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Nel tumultuoso crogiolo della Rivoluzione Inglese, tra il crollo dell'assolutismo monarchico e l'ascesa di nuove forme di potere, emerse una delle voci più radicali del pensiero politico occidentale, quella di Gerard Winstanley (1609-1676).
Figura di spicco del movimento dei Diggers o True Levellers (Veri Livellatori), Winstanley elaborò una critica profonda e senza compromessi delle fondamenta stesse della società del suo tempo: la proprietà privata, la disuguaglianza sociale e l'oppressione religiosa.
La sua visione, una sintesi potente di misticismo panteistico e comunismo agrario, trovò espressione in una serie di pamphlet e scritti, tra cui spiccano per importanza e densità concettuale "The New Law of Righteousness" (1649) e "The Law of Freedom in a Platform" (1652).
L'analisi di queste due opere permette di tracciare l'evoluzione del suo pensiero, da un'ispirazione prevalentemente teologica e millenaristica a un progetto politico concreto e dettagliato per la costruzione di una repubblica comunista.
"The New Law of Righteousness": la radice teologica della rivoluzione
Pubblicato nel gennaio del 1649, in un momento storico cruciale segnato dall'imminente esecuzione di Carlo I, "The New Law of Righteousness" rappresenta il manifesto teologico e filosofico che anima l'azione dei Diggers.
L'opera non è un programma politico in senso stretto, ma una visione profetica che fonda la necessità della rivoluzione sociale su una reinterpretazione radicale della dottrina cristiana.
Al centro del pensiero di Winstanley si trova una concezione panteistica e immanentista della divinità.
Dio non è un'entità trascendente e personale, un "grande proprietario terriero celeste" che governa il mondo dall'alto, ma è la Ragione stessa, uno spirito immanente che permea l'intera creazione.
"Dio", scrive Winstanley, "è la Ragione: il principio che governa ogni cosa".
Questa Ragione, o "Spirito", non si rivela attraverso le istituzioni ecclesiastiche o le scritture interpretate dal clero, ma risiede all'interno di ogni essere umano.
La vera rivelazione è interiore: è la scoperta del "Cristo interiore", la scintilla della ragione divina presente in ogni individuo.
La "Caduta" come privatizzazione della Creazione
Questa premessa teologica è la chiave per comprendere la critica winstanleyana alla proprietà privata.
Secondo la sua esegesi, la "Caduta" dell'uomo non fu un semplice atto di disobbedienza, ma l'atto originario di appropriazione e recinzione.
Adamo non peccò mangiando un frutto, ma desiderando di possederlo per sé, introducendo nel mondo i concetti di "mio" e "tuo".
La proprietà privata è, quindi, la manifestazione esteriore della Caduta, la "maledizione" che ha corrotto le relazioni umane e ha trasformato la Terra, creata come "tesoro comune per tutti", in un terreno di conflitto e sfruttamento.
La disuguaglianza, la povertà e la tirannia sono le dirette conseguenze di questa originaria privatizzazione della creazione.
Di conseguenza, il clero e l'aristocrazia, i "poteri delle tenebre", sono i principali sostenitori di questo sistema peccaminoso, poiché la loro autorità e i loro privilegi si fondano sulla negazione della Terra come patrimonio comune.
La "nuova legge della Giustizia": il comunismo come redenzione
La "nuova legge della giustizia" annunciata da Winstanley è il rovesciamento di questo stato di cose.
Se la Caduta è stata l'instaurazione della proprietà, la Redenzione non può che consistere nella sua abolizione attraverso la restaurazione della comunione dei beni.
L'azione dei Diggers, che iniziarono a coltivare le terre comuni a St. George's Hill proprio nell'aprile del 1649, era la messa in pratica di questa teologia: un atto simbolico e concreto per "far sì che la Terra diventi un tesoro comune di sostentamento per l'intera umanità, senza distinzione di persona".
In quest'opera, l'escatologia si fonde con la politica: la Seconda Venuta di Cristo non è un evento futuro e soprannaturale, ma l'ascesa della Ragione e dello spirito di comunanza nel cuore degli uomini e delle donne, un processo di liberazione terrena che porterà alla nascita di una "nuova Gerusalemme" (qui, in Inghilterra).
Dalla profezia al progetto
"The Law of Freedom in a Platform" (1652), opera scritta in un clima di disillusione per il fallimento dell'esperimento Digger, rappresenta un significativo cambio di registro.
Indirizzata direttamente a Oliver Cromwell, l'opera abbandona il tono prevalentemente profetico per delineare un dettagliato modello costituzionale di una repubblica comunista.
È il tentativo di tradurre la visione in una struttura istituzionale, riconoscendo che la sola persuasione morale non è sufficiente.
Winstanley delinea un sistema politico ed economico basato sull'abolizione totale della proprietà privata della terra e del commercio.
La terra è collettivizzata e il suo prodotto viene raccolto in magazzini comuni ("storehouses") dai quali ogni famiglia può attingere secondo le proprie necessità.
Il Parlamento, eletto annualmente, ha il compito di emanare leggi che preservino la "vera libertà", ovvero l'accesso universale ai frutti della Terra.
Un altro aspetto fondamentale del progetto è l'enfasi sull'educazione universale.
Tutti i bambini devono essere istruiti non solo nelle lettere, ma anche nelle arti e nei mestieri, in modo che la conoscenza non sia più appannaggio di un'élite clericale.
L'obiettivo è formare cittadini virtuosi e consapevoli, capaci di comprendere e sostenere i principi della repubblica comunista.
Anche la struttura familiare viene inserita in un contesto comunitario dove la sussistenza non dipende più dalla proprietà privata.
