Il Radicalismo Nero contro la patologia della supremazia bianca.

di socialclimatejustice.blogspot.com

Kehinde Andrews, intellettuale e professore di Black studies nel Regno Unito, si è imposto nel panorama accademico e pubblico come una delle voci più intransigenti e critiche nei confronti delle persistenti strutture del razzismo e del colonialismo.
Andrews sviluppa un'argomentazione coerente che smantella le narrazioni liberali, proponendo una prospettiva politica fondata su un rinnovato radicalismo nero.

La necessità di un Radicalismo Nero Rivoluzionario

In "Back to Black", Andrews pone le fondamenta del suo intero progetto intellettuale.
L'opera è una critica serrata alle correnti di pensiero politico nero che, a suo avviso, hanno smarrito la carica rivoluzionaria, accontentandosi di riforme all'interno di un sistema intrinsecamente razzista.
Per Andrews, il radicalismo nero non è una semplice richiesta di inclusione o di pari opportunità, ma un progetto politico che mira al sovvertimento totale del sistema capitalista e imperialista occidentale, identificato come la radice della supremazia bianca.
Andrews ripercorre la storia del pensiero radicale nero, da Marcus Garvey a Malcolm X e ai Black Panthers, per recuperarne il nucleo rivoluzionario.
La prospettiva politica che emerge da "Back to Black" è inequivocabile: l'unica via per la liberazione dei popoli neri è l'organizzazione di un movimento internazionale e panafricano che rifiuti la logica dello stato-nazione post-coloniale e lavori per la creazione di un'alternativa politica ed economica al di fuori del paradigma occidentale.
L'opera rigetta l'idea di un "dialogo" con le strutture di potere esistenti, sostenendo invece la necessità di una rottura netta.

Svelare il Neocolonialismo Globale

In "La nuova era dell'impero" Andrews allarga lo sguardo per analizzare le manifestazioni contemporanee del dominio coloniale.
In questo testo, l'autore sostiene che l'era dell'impero non è mai terminata, ma si è semplicemente trasformata.
Il quadro teorico si arricchisce di elementi provenienti dalla Teoria della Dipendenza e da una critica radicale della globalizzazione, innestandosi su una solida base di marxismo nero.
Andrews argomenta che il colonialismo classico, basato sull'occupazione militare diretta, è stato sostituito da un sistema di controllo economico, politico e culturale esercitato dalle potenze occidentali, con gli Stati Uniti in testa.
Istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite sono identificate non come arbitri neutrali, ma come strumenti di questo nuovo imperialismo, che perpetua la ricchezza dell'Occidente a scapito dello sfruttamento sistematico del Sud globale.
Andrews smantella la retorica dello "sviluppo" e degli "aiuti internazionali", mostrandola come una facciata che nasconde la continuazione delle logiche estrattive coloniali.
Il razzismo, nella sua analisi, non è un mero "pregiudizio", ma la logica organizzativa del capitalismo globale.
La prospettiva politica di Andrews si fa qui ancora più precisa: la decolonizzazione non può essere un processo meramente formale di indipendenza politica.
È necessaria una decolonizzazione economica e mentale che sfidi il dominio delle corporazioni multinazionali e delle istituzioni finanziarie occidentali.
La soluzione, ancora una volta, risiede nella solidarietà internazionalista tra i popoli oppressi per costruire un ordine mondiale alternativo.

Una patologia sociale 

Con "La psicosi della bianchezza", Andrews approda alla sua tesi più provocatoria e psicologicamente connotata.
L'opera definisce la "bianchezza" (whiteness) non come un'identità etnica, ma come un'ideologia e una patologia sociale.
Il quadro teorico attinge alla teoria critica della razza e agli studi sulla bianchezza, spingendoli alle loro conclusioni più radicali.
Andrews sostiene che la supremazia bianca si fonda su un sistema di deliri e allucinazioni collettive che impediscono di percepire la realtà del razzismo sistemico.
Questa "psicosi" permette alla società occidentale di auto-assolversi, narrando una storia di progresso e benevolenza (come il mito dell'abolizionismo filantropico) che cancella la violenza fondativa della schiavitù e del colonialismo.
Questa condizione psicotica, secondo Andrews, non è individuale ma sistemica, e si manifesta nell'incapacità di riconoscere la persistenza delle gerarchie razziali e nella costante negazione della violenza subita dalle persone non-bianche.
Vivere in un mondo razzista, per le persone nere e di colore, significa essere costantemente esposti alla follia di un sistema che nega la loro realtà, con conseguenze devastanti anche sulla salute mentale.
La prospettiva politica di questo libro è duplice.
Da un lato, è una chiamata alla sopravvivenza per le vittime di questo sistema: riconoscere la "psicosi della bianchezza" è il primo passo per non interiorizzarne la follia.
Dall'altro, è un'ulteriore affermazione della futilità di ogni tentativo di "guarire" il sistema dall'interno.
Se la bianchezza è una psicosi, non può essere "educata" o "riformata" attraverso seminari sulla diversità o appelli alla coscienza morale.
L'unica terapia è lo smantellamento radicale delle strutture che la producono e la sostengono.

Un progetto politico radicale 

Queste tre opere di Kehinde Andrews costituiscono un corpus teorico coeso: da "Back to Black" a "La psicosi della bianchezza", passando per "La nuova era dell'impero", il suo pensiero si evolve da un'analisi interna al pensiero politico nero a una teoria onnicomprensiva del potere globale e della sua dimensione psicopatologica.
Il filo conduttore è la tesi secondo la quale il razzismo non sia un'aberrazione del sistema liberale occidentale, ma il suo fondamento operativo.
Le prospettive politiche di Andrews sono radicali e prive di compromessi: rifiuto delle soluzioni riformiste, necessità di un'organizzazione politica nera autonoma e internazionalista, e l'obiettivo finale di un sovvertimento rivoluzionario dell'ordine mondiale capitalista e razzista.
La sua opera rappresenta una sfida fondamentale non solo per gli studi sulla razza e il postcolonialismo, ma per chiunque sia interessato a comprendere e sfidare le profonde disuguaglianze del mondo contemporaneo.



Andrews, Kehinde (2018). "Back to Black: Rivisitare il radicalismo nero per il XXI secolo".

Andrews, Kehinde (2021). "La nuova era dell'impero. Come razzismo e colonialismo governano ancora il mondo".

Andrews, Kehinde (2023). "La psicosi della bianchezza: sopravvivere alla follia di un mondo razzista".


Commenti