito le risorse, ma ha anche creato disuguaglianze e sfruttamento, alimentando un circolo vizioso di degrado ambientale e ingiustizia sociale; un regime economico che ha normalizzato lo sfruttamento illimitato.
La natura stessa oggi non è più solo una risorsa da sfruttare o un sistema da gestire, ma un'arena in cui si scontrano interessi divergenti: tra corporazioni e comunità locali, tra stati e popolazioni indigene, tra presente e futuro.
Questo "campo di battaglia" evidenzia la violenza intrinseca insita nel modello di sviluppo dominante e la necessità di riconoscere l'agency della natura stessa, che risponde con eventi climatici estremi e perdita di biodiversità, ricalibrando i termini del conflitto.
L'intreccio di queste prospettive rivela un'epoca definita da dinamiche storiche di potere, da un sistema economico vorace e da risposte sociali complesse.
La "Grande Accelerazione" lungi dall'essere un destino ineluttabile, è piuttosto la conseguenza di scelte umane guidate da logiche di "mondo a buon mercato".
Le "rivolte del cielo" e l'idea che la "natura sia un campo di battaglia" ci ricordano che il conflitto per il futuro del pianeta è già in atto, e che la rigenerazione dell'ambiente non può essere separata dalla lotta per la giustizia sociale e per una radicale revisione dei rapporti di potere che hanno portato a questa crisi senza precedenti.
Il futuro dipenderà dalla capacità di riconoscere queste interconnessioni ed agire di conseguenza.


- Barca Stefania e Armiero Marco (2004) Storia dell'ambiente 

- Engelke Peter e MCNeill J.R. (2018) La grande accelerazione 

- Fressoz J.B  e Locker F. (2022) Le rivolte del cielo

- Patel R. e Moore J.W. (2018) Una storia del mondo a buon mercato 

- Cheukeyan R. (2019) La natura è un campo di battaglia


Commenti