Il "Potere Regale": anatomia dell'oppressione
Per comprendere appieno il pensiero di Winstanley, è cruciale analizzare il suo concetto onnicomprensivo di "Kingly Power" (Potere Regale).
Questa non è una semplice critica alla monarchia, ma una sofisticata analisi delle strutture interconnesse che costituiscono l'oppressione.
Il "Potere Regale" è un principio, un sistema che si manifesta in diverse forme.
Il "Re Esterno": il potere visibile del tiranno, del signore della terra (lord of the manor), e dello Stato che impongono la loro volontà con la forza.
È il potere che "recinta la terra con la spada e la legge".
Il "Re Interiore": Winstanley, con grande acume psicologico, sosteneva che il potere esterno si reggesse su un "re interiore" presente in ogni individuo.
Questo re è l'egoismo, l'avidità, l'orgoglio e la brama di dominare gli altri.
Finché questo tiranno interiore non viene deposto dalla "Ragione" o dal "Cristo interiore", gli uomini continueranno a desiderare di opprimere e a sottomettersi all'oppressione esterna.
La vera rivoluzione, quindi, deve essere sia esteriore (economica) che interiore (spirituale): sconfiggere il monarca non significa nulla se non si abbattono anche le altre sue manifestazioni.
I pilastri della Tirannia: la critica al Clero e agli Avvocati
La critica di Winstanley si scaglia con particolare veemenza contro due classi professionali che egli vedeva come i principali agenti e giustificatori del "Potere Regale": il clero e gli avvocati.
Winstanley accusava i preti e i ministri di tutte le confessioni di aver trasformato la conoscenza di Dio in una merce (a trade).
Essi creavano un mistero attorno alla divinità, pretendendo di esserne gli unici interpreti e vendendo la salvezza in cambio di decime e obbedienza.
In questo modo, il clero "recintava il cielo" così come i ricchi recintavano la terra.
La loro funzione era quella di predicare una giustizia ultraterrena per distogliere i poveri dalla rivendicazione della giustizia terrena, insegnando loro a sopportare la miseria in questa vita in vista di una ricompensa futura.
Se il clero mistificava la legge di Dio, gli avvocati mistificavano la legge degli uomini.
Winstanley vedeva il sistema legale del suo tempo non come uno strumento di giustizia, ma come un apparato complesso e incomprensibile, scritto in un linguaggio oscuro e progettato specificamente per proteggere i titoli di proprietà dell'aristocrazia terriera.
La legge, per Winstanley, era semplicemente "la volontà del conquistatore": uno strumento per perpetuare il furto originario della terra.
In "The Law of Freedom", infatti, egli propone di abolire la professione legale e di sostituire il complesso sistema esistente con leggi semplici, chiare e accessibili a tutti.
L'Azione Diretta come "atto teologico": il simbolismo della vanga
L'atto di occupare e coltivare le terre comuni a St. George's Hill non fu una semplice protesta contro la fame, ma un'azione carica di un denso significato simbolico e teologico.
L'atto di "vangare" (digging) era una sfida diretta alla legittimità della proprietà terriera inglese.
Winstanley e i suoi seguaci sostenevano che l'aristocrazia fondava i propri diritti sulla violenza.
Piantare la vanga nel suolo comune significava, simbolicamente, spezzare questo giogo e riaffermare un diritto più antico e divino alla terra, quello concesso da Dio a tutti i figli di Adamo.
Il lavoro manuale, e in particolare il lavoro agricolo, assumeva una valenza spirituale. Mentre il "Potere Regale" si fondava sull'ozio e sullo sfruttamento del lavoro altrui, la Nuova Legge della Giustizia si sarebbe realizzata attraverso la fatica condivisa.
Lavorare la terra collettivamente era un modo per ristabilire una relazione pura e diretta con la Creazione, liberata dall'intermediazione del denaro e del salario: era, a tutti gli effetti, un atto di redenzione comunitaria, un modo per "agire" la propria fede anziché semplicemente predicarla.
L'eredità di un pensiero radicale: una nuova definizione di Libertà
È fondamentale distinguere la concezione di libertà di Winstanley da quella di altri gruppi radicali dell'epoca, come i Levellers.
Mentre i Levellers si concentravano primariamente sulla libertà politica (suffragio universale maschile, diritti legali, tolleranza religiosa) all'interno di un quadro che manteneva intatta la proprietà privata, Winstanley sosteneva che questa non fosse altro che una "libertà dimezzata".
Per lui, la "vera libertà" (che egli chiamava "True Freedom") era innanzitutto economica e materiale: "la vera libertà consiste nella liberazione dal bisogno e dalla paura della fame".
Un uomo costretto a vendere il proprio lavoro a un altro per sopravvivere non è un uomo libero, indipendentemente dal suo diritto di voto.
La libertà, quindi, "risiede nel libero godimento della Terra": senza la liberazione economica, la libertà politica è un'illusione che serve solo a mascherare la schiavitù del sistema salariale.
In un'epoca dominata dal dibattito sui diritti politici individuali, egli comprese con lucidità che non può esistere vera libertà politica senza giustizia economica.
La sua critica alla proprietà privata come fonte di ogni oppressione, la sua visione ecologica della Terra come patrimonio comune e il suo tentativo di immaginare una società radicalmente diversa, fondata sulla cooperazione anziché sulla competizione, anticipano temi che diventeranno centrali nel pensiero socialista e comunista dei secoli successivi.
Sebbene il suo progetto politico sia rimasto un'utopia, il suo pensiero rappresenta un seme gettato nel terreno della storia, una testimonianza potente della perenne aspirazione umana a una "legge della libertà" che sia, al contempo, "legge di giustizia".
Gerard Winstanley: "The New Law of Righteousness" (1649);
Gerard Winstanley: "The Law of Freedom in a Platform" (1652).
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